Per me non è una cosa qualunque scrivere la recensione di un libro sulla vita del padre di un’autrice che, ai miei occhi, è prima di tutto un’amica e una mentore. Ancor più quando il di lei padre, che ho conosciuto tardi (ma non troppo, per fortuna) e in seguito ho letto e approfondito, anche se non ancora abbastanza, ha avuto, con almeno una delle sue opere – Discorso dell’ombra e dello stemma – un influsso determinante sulla mia sensibilità letteraria.
Parlo naturalmente di Lietta e di Giorgio Manganelli, del quale Aspettando che l’inferno cominci a funzionare (La Nave di Teseo) racconta tutto l’arco dell’esistenza, prima di tutto umana e naturalmente anche letteraria (combinazione che, nel percorso di un creatore di mondi mentali e di alternative alla piatta successione delle cose cui spesso la vita si riduce, è inevitabile, tanto che Lietta ha dovuto fare un lavoro di ricerca e “sfrondatura” della verità da tutte le sovrapposizioni “mitiche” create dallo stesso “Manga”, come lei chiama affettuosamente il padre).
Qui l’itinerario dei giorni, mesi e anni di questa interessantissima e tormentata vita di artista e grande intellettuale – perché di questo parliamo, quando ci occupiamo di Manganelli – viene, appunto, raccontato. L’intenzione di Lietta, cioè, non era, fin dall’inizio, quella di scrivere una “biografia”, ma di stendere una sorta di racconto orale, che avrebbe benissimo potuto essere offerto a un uditorio ristretto davanti a una tazza di tè freddo o a un caminetto acceso (a seconda delle stagioni) – tanto è vero che diversi degli episodi riportati li conoscevo già, avendomene Lietta parlato in privato in varie occasioni d’incontro.
È precisamente questo il fascino di un libro che – mi si perdoni l’espressione un po’ cliché – cattura dalla prima all’ultima pagina, trascinando nel mistero viscerale e coinvolgente di una vita segnata da molteplici sofferenze e carenze affettive (soprattutto dal lato della madre e della moglie), ma, forse proprio per questo, alimentata da una continua necessità di mettere a fuoco o, junghianamente, di individuare, come il Manga avrebbe, presumo, amato dire, rifacendosi alle sedute psicanalitiche con Ernst Bernhard che tanto lo aiutarono.
In questa segreta fornace di immagini e temi intimi, filo conduttore e àncora di salvezza di un uomo geniale e profondamente lacerato, si inserisce il bellissimo – e sia pur “strano”, con lunghe stagioni di assenza, inizialmente neanche dovute a lui – rapporto con Lietta, che diventa la sua vera “seconda metà”, in una vita in cui nessuna donna riuscì mai a dargli quello che, in primis, non aveva saputo trasmettergli sua madre.
Ben più di tutte le compagne che ebbe dopo la separazione dalla moglie, fu la figlia a riuscire a tirargli fuori tutta la tenerezza di cui aveva bisogno (nel senso di riceverla, ma anche, e forse ancor più, di darla), come dimostra una bellissima lettera che le indirizzò e che l’autrice ha riportato per intero nel libro. Solo con lei – e qui azzardo una mia opinione – era autenticamente se stesso. Non a caso, Lietta sarebbe poi diventata la depositaria del suo lavoro, creando il Centro Studi Giorgio Manganelli e curando la catalogazione e la pubblicazione della maggior parte dei suoi scritti, tanto che la mole di opere manganelliane uscite postume (ivi inclusi i suoi numerosissimi editoriali e le tante recensioni) supera nettamente quella delle pubblicazioni avvenute mentre era in vita.
Ne emerge il profilo intenso e palpitante di un uomo che è stato profondamente e per tutti i giorni della sua esistenza – fin dalla lotta partigiana in cui ha operato pur senza volerlo dare a vedere, per arrivare all’immensa e poliedrica vena letteraria e linguistica che l’ha portato a pubblicare opere immortali come la celeberrima Centuria, tradotta in innumerevoli lingue, ma anche a diventare docente universitario e a fare l’inviato e l’autore di reportage di viaggio in tutto il mondo –, un “tutto unico” di vita e letteratura, al di fuori di ogni stereotipo di artista tormentato, ma anzi a contatto diretto con la materia più incandescente di amore, dolore, povertà e realizzazione di cui sono fatte le storie che, anche quando finiscono, non finiscono veramente, ma restano.
Edizione esaminata e brevi note
Lietta Manganelli, figlia unica di Giorgio Manganelli, è da sempre impegnata nel campo della letteratura, della scrittura e delle tematiche sociali. Ha creato il Centro Studi Manganelli e, tramite il recupero di testi dimenticati e inediti, porta avanti la missione di far conoscere l’opera del padre all’interno del panorama culturale italiano.
Lietta Manganelli, Giorgio Manganelli. Aspettando che l’inferno cominci a funzionare, La Nave di Teseo, 2022, pp. 198.
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