Avete presente la sindrome Dunning-Krueger e quanto sia diffusa? Ebbene, a quanto pare, in Italia ci sono innumerevoli persone affette da altre sindromi, alcune delle quali producono effetti apparentemente e specularmente contrari: c’è chi va fiero di non sapere nulla oppure fa finta di non sapere nulla di quello che accade intorno a noi. Ancora ci sono coloro affetti da disturbo di fantasia compulsiva (“chi ne soffre è portato costantemente a creare fantasie e immedesimazione con personaggi famosi o trame di film e fiction”), oppure dal cosiddetto “effetto Mandela”, sostanzialmente una distorsione della memoria che ci porta a ricordare fatti o dettagli che non sono mai accaduti, creando falsi ricordi. Tutte sindromi che forse spiegherebbero le fortune di personaggi che, in altre latitudini, probabilmente non avrebbero avuto lo stesso successo come invece avvenuto in Italia. Argomento che in una certa misura è stato affrontato in un saggio del sociologo Paolo Ceri, pubblicato qualche anno fa, ma pur sempre di grande attualità. Soltanto che negli “Italiani spiegati da Berlusconi” – un libro sugli italiani attraverso Berlusconi, e nel contempo, un libro su Berlusconi attraverso gli italiani – l’analisi del comportamento di Berlusconi e, viceversa, degli italiani non viene analizzato dal punto di vista medico-patologico, bensì sociologico e culturale.
L’intento del saggio, peraltro molto accurato nella scelta delle fonti – e con l’azzeccatissima citazione iniziale di Giorgio Gaber “non temo Berlusconi in sé, temo Berlusconi in me” – , è quello di comprendere “quali tratti concorrono a spiegare il consenso politico a Berlusconi e quali sono le caratteristiche culturali che Berlusconi, oltre a esprimere, coltiva e rafforza”.
Spiegazione che prende spunto dall’analisi dell’uso alternato di due sindromi che Ceri denomina come la sindrome alfa (o sindrome del Cavaliere) e la sindrome beta (o sindrome del Caimano), versioni molto più argomentate del più noto “bastone e carota”: il consenso rinnovato a Berlusconi sarebbe stato ottenuto “in misura rilevante grazie alla capacità di valorizzare strumentalmente elementi culturali propri del contesto italiano” (pp.148). Consenso esaminato, nel contesto della “sindrome alfa”, anche e soprattutto in virtù di tre elementi, l’assorbimento di ruolo, la distanza di ruolo, la complicità; nonché, al pari degli intermezzi sulla questione morale e sul “partito dell’amore”, grazie agli illuminanti approfondimenti sulla seduzione, visibilità, intimità, vittimismo come interpretati dal berlusconismo: “Insomma per dirla con Montanelli: chiagne e fotti” (pp.125). In sostanza la qualità migliore di Berlusconi sarebbe stata la “capacità di valorizzare strumentalmente elementi culturali e relazionali propri del contesto italiano” (pp.148).
Subito dopo aver trattato della “contro- sindrome” del Caimano, ovvero dell’abilità berlusconiana di combinare di volta in volta manipolazione, demagogia, e soprattutto vittimismo, il saggio, nella seconda parte, ci racconta con dovizia di dettagli “La corrosione dello Stato”, la deistituzionalizzazione, l’alterazione e/o demolizione di parti più o meno estese di un sistema istituzionale. E ancora una volta entra in ballo la mancanza di reazione dei cittadini, secondo Ceri causata solo in parte da un deficit di cultura democratica. Avrebbe operato anche l’effetto combinato della visibilità e dell’inosservabilità del potere: “per visibilità s’intende la possibilità di vedere, nel senso di ricevere e percepire immagini e informazioni, mentre per osservabilità s’intende la possibilità di guardare intenzionalmente ed esaminare con attenzione azioni e regole di comportamento” (pp.208). Effetto combinato tale che grazie all’innovazione berlusconiana “il potere si sottrae all’osservazione non soltanto rendendosi invisibile, ma anche accentuando la sua visibilità”. Il campo del tanto del visibile che dell’inosservabile si estende più che in passato, al punto che si deve essere visibili per meglio occultare, come “si deve essere inosservabili per poter essere visibili”. Per fare un esempio i pesanti vincoli all’azione della magistratura con tanto di disegno iniziale di bavaglio alla stampa: leggi che avrebbero perseguito le finalità di rendere il potere non osservabile e, nel contempo, quello di lasciarlo libero di rendersi visibile soltanto nei modi voluti.
