Ho sempre ritenuto che scrivere aiuti a esorcizzare tutto. Anche la morte. Soprattutto la morte. Scrivere per chi non c’è più o scrivere di chi non c’è più è la forma di consolazione più vicina all’accettazione dell’inaccettabile. Scrivere restituisce vita ai frammenti di quel che è stato e aiuta a rendere i ricordi più saldi, più brillanti, più intimi. Le parole, il racconto, le immagini di quanto è stato vissuto ed è irrimediabilmente perso diventano prima abisso e poi, lentamente, anche riparo. Bisogna lasciarsi precipitare fino ai limiti del proprio dolore per poi gonfiarsi di lacrime e risalire. Non c’è altro modo. Crocifisso Dentello con “Tuamore” ha celebrato quella che definisce, senza alcun timore, l’unica donna della sua vita, sua madre. Ha scritto per lei un libro breve e lieve, tenero e divertente.
“Tuamore” è una parola che non esiste. È una parola che, a ben guardare, ne contiene altre due: una è spaventosa, crudele, indicibile. L’altra è la sintesi del ritrovarsi vivi, è il moto perpetuo di un figlio verso sua madre. “Il tumore, che comincio a ribattezzare tuamore per esorcizzarne la sventura, prosegue il suo scavo mentre passi i tuoi ultimi anni scanditi da un’altalena di affanni e di piccole fortune“. Crocifisso è il primogenito di Melina, un nomignolo che ha sostituito da sempre l’odiato Carmela. “Tuamore” è un diario di ricordi, ma anche la descrizione di un legame ancestrale che non si spiega mai perfettamente a parole. “Avevi vent’anni quando mi hai messo al mondo. Ero già al tuo matrimonio, a tirarti calci in pancia. Non ti ho forse sposato anch’io, non sono forse salito sull’altare con te in un patto d’amore finché morte non ci ha separato? Sono un vedovo, proprio come papà, perché sei stata l’unica donna della mia vita“.
Melina è una donna di spirito, loquace e attenta. Riesce a chiacchierare con chiunque perché ha il talento di chi sa stare con tutti. Crocifisso sembra la sua immagine allo specchio: introverso, goffo, solitario, silenzioso. L’ironia trapassa i loro dialoghi, le battute sferzanti di Melina saettano come serpenti. Le arguzie servono a divertire ma, più spesso, a sdrammatizzare momenti troppo pesanti da affrontare senza un sorriso. Crocifisso enumera pezzetti di vita, travolto dalla nostalgia: “Non ci sono più le tue scarpe basse ben appaiate all’ingresso, il tuo smanicato nero a penzolare dall’attaccapanni a muro, la vaschetta di carne macinata lasciata a scongelare sullo scolatoio del lavello, le riviste di gossip impilate sotto il televisore, i tuoi amati romanzi di Sveva Casati Modignani con i fiori secchi a marcare il segno tra le pagine. […] Ogni dettaglio riemerge con ostinata prepotenza. La tazzina di caffè amaro per colazione, il grembiule sulla spalliera di una sedia, lo stendino ricolmo di panni umidi, un ricettario aperto sul tavolo, il cigolio del deambulatore che pattina sul corridoio, lo scialle di lana ripiegato sul divano“.
Nonostante il potente senso di lutto, tra queste pagine, non c’è strazio, nessuna lacrimevole lagnanza. Ci sono, anzi, attimi di commozione pura che si tramutano, spesso, in sbuffi di risa. Perché Melina è simpatica e leggerne le “gesta” sa essere anche divertente. Sono divertenti le sue sortite dialettali, le sue parolacce, i suoi modi schietti. Crocifisso Dentello sa alternare la descrizione di momenti di verace quotidianità a espressioni dai toni più ricercati. Il suo scrivere è misurato e gradevole tanto che “Tuamore” si legge con piacere e velocemente. La componente emotiva è, inevitabilmente, preponderante senza però mai scadere nel patetismo. Lasciarsi condurre in questa personalissima dichiarazione d’amore verso la propria madre è un’esperienza di lettura che vale la pena compiere.
Edizione esaminata e brevi note
Crocifisso Dentello è nato a Desio (MB) nel 1978. Ha pubblicato “Finché dura la colpa” (2015 e 2020), “La vita sconosciuta” (2017) e “Tuamore” (2022). Collabora con le pagine culturali de “Il Fatto Quotidiano”.
Crocifisso Dentello, “Tuamore“, La nave di Teseo, Milano, 2022.
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