MEYRINK GUSTAV

Pipistrelli

Pubblicato il: 8 Settembre 2022

Avvicinarsi al mondo letterario e quindi anche spirituale di Meyrink richiede una conoscenza di cui, sinceramente, mi sento sprovvista. Esoterismo, iniziazione, amore per il mistero (in tutte le declinazioni, dalla kabbalah ebraica alla teosofia, dallo spiritismo al buddismo) certamente hanno un’eco non limitata solo al Nostro nella Mitteleuropa a cavallo tra Otto e Novecento. È come se l’uomo di quest’epoca cercasse nuove certezze, nuove strade, che riescano a superare una difficoltà del vivere per nulla lenita o aiutata dalle religioni tradizionali, vuoi per la rigidità schematica dei riti, vuoi per un messaggio (penso soprattutto a quello cristiano) percepito come anacronistico e imperfetto. Ci deve essere altro, si dicono gli spiriti meno felici, e lo cercano oltre il velo del tangibile. Il soprannaturale qui però non si fa misticismo celeste mediato da angeliche creature, piuttosto invece proviene dalle profondità della terra e dell’inconscio da cui sono generati i demoni che tormentano l’esistenza.

È un’epoca di sommovimenti, anche di pensiero. Si studia l’anima e le chiavi per una volta non sono in mano unicamente alle religioni. La psicoanalisi rivela l’esistenza di una dimensione intangibile che tuttavia muove da fatti e accadimenti e ne dispone conseguenze fisiche. Ci sono cure che non passano – forse per la prima volta – dall’ambito meramente spirituale: occorre dare un nome all’ombra che abita l’uomo, spesso inscindibilmente legata alla luce che lo attraversa, occorre entrare in un contatto ravvicinato con se stessi, e accettare di scoprire ciò che si cela dietro l’apparenza di comportamenti e pensieri.

Leggere Meyrink diventa faticoso in più di un’occasione. La realtà non è quasi mai felice, neppure l’impressione di aver finalmente raggiunto l’agognata meta salva i suoi personaggi da una fine spesso tragica. Non conoscere il simbolismo sotteso a tanti particolari, priva in effetti di una chiave importante per comprendere le ossessioni e la ricerca dell’autore: a questo rimediano – ma solo in parte – l’ottima introduzione di Anna M. Baiocco e le necessarie note a piè di pagina.

Il racconto che apre la raccolta, Meister Leonhard, uno dei più evocativi, conduce nel mondo asfissiante di un castello tormentato dalla figura opprimente e onnipresente della madre del protagonista (in un richiamo, pare, di note autobiografiche), in continuo movimento e affaccendamento che però non ha un fine come l’ordine o il governo del palazzo, ma è senza apparente scopo, se non quello di torturare la famiglia e la servitù con continui e inutili compiti. La storia non ha solo un tragico epilogo, ma rivela la difficoltà di liberarsi dalle maledizioni familiari, che perseguitano i discendenti, ripetendo oscure dinamiche fino alla “chiusura del cerchio” (che tuttavia qui non si concretizza), metafora del pellegrinaggio dell’anima alla ricerca di un riposo definitivo.

Meyrink ha poca fiducia nel genere umano, e poca anche nella realtà: il sogno, o uno stato di coscienza diverso dalla veglia, sono spesso porte per altrettanti mondi. Porte appaiono nelle città, nelle vie conosciute, attraverso le quali si esce dal tempo e dallo spazio presente. Qualcuno torna, in altra epoca, in altro posto, come il mitico Sacrobosco Haselmeyer, citato in diversi racconti, alcuni scompaiono: che abbiano trovato finalmente l’agognata pace? La morte stessa è una porta, misteriosa e suggestiva. Tanto da produrre nello stesso Autore la necessità di affermare che forse c’è più vita dopo di essa (l’iscrizione VIVO sulla propria lapide è anticipata in uno dei racconti, La visita di Johann Hermann Obereit nel Paese delle succhiatempo). All’uomo fa compagnia, quasi sempre, il suo doppio e questo è un altro degli elementi narrativi (e interiori) di Meyrink. Un doppio psichico ma anche mistico, che si nutre del pensiero e delle emozioni: mentre l’uomo di carne piano piano svanisce tra le pieghe della realtà intrisa di miserie e sofferenze, l’altro uomo, quello generato dall’inconscio, cresce e si espande a spese del primo, sorta di vero golem incontrollabile: “il mio Io si è scisso … – dice il dottor Paupersum del racconto omonimo – diventiamo di colpo spettatori a teatro e tuttavia nello stesso tempo siamo protagonisti sul palcoscenico … tutto quanto ci circonda assume altre forme illusorie”. Nella ricerca di un’impossibile unità, l’uomo “vede” se stesso riflesso nei volti altrui, addirittura si scopre già morto, trapassato a una nuova vita che non riesce a cogliere interamente perché ancorato a quella di cui ha percezione fisica. Spesso i racconti terminano con questa “orribile” coscienza che porta allo smarrimento, perché la soglia della vita non è ancora del tutto oltrepassata, anche se talvolta misteriosi personaggi – antichi Maestri – ne indicano la via: il tema attraversa tutta la raccolta ma diventa insistente negli scritti dell’ultimo periodo, giustamente pubblicati dall’editore italiano in sequenza temporale.

