Se avessi letto “La vedova” senza conoscere il nome del suo autore, mai sarei riuscita ad associare questo romanzo a José Saramago. Troppa la distanza stilistica tra questa sua opera prima, uscita nel lontano 1947, e gli scritti della maturità letteraria. “La vedova“, pubblicato per la prima volta in Italia da Feltrinelli solo nel 2022, a cento anni dalla nascita dell’autore, ha recuperato il titolo che Saramago aveva scelto e che il suo primo editore, invece, aveva rifiutato e sostituito con “Terra del peccato“. Nel 1947, José Saramago è uno scrittore ancora in erba. Ha 24 anni ed è appena divenuto padre. “Nell’anno in cui ci troviamo, il 1947, gli nascerà una figlia, alla quale medievalmente darà il nome di Violante, e pubblicherà il romanzo che ha scritto, questo che ha intitolato La vedova, ma che vedrà la luce del giorno con un titolo a cui non riuscirà mai ad abituarsi” scrive di sé Saramago, in terza persona, nell’avviso che precede il romanzo.
L’idea di divenire scrittore, pare sia sopraggiunta durante una delle tante chiacchierate tra adolescenti. “Non saprebbe dire come in seguito abbia avuto l’idea di scrivere la storia di una vedova ribatejana, lui che del Ribatejo poteva forse saperne qualcosa ma non certo di vedove, e tanto meno, ammesso che esista il meno di niente, di vedove giovani e proprietarie di beni al sole“. Del modesto valore letterario de “La vedova”, evidentemente, era consapevole anche il più maturo Saramago: “Non poteva immaginare che il libro avrebbe finito in malo modo la sua poco brillante vita. Realmente, a giudicare dal campione, il futuro non avrebbe avuto molto da offrire all’autore de La vedova“. Eppure, Saramago è divenuto lo scrittore che aveva sognato di diventare da ragazzo. Non solo: Saramago è divenuto uno degli scrittori più originali, più amati e più letti del mondo, conquistando, nel 1998, anche il Nobel per la letteratura.
Ne “La vedova” non c’è (ancora) la “magia” di Saramago. Manca il suo infinito fraseggiare, mancano le sue visioni da fiaba, mancano le sue allegorie, mancano le sue colorate vertigini espressive. “La vedova” è un romanzo molto lineare, molto “ottocentesco“, se così si può dire. Anche la vicenda, di certo, non prevede slanci o turbamenti particolari. La trama ruota essenzialmente attorno a tre figure: c’è Maria Leonor, la vedova; c’è Benedita, la governante; c’è il dottor Viegas, il medico di famiglia. Maria Leonor rimane vedova piuttosto giovane. A lei, dopo un periodo di profonda mestizia e sofferenza, toccherà prendere in mano la gestione dell’importante tenuta che un tempo governava suo marito. A lei anche il dovere di continuare a crescere ed educare i suoi due bambini. Tra le stanze della grande casa, si muove più o meno come vuole, l’implacabile Benedita. Ed è lei, a mio avviso, il personaggio più riuscito e affascinante del romanzo.
Benedita non è mai stata moglie e mai stata madre. La sua esistenza viaggia da sempre sui fermi binari della fede cattolica e della devozione alla famiglia per cui lavora. Sembra che la morte del signor Ribeiro abbia lasciato nella vedovanza anche lei. E, forse anche per questo, sente il dovere di seguire, sorvegliare e controllare tutto ciò che riguarda Maria Leonor. Lei diventa la feroce e impietosa custode della morale della vedova. Una morale che, come fa rilevare Saramago, non ha alcuna dimensione privata. La vedova è pressata e condizionata da convenzioni, giudizi e precetti ai quali si sottomette perché non è pensabile fare altrimenti. Un incastro dal quale non si esce e dal quale Maria Leonor, in effetti, non vuole uscire in alcun modo. Mi piace immaginare che il Saramago “adulto”, di cui ho letto diverse opere, avrebbe completamente stravolto la storia, avrebbe inventato una donna molto diversa da questa Maria Leonor di cui, però, va riconosciuta l’attenzione dello scrittore portoghese alla componente emotiva e psichica.
Edizione esaminata e brevi note
José Saramago è nato Azinhaga, in Portogallo, nel 1922. Non riuscì a completare i suoi studi tecnici e, dopo alcune occupazioni saltuarie, ha iniziato a lavorare come direttore di produzione nel campo dell’editoria. Il suo primo romanzo è “Terra del peccato” risalente al 1947. Fu avversato dal regime dittatoriale del suo Paese per questo si iscrisse al partito comunista, dal quale uscì nel 1969. Negli anni ’60 fu apprezzato per il suo lavoro di critico letterario. Negli anni ’70 pubblicò varie raccolte di poesie oltre a racconti e romanzi. Il vero, grande successo arrivò solo nel 1982 grazie a “Memoriale del convento” a cui fanno seguito, negli anni a seguire, “L’anno della morte di Ricardo Reis”, “La zattera di pietra”, “Storia dell’assedio di Lisbona”, “Il vangelo secondo Gesù Cristo”, “Cecità”, “Tutti i nomi”, “La caverna”, “L’uomo duplicato”, “Saggio sulla lucidità”, “Le intermittenze della morte”, “Le piccole memorie”, “Il viaggio dell’elefante”. Nel 1998 a Saramago venne assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Lo scrittore, poeta e critico si è spento a Tias, nelle Isole Canarie, il 18 giugno del 2010, dopo una lunga malattia. Il suo ultimo libro è “Caino”, uscito nel 2009. L’opera incompiuta, “Alabarde alabarde”, è stata pubblicata nel 2014 per volontà dei suoi eredi.
José Saramago, “La vedova”, Feltrinelli, Milano, 2022. Traduzione di Rita Desti. Titolo originale “Terra do pecado”, 1947.
Pagine Internet su José Saramago: Wikipedia / Il quaderno di Saramago (blog) / Pagina Feltrinelli / Nobelprize (bio)
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