Di “Thérèse e Isabelle” si è molto scritto a proposito delle contorte vicende editoriali, dell’accecata tenaglia della censura, del suo sparire e riapparire, in purezza, solo molto più tardi. Sono serviti decenni per consentire la restituzione ai lettori dell’autentico testo di “Thérèse e Isabelle”. Nel 1954 Violette Leduc scrisse “Ravages” e fu Simone de Beauvoir a garantire per lei, la sua “protetta”, al cospetto dell’editore Gallimard. Non fu sufficiente, quel romanzo fu considerato impubblicabile per l’epoca. Troppo esplicito, troppo diretto, troppo erotico. Troppo per essere stato scritto da una donna, s’intende. Venne totalmente epurato della prima parte, giudicata “di un’oscenità incredibile“, e uscì nel 1955. Ebbene: la prima parte di “Ravages” è quella in cui la Leduc aveva descritto la passione, fatta di sesso e amore, tra due ragazze che frequentano un collegio francese. La prima parte, quella tagliata da Gallimard nel 1954, dopo ulteriori passaggi, è “Thérèse e Isabelle“.
In Italia “Teresa e Isabella” esce per la prima volta nel 1969. Scrive Carlo Jansiti in postfazione: “Era la storia di una delicata quanto «scabrosa» iniziazione omosessuale in un collegio femminile, d’ispirazione autobiografica come quasi tutta l’opera di Violette Leduc, e il successo, in Francia come in Italia, dipese piú da ragioni socioculturali che da meriti letterari. Erano iniziati gli anni della contestazione, i vecchi parametri scricchiolavano, e aleggiava intorno all’autrice di La bastarda un’aura sulfureuse“. Violette Leduc, quindi, apprezzata per ragioni che, spesso, non avevano alcuna attinenza con la letteratura. Il fatto che la Leduc era (e continuerà a essere) una scrittrice dal talento immenso passava in secondo piano rispetto allo scandalo che le sue storie riuscivano a generare. E lo scandalo produce sempre attrazione, morbosità, accanimento, fraintendimenti. L’erotismo omosessuale femminile descritto da una donna, nei dettagli più intimi e minuziosi, è stato accettato con molta fatica e, a ben guardare, ancora oggi continua a essere un tormento morale per molti. In Italia e non solo.
La forza di “Thérèse e Isabelle”, però, non è solo nell’audacia senza filtri di chi precorre i tempi e polverizza ogni conformismo, ma anche nella bellezza di uno stile che incanta e trasporta come in una spirale senza fine, un’ipnotica cadenza di parole ricercate, sorprendenti, laceranti. C’è l’insolenza genuina di chi sa maneggiare il proprio estro, di chi riconosce il valore di quel che vuole ed è pienamente consapevole della bellezza che riesce a generare sulla pagina. “Thérèse e Isabelle” è la storia di un primo, ossessivo amore tra due diciassettenni. È l’incontro fiammeggiante di due corpi che vivono la scoperta del piacere, quello offerto e quello ricevuto. Una relazione elettrica perché piena di scoperte, di attese lasciate a decantare, di incontri furtivi, di estasi inarrivabili.
C’è tutta la furia di un amore che deve tenersi nascosto: dalle compagne, dalle sorveglianti, dalle famiglie. “Mi dedicavo a lei con tanta concentrazione che la carne era irreale. Pensavo, troppo vicina al sesso, che volevo darle quello che desiderava. Il mio spirito era prigioniero della carne, la mia abnegazione era sempre piú grande“. È un perenne rilancio di senso, questo romanzo. Una schiusa e vorticosa lirica d’amore e di ricerca di sé nell’altra. Il terrore della possibile perdita è, come per ogni storia d’amore appena sbocciata, un’ipotesi che ferisce anche se non ha premesse al vero. Ci sono, qui, tutti gli aspetti più ingenui e assillanti di un’iniziazione amorosa ed è incantevole anche per questo. Un’esplorazione esclusiva dei corpi e del piacere che i corpi sanno esprimere, il tutto attraverso la descrizione della precisione millimetrica dei gesti, anche i più intimi, che al piacere conducono. Violette Leduc non cerca lo scandalo, questo è evidente, Violette Leduc tenta di far sentire ciò che una donna sente. E tale intento, purtroppo, è ancora percepito da alcuni come un tabù.
Edizione esaminata e brevi note
Violette Leduc nacque ad Arras il 7 aprile 1907. Nel 1938 incontrò Maurice Sachs e nel 1945 Simone de Beauvoir, che la incoraggiarono a scrivere. Il suo primo romanzo, “L’asphyxie”, fu pubblicato da Albert Camus presso Gallimard e meritò le lodi di Jean-Paul Sartre, Jean Cocteau e Jean Genet. Nel 1964 pubblicò “La Bâtarde”, la sua opera piú nota, che fu candidata al Goncourt ed ebbe un grande successo di pubblico e di critica. Nel 1966 diede alle stampe “Thérèse et Isabelle”, da cui, nel 1968, Radley Metzger trasse un film. Violette Leduc morì nel 1972 a causa di un cancro al seno.
Violette Leduc, “Thérèse e Isabelle“, Neri Pozza, Vicenza, 2020. Introduzione di Sandra Petrignani. Postfazione e note a cura di Carlo Jansiti. Traduzione dal francese di Adriano Spatola e Laura Cimenti. Titolo originale: “Thérèse et Isabelle” Éditions Gallimard, 2000.
Pagine Internet su Violette Leduc: Enciclopedia delle donne / Circolo dei lettori / Wikipedia
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