Non avevo mai letto il rifacimento di un romanzo. Anzi, in definitiva continuo a non averlo letto, perché l’ottimo L’estate breve di Enrico Macioci non è tanto la riscrittura – soprattutto nella seconda parte – di Breve storia del talento (Mondadori, 2015), che a suo tempo avevo apprezzato. È un’opera nuova.
In effetti, come l’autore stesso spiega nell’introduzione, i libri possono rinascere e rivivere, segnati non solo dal tempo, ma dall’evoluzione del pensiero e della sensibilità di chi li ha scritti. Non che Enrico fosse allora meno maturo di oggi, assolutamente. Ma, leggendo tutte d’un fiato le pagine di questo libro e le storie che racconta di amicizia tra bambini e poi adolescenti, tra conati d’amore, rivalità, gelosie e, più di ogni altra cosa, calcio, ho avuto la netta impressione che quelle vicende, che nel 2015 avevo sentito – anche se magari non erano – come proiezioni del suo vissuto, fossero assurte alla dignità “alta” di un racconto mitico. È come se adesso quest’opera trasfigurata riuscisse a enucleare il contenuto archetipico incastonato in ogni figura e incontro-chiave della vita, e principalmente di quella sua stagione-chiave che è l’infanzia, e forse ancor più il transito da questa alla (pre-)età adulta.
Così, la figura del “grande Michele”, campioncino in erba dal talento straordinario, che mortifica senza intenzione il protagonista a ogni partita o gara di tiri che fanno nel campetto dietro casa, nel rispetto della legge non scritta della competizione insita in ogni sport, è a tutti gli effetti un archetipo del confronto, ancor prima che con l’altro, con se stessi e i propri fantasmi – in primis, con quello della paura di fallire.
Da qui, anzi in questo, la fondamentale domanda dell’autore: cos’è il talento? Il dono di natura in sé – a qualunque ambito lo si riferisca – o piuttosto la sua applicazione sul campo, nell’incontro e nel confronto con l’altro? E, anche quando approda a questo livello, è significativo in ragione di tale confronto o perché cerca continuamente di affinare se stesso, con una disciplina del tutto affine a quella di chi pratica la meditazione?
Il grande Michele sembra indicare proprio il secondo corno di questa alternativa, almeno finché è ragazzo. Poi, con uno di quegli scarti che tante vite e carriere conoscono, fa perdere le sue tracce. Senza rivelare troppo, posso dire che il protagonista, che si muove in un vivido quanto astratto – e mitico esso stesso – scenario di provincia (probabilmente ispirato all’Abruzzo in cui Macioci è nato e vive), cercherà di accedere da una presunta assenza di talento – quella per la scrittura, in cui sembra essere il solo a non credere –, all’attuazione professionale di questa sua attitudine, per cui il calcio (ivi incluso il fantasma del grande Michele) rimarrà per lui un riferimento implicito ma ormai lontano, come in fondo tutta quella stagione della sua vita, tra le più ostiche da esaminare quando ci si vuole liberare dai fardelli della mente per esplorare liberamente territori nuovi.
Il maggior merito di questa interessantissima operazione letteraria ed editoriale, comunque, sta proprio nella qualità della scrittura dell’autore, che spicca per nitore, intensità, fluidità e capacità di far sentire lì il lettore, a volte perfino con un senso di fastidio verso questo o quel comportamento dei personaggi, del tutto consonante con le sensazioni adolescenziali che un tempo tutti noi abbiamo provato. E, casomai fosse servita, è precisamente questa la controprova di come l’obiettivo di immedesimazione e resa artistica sia stato raggiunto in pieno.
Edizione esaminata e brevi note
Enrico Macioci è nato all’Aquila nel 1975. Si è laureato in Giurisprudenza con una tesi di diritto tributario e in Lettere Moderne con una tesi su Cuore di tenebra di Conrad. Ha pubblicato Terremoto (Terre di mezzo, 2010), La dissoluzione familiare (Indiana, 2012), Breve storia del talento (Mondadori, 2015), Lettera d’amore allo yeti (Mondadori, 2017), Tommaso e l’algebra del destino (SEM, 2020) e Sfondate la porta ed entrate nella stanza buia (TerraRossa, 2022), oltre alla silloge poetica L’abete nel cerchio (Marco Saya, 2017).
Enrico Macioci, L’estate breve, TerraRossa, 2024, pp. 128.
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