Willy Vlautin sembra ormai essersi affermato come il narratore contemporaneo degli Stati Uniti dimenticati, gli Stati Uniti della periferia, dove niente è regalato, dove sembra impossibile crearsi una vita migliore di quella che si ha quando si nasce, dove lasciarsi andare sembra la scelta più facile e cambiare città è l’unica possibilità di redenzione dagli errori passati.
Il sottoscritto ha recensito già due dei sei romanzi di questo autore proprio qui su Lankenauta, “Motel Life” e “La Notte Arriva Sempre”, sempre pubblicati da Jimenez.
Questi romanzi non sono direttamente collegati tra di loro, se non appunto per le tematiche generali: questo è il secondo in ordine di pubblicazione e il personaggio principale è una ragazza di vent’anni, Allison, nata e cresciuta alla periferia di Las Vegas, capitale mondiale del divertimento, ma che dietro i grattacieli e i casinò nasconde una giungla suburbana molto meno scintillante e festosa. Allison Johnson ha un problema con l’alcool e frequenta un ragazzo violento, Jimmy Bodie, che tra le altre cose fa anche parte di alcuni circoli razzisti. Già dalle prime pagine abbiamo una descrizione abbastanza dettagliata di una relazione tossica che però lei non riesce a trovare il coraggio di tagliare per paura delle conseguenze.
Ad un certo punto però, Allison scopre di essere incinta, ed è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. Decide infatti di fare i bagagli e di andarsene. Lascia tutto e tutti e se ne va verso nord, a Reno. Questa città non è nuova nei romanzi di Vlautin, il che ha senso considerato che è la sua città natale. Qui Allison dovrà decidere cosa fare con il bambino che le sta crescendo in pancia e poi vivere con le conseguenze di questa scelta. Cercando sempre di tenere sotto controllo la sua dipendenza e vivendo sempre con la paura che Jimmy possa un giorno materializzarsi alla sua porta. Una sorta di percorso, di romanzo di formazione che si conclude con una scena che sembra ispirata dal finale di “Fight Club”: “Sentirono l’esplosione delle cariche e, all’improvviso, i due palazzi crollarono in una montagna di detriti. In meno di un minuto era tutto finito. C’erano solo polvere e pezzi di cemento e metallo. La folla era rimasta in piedi a guardare lo spettacolo, alcuni lanciavano grida di gioia”.
Come per gli altri suoi libri, la narrativa è fluida e scorre con una facilità che solo gli scrittori di talento hanno, i capitoli sono abbastanza brevi, il punto di vista è quello di Allison e i personaggi che incontra hanno spesso storie altrettanto tragiche e difficili che in qualche modo la fanno sentire meno sola. Lo stile è secco, diretto, non filtrato, duro ma efficace, ci fa veramente entrare nelle squallide atmosfere di periferia che descrive.
Il paragone con Steinbeck è abbastanza scontato ma non per questo meno accurato, considerato però che Vlautin è pure un musicista, fa infatti parte della band “Richmond Fontaine” con la quale ha pubblicato 14 album dalla metà degli anni ’90, non possiamo non evitare di pensare che abbia preso ispirazione dagli altri grandi narratori della società americana, come Woody Guthrie, Bob Dylan, Bruce Springsteen e per sua stessa ammissione, anche Shane McGowan, storico leader dei “The Pogues” e che di dipendenza da alcool ne sa qualcosa anche lui.
Un libro che di certo non si può definire felice e spensierato, un libro che, come gli altri di Vlautin, scava a fondo nelle crepe sociali degli Stati Uniti contemporanei e ne tira fuori tutto lo sporco accumulato negli ultimi decenni e che un giorno dovrà forse essere affrontato in qualche modo. Lo consiglio a tutti gli appassionati della classica letteratura americana e a chi ancora crede che il sogno americano esista.
Edizione esaminata e brevi note
Willy Vlautin, nato e cresciuto a Reno, in Nevada, è uno scrittore e musicista (leader dei Richmond Fontaine, ora membro dei Delines). È autore di sei romanzi: Motel Life (Jimenez 2020), Verso Nord (Jimenez 2022), La ballata di Charley Thompson (Mondadori 2014), Io sarò qualcuno (Jimenez 2018), The Free e La notte arriva sempre (Jimenez 2019 e 2021). Da La ballata di Charley Thompson è stato tratto il film Lean on Pete di Andrew Haigh, uscito negli Stati Uniti nel 2017; da The Motel Life è stato tratto il film omonimo (2012) diretto dai fratelli Alan e Gabe Polsky, con protagonisti Emile Hirsch e Stephen Dorff. Il film è stato presentato in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma 2012, dove ha vinto il Premio del pubblico e il Premio per la miglior sceneggiatura. Nel 2019, con Io sarò qualcuno, è stato finalista al Pen/Faulkner Award, uno dei più prestigiosi premi letterari degli Stati Uniti.
Willy Vlautin, “Verso Nord”, traduzione di Alessandro Agus, Jimenez Edizioni, Roma 2022.
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