Insomma tutta una serie di azioni volte a una deistituzionalizzazione “che si ripercuotono sul fattore che ne è origine, rafforzandolo. Essa consiste in una triplice contrapposizione: legittimità contro legalità, legge contro diritto, politica contro legalità” (pp.211).
Deistituzionalizzazione che viene giustamente ricordata in dettaglio con tutta una serie di azioni che, guarda caso, sono in gran parte sopravvissute ai governi Berlusconi. Soltanto alcuni esempi, ad uno ad uno analizzati nella seconda parte del libro: opporre la sovranità popolare al formalismo costituzionale, opporre alla costituzione formale una presunta costituzione materiale, ricorrere in maniera abnorme al voto di fiducia, ricorrere in maniera abnorme alla decretazione d’urgenza, deliberare in ambito privato su disegni di legge, produrre disposizioni normative in deroga, cambiare le regole parlamentari, definire e deliberare le politiche in base ai sondaggi, limitare di fatto le prerogative del Parlamento, fare del confronto politico un referendum personale, il progetto di staccare la polizia giudiziaria dai PM, stabilire per legge la durata dei processi, estendere il legittimo impedimento, spostare il processo da una sede ad un’altra considerata più favorevole, abbreviare il tempo della prescrizione, bloccare le rogatorie internazionali, negare l’autorizzazione a procedere, depenalizzare il falso in bilancio, ottenere la chiusura o la sospensione di programmi televisivi, annullare l’esclusione di liste elettorali della maggioranza, limitare le intercettazioni o la loro pubblicazioni, emettere disposizioni non soggette a controlli, rendere ampiamente inutilizzabili le dichiarazioni dei pentiti, rendere il politico insindacabile e non perseguibile (Lodo Schifani, Lodo Alfano, Legittimo impedimento), diffondere in modo arbitrario un’immagine di scorrettezza professionale o morale, accusare di comportamento antipatriottico, isolare i PM dall’opinione pubblica, disconoscere il diritto a giudicare il personale politico, negare la neutralità dei PM e l’imparzialità dei giudici, negare la neutralità delle alte cariche dello Stato, assegnare ad associazioni compiti di sicurezza e ordine pubblico, appaltare la giustizia a personale estraneo al processo, nominare o consentire la nomina a posizioni politiche o amministrative di persone condannate o inquisite, disporre o consentire la nomina a posizioni politiche o amministrative di persone in conflitto d’interessi, ottenere da un organo, ente o soggetto formalmente indipendente le decisioni e gli atti desiderati tramite il controllo di suoi membri; e tante altre iniziative, progetti di legge dello stesso tenore.
Come conseguenza ultima il rafforzarsi del cosiddetto berlusconismo che, come possiamo vedere in questi giorni, sicuramente sopravviverà al suo mentore; e che viene descritto come “combinato disposto di modelli culturali, orientamenti d’azione e modi di uso del potere che si risolvono in una tecnica articolata di conquista del consenso e in una strategia di destrutturazione e conquista dello Stato” (pp.231). Le conclusioni di questo saggio risultano più che attuali visto che Ceri ci ricorda come Berlusconi nel rapporto con gli italiani abbia adottato due diversi registri, combinando i codici delle due sindromi – sindrome del Cavaliere e sindrome del Caimano – gli uni per mostrare di possedere il tipo di legittimità per ricevere consenso, gli altri per convincere del possesso della legittimità e delle qualità necessarie per modernizzare lo Stato. I risultati, per chi voglia o possa vedere, sarebbero sotto gli occhi di tutti. Ma, come anticipato dallo stesso Ceri, di mezzo c’è probabilmente il problema maggiore dell’Italia: il condizionale “sarebbero”.
Edizione esaminata e brevi note
Paolo Ceri, professore ordinario di Sociologia all’Università di Firenze. Tra il 1969 e il 1970 ha condotto una ricerca presso gli Stabilimenti Olivetti di Ivrea. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Asimmetrie sociali: potere, disuguaglianza, scambio (Liguori, Napoli 1996) e Il popolo di Lady Diana: analisi di un’emozione collettiva (Marsilio, Venezia 1998); con Paola Borgna ha curato La tecnologia per il XXI secolo (Einaudi, Torino 1998). Per Feltrinelli ha curato Ecologia politica (1987).
Paolo Ceri, “Gli italiani spiegati da Berlusconi”, Laterza editore (collana “Anticorpi”), Roma-Bari 2011, pp. XVIII-268.
Luca Menichetti. Lankenauta, giugno 2023
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