Murakami Haruki

L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio

Pubblicato il: 30 Ottobre 2014

“Dev’essere successo qualcosa, pensò, qualcosa che sta spingendo gli altri a prendere le distanze da me. Qualcosa di brutto, di sbagliato. Ma per quanto ci pensasse su, non riusciva proprio a immaginare cosa fosse, cosa diavolo potesse essere mai accaduto. Si sentiva oppresso, come se avesse ingoiato per sbaglio qualcosa di duro e non sapesse liberarsene, incapace sia di espellerlo sia di digerirlo. Quel giorno non mise piede fuori da casa, e restò tutto il tempo ad aspettare una telefonata. Non riusciva a fare nulla, non aveva la concentrazione sufficiente. Aveva detto più volte ai famigliari dei suoi amici che era tornato a Nagoya. Normalmente l’avrebbero richiamato subito, felici di sentirlo. Ma il telefono taceva”. (p.24)

È così difficile trovare amici veri che quando ciò avviene, in qualsiasi tempo e in qualsiasi età, è una magia non dissimile, ma certo più duratura, rispetto a quella così fuggevole dell’innamoramento. Certo l’amicizia è qualcosa che non pretende in cambio nulla, se non il sapere di esserci sempre e comunque per l’altro, rispetto ad altri nobilissimi sentimenti che attengono, consciamente o meno, alla sfera dei rapporti improntati da un sana, quanto inevitabile autoreferenzialità. L’amicizia è un dono davvero raro, e questo lo sa bene Tsukuru, il protagonista dell’ultimo romanzo di Murakami Haruki, quando d’improvviso, intorno ai venti anni, è allontanato senza un motivo dal gruppo dei suoi amici più cari.

Siamo a Nagoya, città in cui abitano cinque ragazzi –  tre maschi e due femmine – i quali, tra i sedici e i venti anni, vivono un’amicizia unica e irripetibile. Almeno fino al secondo anno di università, periodo in cui uno di loro,Tazaki Tsukuru, riceve una sconcertante telefonata dagli altri, i quali gli fanno capire che non deve più cercarli. Da allora, senza nessuna spiegazione, si eclisseranno dalla sua vita. Il dolore per Tsukuru è così forte che gli si aprono le porte di un abisso lungo anni, attraversando i quali muterà nel corpo e nello spirito. L’incontro con Sara, attorno ai trentasei anni, gli darà modo di riaffrontare quei dubbi e quelle domande celate nel profondo ma non cancellate dal tempo trascorso. Per Tsukuru è venuto il momento di interrogarsi nuovamente su quel doloroso allontanamento, andando a cercare gli amici di un tempo per trovare una spiegazione e liberarsi dei fantasmi che da allora lo accompagnano.

L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è un altro straordinario romanzo di quello che può senza dubbio essere considerato uno dei più grandi narratori contemporanei. Murakami abbandona nuovamente gli universi sovrapposti, i mondi che trascendono il reale e le realtà parallele per regalarci un romanzo in cui la vita vera e il principio di realtà sono così evidenti e manifesti che è francamente difficile non immedesimarsi in un protagonista che vive i rovesci della sorte con modalità che richiamano da vicino un profondo sentire comune a noi tutti. Questo Murakami così umano troppo umano ricorda da vicino quello di altri due gioielli della sua bibliografia, come Norwegian Wood e A sud del confine, ad ovest del sole, regalando però ai suoi lettori una sfida letteraria ancora più ambiziosa e per certi versi temeraria, quella di costruire uno specchio in cui riflettere le nostre ansie, le nostre paure, le nostre piccole grandi meschinità, ma anche i nostri sentimenti più puri e spontanei.

Il tema dell’amicizia è l’innesco, ed è sicuramente centrale nell’economia del racconto, ma come di consueto lo scrittore giapponese fa emergere una vastissima gamma di sentimenti e stati d’animo nel lettore, derivanti dal modo peculiare con cui tratta sia il tema portante che le altre tematiche che rimandano alla complessità della natura umana. Murakami è una volta ancora talmente bravo a delineare i personaggi sulla ribalta, anche quando apparentemente o volutamente irrisolti, che la narrazione scorre rapida nonostante la gravità degli argomenti e la densità di una prosa che procede spedita a dispetto del peso rilevante dei contenuti riversati su pagina. Difficilmente troverete una finzione letteraria altrettanto ricca di vita vissuta contenuta in sole 260 pagine. E come al solito l’epilogo è aperto, lascia infiniti misteri sul campo e personaggi che non hanno un percorso compiuto ma che rappresentano un valore presumibilmente simbolico che invita in qualche modo a una partecipazione il più empatico possibile da parte di chi legge. Del resto, la vita vera è piena di domande senza risposta e di personaggi fuggevoli e irrisolti. Murakami ci invita a proseguire le sue storie, o a dar loro un senso compiuto. Mai o quasi mai è veramente netto nelle chiusure e qui forse lo è ancora meno, cosa che potrà far storcere il naso a più di qualcuno che approcci per la prima volta lo scrittore giapponese partendo da questa opera. Elemento simbolico, nella fattispecie, è anche il colore, non a caso evocato da una sorta di arcobaleno verticale pastello in copertina, sintesi visuale dell’universo cromatico (i quattro amici di Tsukuru hanno un cognome la cui parte è un colore) percepito da un protagonista che a sua volta si considera, erroneamente, incolore (è l’unico dei cinque che non ha colori nel cognome).  L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio è forse il romanzo più introspettivo di Murakami, quello in cui non esistono verità precostituite e dove il giudizio morale è come non mai del tutto assente. È una radiografia, finemente narrata, di un tragitto esistenziale che restituisce dubbi, malinconie, emozioni e sentimenti contrastanti propri ad ognuno di noi.

“Nel più profondo dello spirito, Tazaki Tsukuru capì. A unire il cuore delle persone non è soltanto la sintonia dei sentimenti. I colori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite. Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità. Non c’è pace esente da grida di dolore, non c’è perdono senza sangue sparso sul terreno, non c’è accettazione che non nasca da una perdita. Perché alla radice della vera armonia ci sono dolore, sangue e perdite”. (p.218)

Federico Magi, ottobre 2014.

Edizione esaminata e brevi note

Haruki Murakami nasce a Kobe nel 1949. Dopo essersi laureato in drammaturgia classica alla Waseda University – con una tesi sul viaggio nel cinema americano – si è dedicato alla gestione del suo jazz bar dal 1974 al 1981. Nel frattempo nel 1979 vince il premio Gunzo con il suo libro d’esordio, Ascolta la canzone del vento, non tradotto in Italia, e pubblica altri due libri. Fra questi Sotto il segno della Pecora vende in brevissimo tempo 150.000 copie solo in Giappone e gli fa conquistare il prestigioso Noma Literary Award. Oltre a scrivere numerosi romanzi e racconti si dedica alla traduzione di scrittori americani fra cui John Irving, Raymond Carver e Francis Scott Fitzgerald. Vive tra Italia (a Roma), Giappone e Stati Uniti.

Haruki Murakami, L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Einaudi, 2014, Torino. Traduzione di Antonietta Pastore.