Nell’antologia, edita nel 1916, avvertiamo l’eco del Primo conflitto mondiale non ancora concluso (terribile la descrizione del massacro umano narrata attraverso una metafora nel Gioco dei grilli), e perfino del comportamento “ambiguo” dell’Italia uscita dalla Triplice Alleanza ed entrata segretamente nella Triplice Intesa, con gli Italiani paragonati ad avvoltoi travestiti (Amadeus Knödelseder l’incorreggibile avvoltoio degli agnelli, dove già il nome dell’avvoltoio ricorda il sacrificio pasquale). Così come ne I quattro fratelli della luna si coglie la preoccupazione per l’avanzare della tecnologia (soprattutto nei suoi usi militari) che tenta di sostituirsi più che all’essere umano fisico, alla sua coscienza.

Gli ultimi racconti – la scelta comprende titoli pubblicati tra il 1926 e l’anno della morte, il 1932 – vengono raccolti come prosecuzione tematica dei Pipistrelli, dopo il periodo dei grandi romanzi, e qui riproposti proprio a completamento della ricerca “interiore” dell’Autore: sullo sfondo, una Praga oscura e straniante, sede di ricerche alchemiche e di luoghi maledetti, vera e propria porta (come dal significato del suo nome) verso mondi sconosciuti. Non piacerà questa prosa al nazionalsocialismo, come non era piaciuta al mondo tedesco del primo dopoguerra: la sottile vena satirica spesso presente nei racconti, quando non protagonista assoluta come nel Chiaro di luna su Berlino, e la libertà di pensiero rispetto a svariati “ordini costituiti”, alienano a Meyrink molte simpatie, mentre l’accusa peraltro infondata di origini ebree mette a dura prova la possibilità di pubblicare.

Pipistrelli e il suo seguito di ultimi racconti si configurano come excerpta del pensiero e dell’arte di Meyrink, laddove la scelta del titolo richiama animali che vivono mentre tutto dorme, un po’ come il sogno rappresenta la vita notturna libera dal peso della realtà fisica e dimensione privilegiata per le rivelazioni più profonde. Sul sonno e sul risveglio c’è in questo periodo un notevole interesse letterario (ed anche artistico in generale), scaturito come si diceva dalle indagini psicanalitiche, ma rafforzato dai contatti con le filosofie orientali e confermato dagli orrori della guerra: l’insondabile animo umano privo di una coscienza “illuminata” può generare solo sofferenza e morte. La pace non sembra tuttavia appartenere a questo mondo, o non in modo stabile e duraturo: Meyrink ne fa personale esperienza, scegliendo alla fine di oltrepassare volontariamente l’ultima soglia e consegnando ai posteri le sue opere dense di mistero e oscuri presagi.

Una nota di merito a Tre Editori che sta curando la pubblicazione delle opere di Meyrink, cui viene restituita la voce in vesti grafiche di notevole eleganza e accuratezza.

Ilde Menis, settembre 2022

Edizione esaminata e brevi note

Gustav Meyrink nato Meyer (1868-1932), vive a Vienna, Monaco, Amburgo. Compie studi liceali e la Handelsakademie a Praga dove fonda anche un istituto bancario destinato al fallimento. Termina quasi subito anche il primo matrimonio, mentre poco prima del secondo inizia la pubblicazione di racconti, soprattutto sul periodico Simplicissimus. Si stabilisce a Vienna, poi in Svizzera dove, dal secondo matrimonio, gli nascono due figli. Nel 1907 esce la prima raccolta di racconti (Il baraccone delle figure di cera). Nel 1913 è la volta di una seconda raccolta, Il corno magico del filisteo tedesco, proibita nei territori austroungarici. Inizia anche la pubblicazione del Golem sulla rivista letteraria Die weissen Blätter. Nel 1916 escono La faccia verde e l’antologia Pipistrelli. L’anno dopo è la volta della Notte di Valpurga cui seguono negli anni Venti anche Il Domenicano bianco, L’angelo della finestra d‘Occidente e alcuni lavori rimasti incompiuti. Dopo l’interesse per le scienze occulte, e l’incontro con la teosofia avvenuti a fine Ottocento, nel 1927 si converte al Buddismo Mahayana. Nel 1932 in seguito al suicidio del figlio Harro, decide di porre volontariamente fine alla propria esistenza. È sepolto a Starnberg in Baviera, dove risiedeva dal 1911. La raccolta Pipistrelli viene pubblicata integralmente per la prima volta in Italia da Tre Editori nel 2022.

Gustav Meyrink, Pipistrelli, a cura di Anna M. Baiocco. Roma, Tre Editori, 2022. 244 p.