Chomsky Noam

Perché l’Ucraina

Pubblicato il: 9 Maggio 2022

Le sette interviste a Noam Chomsky pubblicate da Ponte alle Grazie rappresentano il pensiero del celeberrimo teorico della comunicazione statunitense sulle ragioni profonde dell’attuale guerra in Ucraina. Pensiero che non è soltanto di Chomsky ma di una larga parte dell’opinione pubblica, almeno quella che in tutti questi anni ha avuto sempre un atteggiamento critico sull’operato degli Stati Uniti e della NATO. Il fatto poi di aver criticato i nostri occidentali per Noam Chomsky non modifica di una virgola le scelte criminali di Putin: “Prima di rispondere, dobbiamo precisare alcuni fatti incontestabili. Il più importante di tutti è che l’invasione russa dell’Ucraina è un grave crimine di guerra […] È sempre opportuno ricercare delle spiegazioni, ma non ci sono giustificazioni o attenuanti” (pp.74). E poi: “Certo è vero che gli Stati Uniti e i loro alleati violano il diritto internazionale senza battere ciglio, ma questo non costituisce un’attenuante per i crimini di Putin” (pp.84). Detto questo – ovvietà per tutti coloro che vogliano vivere in un paese civile – la lettura di “Perché l’Ucraina” potrà risultare utile anche per comprendere lo stato del giornalismo italiano visto che, secondo il World Press Freedom Index – la classifica annuale che valuta lo stato del giornalismo e il suo grado di libertà in 180 paesi del mondo -, l’Italia attualmente occupa la cinquantottesima posizione, perdendo 17 posizioni rispetto il 2020 – 2021, superata anche da Gambia e Suriname. Non sembra quindi una pura casualità il fatto che pochi giorni fa su un notissimo quotidiano italiano sia apparsa una sorta di recensione titolata “I resistenti come i partigiani sono eroici”, dove si travisa il pensiero di Chomsky arruolandolo in contrapposizione ai cosiddetti pacifisti. Poi successivamente lo stesso titolo è stato inoltrato da diversi giornalisti sui social, come a voler sputtanare le posizioni di coloro che tutt’ora sono critici con la conduzione occidentale della guerra. Chomsky, come abbiamo appena scritto, non appare affatto un putiniano; ma non si limita a dimostrare il suo disprezzo per Putin. Partendo da quella premessa, di fatto dando voce a tutti coloro che in questo periodo vengono tacciati con troppa disinvoltura di intelligenza col nemico, Chomsky tenta di rendere comprensibili le dinamiche tra Russia, Stati Uniti, NATO, Unione Europea e Cina che poi avrebbero scatenato la furia criminale del regime putiniano. Le argomentazioni di Chomsky, seppur esposte con linguaggio perfettamente comprensibile, sono molto dense ed è praticamente impossibile riassumerle nel contesto di una recensione: partono da lontano e affrontano temi complessi come l’Europa unita, i suoi limiti politici, l’approccio degli USA sempre nei confronti dell’Europa, la sua volontà di potenza, la guerra giusta e la guerra atomica, nonché la necessità della partecipazione americana ai colloqui di pace. Di sicuro, come afferma la curatrice del volume, Valentina Nicolì, l’elemento centrale della riflessione di Chomsky, da sempre contestato dai sostenitori della Nato senza se senza ma, è proprio l’allargamento della stessa Nato a est “intensificatosi a partire dal crollo dell’Unione Sovietica e le più recenti profferte di adesione all’Alleanza fatte all’Ucraina”.

Non a caso cita lo storico Richard Sakwa, specialista di Europa Orientale, quando osservò che “l’esistenza della NATO si giustifica col bisogno di gestire le minacce provocate dal suo allargamento” (pp.34). In questo contesto si inserisce una valutazione del ruolo dell’Europa, sia in merito alla situazione ucraina sia, più in generale, alla sua ricerca di un corso indipendente, attualmente a trazione atlantista e di conseguenza impossibilitata a diventare un’autentica casa comune non vassalla degli Stati Uniti. “L’unica soluzione perseguibile oggi, afferma Chomsky, è lavorare per una neutralità in stile austriaco dell’Ucraina” (pp.8).

Chomsky nelle interviste effettuate tra il 2017 e poco prima dell’invasione russa mette in guardia noi occidentali ricordandoci “che i gesti eroici possono essere appaganti, ma non sono utili” (pp.79) soprattutto quando si corre il rischio di una guerra atomica che potrebbe segnare non soltanto la fine dell’Ucraina. In sostanza unica soluzione alla crisi sarebbe la ricerca di un compromesso – quello che altri nostri politici e commentatori traducono con appecoronamento – ovvero assicurare una via di fuga a Putin, pena esiti ancor più funesti, pur nella piena consapevolezza del suo grave limite: “È una soluzione molto poco giusta, lo so. Ma quando mai la giustizia ha prevalso negli affari internazionali? Serve forse ripercorrere ancora una volta tutti i casi spaventosi che già conosciamo? (pp.81).

Edizione esaminata e brevi note

Noam Chomsky (1928, Filadelfia), linguista, scienziato, filosofo e teorico della comunicazione statunitense. È riconosciuto come il fondadore della grammatica generativo-trasformazionale. Chomsky, in polemica con gli assunti dell’empirismo e del comportamentismo, si è richiamato al programma razionalistico di una grammatica universale, e ha posto l’accento sul problema della «competenza» linguistica, cioè del meccanismo che ci permette di produrre e di riconoscere nuove frasi corrette in una lingua. Ha influenzato anche gli studi di psicologia, logica e matematica.
Chomsky ha affiancato gli studi linguistici a un forte impegno sociale, ponendosi come uno dei più rappresentativi intellettuali, pensatori e attivisti della sinistra radicale americana. Le principali pubblicazioni di Chomsky in materia di linguistica sono: Le strutture della sintassi (1957), Problemi di teoria linguistica (1964), La grammatica generativa trasformazionale (1966), Riflessioni sul linguaggio (1975), La conoscenza del linguaggio (1985), Linguaggio e problemi della conoscenza (1987). In Italia molti dei suoi saggi sono stati tradotti e raccolti nei tre volumi intitolati Saggi linguistici (1969-1970). Tra i numerosi scritti politici e di denuncia di Chomsky si ricordano: I nuovi mandarini. Gli intellettuali e il potere in America (1969), La guerra americana in Asia (1970), La quinta libertà (1987), Illusioni necessarie (1989), Anno 501 la conquista continua (1993), I cortili dello zio Sam (1996), Il club dei ricchi (1993), La fabbrica del consenso (1998), Egemonia americana e “stati fuorilegge” (2000), 11 Settembre. Le ragioni di chi? (2001), Capire il potere (2002). Con Robert C. Berwick ha scritto Perché solo noi, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2016; dello stesso anno è anche Chi sono i padroni del mondo, pubblicato invece con Ponte alle Grazie. Nel 2017 è stato pubblicato Tre lezioni sull’uomo. Linguaggio, conoscenza, bene comune; mentre nel 2018 escono Ottimismo (malgrado tutto), con C.J. Polychroniou, e 2 minuti all’Apocalisse. Guerra nucleare & catastrofe ambientale, con Laray Polk.

Noam Chomsky, “Perché l’Ucraina”, Ponte alle Grazie, Milano 2022, pp. 144. Traduzione di Vincenzo Ostuni e Valentina Nicolì. Interviste a cura di Valentina Nicolì e di C.J. Poychroniou.

Luca Menichetti. Lankenauta, maggio 2022