“Scopo preciso del presente studio, di natura per lo più interlocutoria, è formulare con la maggior fedeltà possibile – grazie alle vive testimonianze di chi c’era e c’è ancora – una narrazione attendibile dello svolgimento della prima rappresentazione del Don Chisciotte della Mancia per l’esordio del fortunato festival denominato Cantiere internazionale d’arte e fornire la versione autentica del testo librettistico” (pp.15). Le parole di Andrea Zepponi nell’introduzione di “Don Chisciotte a Montepulciano e la nascita del cantiere” si riferiscono alla messa in scena dell’opera di Hans Werner Henze il primo agosto del 1976, esordio di una sorta di anti-festival in cui furono coinvolti in prima persona gli abitanti di Montepulciano. Lo studio “rievocativo e documentario”, o narrazione che dir si voglia, di questo “sogno utopistico” del compositore tedesco, appare dettagliatissimo in tutto e per tutto, nonostante lo stesso Zepponi, al termine di “Una lettura musicale del Don Chisciotte” – capitolo di sessantadue pagine – scriva di “una sommaria analisi dell’opera inaugurale del Cantiere di Montepulciano”.
L’aspetto più apprezzabile del libro in realtà, oltre alla grafica editoriale e alla bellissime illustrazioni di Giovanni Soccol, sta proprio nella capacità dell’autore di aver saputo gestire il nutrito materiale relativo all’opera di Henze in quel di Montepulciano, e soprattutto di averci raccontato le genesi del “Cantiere” secondo diverse prospettive, non soltanto strettamente musicali. Anche dal lato, per così dire, storico-politico possiamo scoprire molto nel “Don Chisciotte”: “si evince chiaramente che Henze giustifica la sua attività a Montepulciano con il disegno esplicito di democratizzare la fruizione musicale nel popolo paesano […] Si doveva offrire al pubblico di Montepulciano, anche sano e vergine, in quanto, secondo la visione di Henze, uno spettacolo musicale privo di sovrastrutture culturali e appunto ignaro di certe ritualità proprie dei ricchi e dei borghesi” (pp.38). Ed ancora: “La weltanschauung henziana contemplava un mondo nuovo in cui il riscatto dalla povertà e dalla lotta di classe sarebbe arrivato nel momento stesso in cui l’arte non venisse più considerata solo appannaggio delle classi privilegiate”(pp.52).
Dopo aver raccontato tutte le complicate vicissitudini che portarono alla nascita del cosiddetto “Cantiere”, Zepponi giustamente si dedica alla prospettiva artistica, peraltro del tutto particolare; a cominciare dalla “difficoltà definitoria” del lavoro henziano: “Con il Don Chisciotte della Mancia di Giovanni Paisiello Henze si spinse invece molto più avanti. Egli intervenne sul tessuto musicale e strumentale, ma firmò la partitura attribuendosi una nuova versione dell’opera senza disconoscerne il primo autore, proprio come Di Leva firmò la sua versione del libretto traendola da G.B. Lorenzi” (pp.67).
Prospettiva artistica che contempla, nell’ampio capitolo “La scena e i costumi di Giovanni Soccol”, l’opera del pittore e scenografo veneziano, il quale aderì in pieno all’idea partecipativa e comunitaria del “Cantiere”, quasi con l’intenzione di contrapporsi all’opulenza del festival di Spoleto: “in tale dimensione scenica gli spettatori avrebbero avuto la consapevolezza di condividere un’esperienza estetica ed esistenziale con altre persone con cui avrebbero rafforzato, bene o male, il loro senso comunitario” (pp.91).
Altrettanto approfondito il contributo del già citato Giuseppe Di Leva, il drammaturgo trentino che si trovò a rivisitare il libretto di Giovanni Battista Lorenzi. Rivisitazione definibile come rilettura e riscrittura, quel tanto da avvalorare la frase di Gilles De Van “la caratteristica di un buon librettista non è tanto quella di essere geniale ma di permettere al musicista di esserlo”: “Si tratta inoltre di una rilettura e una riscrittura perpetrate in linea con le tendenze concettuali del ‘900 per cui, da molto tempo ormai, si era compiuta quella ribellione contro il tradizionale predominio della parola testuale in teatro” (pp.157).
Dal lato poi strettamente musicale Zepponi, al termine di “Una lettura musicale del Don Chisciotte”, ci ricorda come il maggior margine creativo tenuto da Hans Werner Henze sia stato quello orchestrale, percorrendolo “senza disturbare con eccessive modernità i cantanti e intessendo un’aggiornata rete strumentale”. Sostanzialmente, oltre che un personale contributo alla diffusione della musica nel territorio italiano – al tempo idea fissa a partire da Claudio Abbado e Maurizio Pollini -, “un tentativo molto raffinato del musicista tedesco di contestare certi rigori contemporanei dei suoi colleghi con un gioco colto e insieme popolaresco” (pp.245).
Chiudono il volume contributi di Giuseppe Di Leva, nonché il libretto completo di “Don Chisciotte della Mancia”, la cronologia del programma del Cantiere 1976 e un’amplissima rassegna stampa. Rassegna stampa in cui leggiamo subito un articolo di Marcello De Angelis (L’Unità, 16 giugno 1976), che sintetizza quello che doveva essere il “Cantiere internazionale d’arte”: “lo sforzo maggiore sarà amalgamarsi con quella realtà del posto, superando barriere di qualsiasi tipo in modo da evitare il rischio di creare isole separate di cultura” (pp.305). Sforzo riuscito anche ad Andrea Zepponi nel raccontarci “con la maggiore fedeltà possibile” l’esordio del festival poliziano; che Di Leva ha definito nella prefazione “quei sette mesi magici”.
Edizione esaminata e brevi note
Andrea Zepponi, primo contraltista diplomato in Italia (1990), laureatosi in lettere classiche, poi in clavicembalo e tastiere storiche, affianca l’insegnamento di lettere alla collaborazione con il magazine «MusiCulturA on line» in qualità di critico e recensore di opera lirica. Si dedica alla riscoperta e allo studio di musicisti e cantanti del passato: è stato tra i curatori della ripresa dell’oratorio di Vincenzo De Grandis La ritirata di Mosè dalla corte d’Egitto e suoi sponsali con Sefora durante la sua prima esecuzione in tempi moderni a Ostra nel 2011. Come direttore artistico ha diretto la programmazione musicale della Chiesa della Croce di Senigallia nel triennio (2009-2011) e ha ideato un progetto interdisciplinare rivolto alle scuole di ogni ordine e grado, esportato in diversi istituti scolastici italiani ed esteri e presentato nel volume Disegni di vetro (2014). Autore dei saggi La musica ritrovata. Le opere liriche di Augusto Massari (2018) su musiche reperite dal maestro Angelo Bonazzoli e di Virginia Colombati maestra di belcanto, ha inoltre curato la prima edizione a stampa dell’oratorio di Pierfrancesco Tosi Il martirio di Santa Caterina (2019), l’edizione delle Composizioni Vocali da Camera di Giulio Pompeo Colombati (2021), nonché una raccolta di sonetti, Zeppa poetica (2020).
Andrea Zepponi, “Don Chisciotte a Montepulciano e la nascita del cantiere”, MyMonkey, 2023, pp. 440. Illustrazioni di Giovanni Soccol.
Luca Menichetti. Lankenauta, ottobre 2023
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