Mauro Barberis in un recente articolo su Micromega si domandava perché Matteo Salvini, ancora oggi, abbia rilasciato dichiarazioni apparentemente masochistiche che, di fatto, si allineano a quelle dei peggiori despoti del pianeta. Una delle possibili spiegazioni, secondo Barberis, si trova nel libro di Anna Bonalume, “Un mese con un populista”. In realtà l’inchiesta della Bonalume, giornalista politica italiana ma naturalizzata francese, ci dice molto di più su Salvini e sul cosiddetto populismo. Inchiesta “e riflessione filosofica-politica” pubblicata inizialmente per i tipi di Arthème Fayard e quindi per un pubblico francese, sul leader lombardo seguito passo passo e immortalato, con grande imparzialità, durante tutti i suoi tour e raduni politici. Ne esce un ritratto, soprattutto per molti di noi italiani che lo hanno sempre considerato semplicemente un personaggio improponibile, meno scontato del previsto; in cui è proprio la sua esibita ignoranza a renderlo popolare. Sostanzialmente un lungo racconto, visto dall’estero, su un fenomeno tutto italiano, anche se – come ben sanno tutti gli italiani un minimo informati – il nostro Salvini, nel modificare il dna federalista della Lega in favore di politiche “sovraniste”, ha trovato quali leader di riferimento e di ispirazione la Le Pen e tanti altri personaggi dell’estrema destra mondiale.
Le attività di Salvini sono state registrate in presa diretta dalla Bonalume per mesi, prima dello scoppio della pandemia- quindi prima del suo declino elettorale -, cercando di “raccogliere dati, fatti, eventi, dialoghi, costruendo un testo il più possibile fedele a ciò si cui” è “stata testimone, senza esprimere giudizi morali. Questo” le “ha permesso di comprendere meglio le ragioni del populismo nel contesto internazionale e alcune delle dinamiche in corso nella società italiana” (pp.8). Populismo che in questo caso viene declinato in maniera molto diversa dall’altro grande populista scomparso: mentre Berlusconi era l’icona del ricchissimo self made man, amatissimo proprio per il suo fascino truffaldino, Salvini a ogni piè sospinto non ha mai mancato di ricordarci di essere “uno come noi”.
In pratica questa sorta di identificazione è stata rilevata in diverse interviste a militanti e simpatizzanti: la grande capacità di Salvini è stata l’entrare “in empatia con il suo interlocutore, sia esso un contadino calabrese o un importante imprenditore milanese, un politico o un corrispondente della stampa estera”. La stessa Bonalume ammette che “capire le esigenze delle persone che lo circondano gli permette di esercitare una forma di seduzione che manca ai suoi colleghi di partito. Salvini può essere piuttosto volgare in presenza dei suoi compagni, ma non lo è mai stato con me” (pp.148). Salvo ricordarci ancora una volta che è “nelle vesti di questo uomo rozzo che Salvini si presenta, incoraggiando l’elettorato a identificarsi con lui e a condividere un interesse nel comune rifiuto delle élite” (pp.220); nonché con tutta la sua disponibilità ad interminabili sessioni di selfie e a mostrarsi in tutta la sua scarsa forma fisica.
Un misto di rappresentazione di duro e puro e nello stesso tempo di gentilezza che a livello elettorale è stato pagante: “ha spostato il cursore dall’ideologia verso la simpatia e verso l’accessibilità del potere sia in termini linguistici che fisici. In questo modo, ha cambiato sostanzialmente la comunicazione politica” (pp.254). Pagante però fino ad un certo punto: il suo successivo indebolimento elettorale è motivato dal fatto che il suo impegno personale, “così come la sua capacità di assorbire i bisogni espressi dalle persone che incontra e di trasformarli in slogan, sono i suoi punti di forza, ma anche le sue debolezze” (pp.258).
In conclusione possiamo leggere alcune osservazioni molto intelligenti, non soltanto su Salvini ma proprio sul sistema politico italiano: se il successo di Salvini si è affermato in un contesto di particolare insicurezza sociale ed economica, bisogna ricordare anche altri precedenti, altre grandi ascese e cadute politiche, in un contesto in cui, a differenza della Francia, i politici sono in perenne campagna elettorale; e di conseguenza l’azione dei governi è sempre guidata dal consenso, dai sondaggi, con tutte i successivi sgambetti dei leader politici. Esempi ormai proverbiali sono quelli dell’altro Matteo (Renzi). Gli stessi che magari – proprio come l’altro Matteo (Renzi) – spacciano la loro politica come antipopulista.
A parte che la stessa definizione di populismo è giustamente controversa, conviene citare una delle osservazioni più apprezzabili del “mese con un populista”: “Credo che questo [ndr: l’atteggiamento di molti presunti progressisti con la puzza sotto il naso] rappresenti esattamente ciò che può alimentare il populismo: un atteggiamento distaccato e sprezzante da parte di intellettuali, analisti, giornalisti e politici nei confronti di questi fenomeni” (pp.264).
Edizione esaminata e brevi note
Anna Bonalume, è una giornalista politica. Ha un dottorato di ricerca in filosofia all’Ecole Normale Supérieure di Parigi e scrive di politica, cultura e società per diverse testate italiane e internazionali, tra cui «L’Espresso», «Le Point», e «The Guardian». Interviene in trasmissioni tv e radio su canali quali ARTE, France Culture, La7. Ha insegnato filosofia presso l’Université Paris XII e l’Institut Catholique de Paris.
Anna Bonalume, “Un mese con un populista”, Tab edizioni, Roma 2023, pp. 272. Traduzione a cura di Annalisa Izzo
Luca Menichetti. Lankenauta maggio 2024
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