Il Novo Sconcertante Italico (d’ora in poi NSI) potrebbe essere sbrigativamente assimilato ad altre tendenze letterarie, presenti e passate, come il Cannibalismo metà anni Novanta. Si potrebbe, ma non si può, perché la culla dell’NSI è da rinvenire altrove, nel concetto di Sconcertante che è innanzitutto la summa dei due filoni individuati da Mark Fisher nel suo saggio “The Weird and the Eerie”; queste due definizioni, di fatto intraducibili nella pienezza semantica che hanno in inglese, vengono approssimate in italiano a “strano” inteso come perturbante nel suo esser familiare, e ”inquietante” inteso come fatato, incantato, fuor di sesto. La voce “Sconcertante” è quindi, nell’intenzione dei curatori e autori di questa silloge, una somma che eccede gli addendi, ibridazione di masse critiche che travolge i canoni consueti della narrativa italiana: il discorso aperto dal Cannibalismo può essere riagganciato, fra le numerose contaminazioni, ma cambia rotta, si espande a istanze del tutto inimmaginabili negli anni Novanta, anni permeati ancora dagli ultimi scintillii dell’edonismo, dalla bonaria distopia cyberpunk con il suo nucleo di speranza e di libertà dai vincoli corporali, dall’intimismo grunge che pur nel ripiegamento, finanche nell’elegia, sfruttava ancora l’energico volano del punk e dell’hard rock rispetto al montare di inquietudini e consapevolezze nuove.
Esperienze seminali per la genesi dello Sconcertante: non più “cannibale” perché cannibalizza stili e generi, ma perché è chi scrive a esserne cannibalizzato.
Arriviamo perciò a cose fatte, proprio quando si compie l’atto di nutrire la parte oscura a insaputa o con la complicità autolesiva degli stessi autori, che attraversano fantasy transumano, un fiabesco terzo paesaggio, le sodaglie stoppose del realismo fantastico sudamericano e le sue più riuscite derive europee (Cărtărescu, Krasznahorkai), la fantascienza straniante di Vandermeer o Volodine, la meticolosa ricerca psichedelica di Pendell espressa in un linguaggio che mescola chimica ed epica; assistiamo alla fabbrica di una cattedrale spugnosa e vorace, che si corrode nel suo edificarsi, che si corrompe nel perseguire l’elevazione, trasformandosi in una spuma incerta e, a ben vedere, ineccepibile, almeno secondo le più recenti e accreditate teorie della meccanica quantistica.
Il NSI è assimilabile a un tale stato della materia; incrocia il ballardismo, ma si fa lieve, autoironico: si veda l’uso dell’arcaismo “NOVO” in luogo di quel “nuovo”, attributo inflazionato dalle réclame strombazzanti e al contempo rimando giocoso al Dolce Stil Novo, che è anche denominazione di un’origine geografica peculiare, ma non per questo esclusiva; materia esotica e sfuggente (esemplare in tal senso l’apertura del racconto di Valentini), sfuggita agli agitatori stessi della cosiddetta — affettuosamente — “Scenicchia” fiorentina.
Lo Sconcertante che troverete in questa antologia è perciò “Novo” e “Italico”, si smarca con eleganza da un diffuso New Weird quanto da localismi asfittici, perché, come suggerisce Rialti, la questione dirimente è soprattutto stilistica e riguarda l’assalto ad una letteratura italiana ancora persa in pastoie melodrammatiche e “Seghe” familiari; L’Anno del Fuoco Segreto è provvida e aspra medicina per questo stato di disgrazia nostrale. Una trappola salvifica, una Wunderkammer labirintica dalla quale, per nostra fortuna, non c’è via di fuga; parafrasando Morton, siamo imprigionati come insetti nell’ambra, una prigione traslucida nella quale in alto, troverete la raggiante vetrata del Rinascimento Psichedelico che fra una serie di recuperi (D’Anna e Ferradini) e nuove uscite, giunge al suo culmine nella recente traduzione de “La Rosa di Paracelso” di W. L. Pickard; sotto i vostri piedi sommovimenti ctoni che rivelano pulsanti creature, evocate nella poesia di Matteoni, pronte a riemergere dall’ancestrale e lo sciamanico per fare incursione in una “realtà” che abdicando ai suoi spiriti (la sua anima? i suoi demoni?) ha perduto i suoi connotati materici. La scoperta confortante è che non è possibile sfuggire l’olobioma che ci incorpora: gli Sconcertati (prima di sconcertare) che scrivono o si producono in forme espressive differenziate che si sovrappongono l’una all’altra come in un gioco d’ombre, stanno per noi tutti, altrettanto scombussolati e alla deriva, decifrando la “realtà” odierna senza ricorrere ad ammiccamenti e strumenti spuntati imposti da un mercato editoriale dal fiato corto e, attraverso un lavoro certosino sullo stile e sulla potenzialità ed il limite della parola, stanno gettando, io credo, le basi della narrativa futura. Allora se dovessi fare un paragone da ex-designer, direi che ad oggi stiamo all’Arts & Crafts di Morris, a Ruskin, ai Preraffaelliti: il patente stacco stilistico del Liberty e del Modernismo sono ancora di là da venire, ma il meccanismo è stato innescato.
Il NSI è viscoso: la lettura si contamina, le restano appiccicate “cose” addosso, procede inglobando queste concrezioni, fino a raggiungere una massa critica che perfora il tessuto narrativo stesso, per immergersi nel “petrolio” sangue immondo e percolazione di entità defunte e decomposte della Terra come nel “mega organismo Medio Oriente” di Negarestani, o per restare nei paraggi, quel “petrolio” incompiuto e conturbante di cui Pasolini ci lascia un ampio e mutilo canovaccio nel quale politica e mito si intrecciano.
Perché il discorso non è mai soltanto stilistico: la ridefinizione del linguaggio porta anche ad un ripensamento politico, proprio oggi che la politica non è mai stata tanto bizantina, nebulosa, asservita al consenso, che il politicamente corretto è abusato più per censurare che per emancipare. C’è fame di parole-iperoggetti, di una espansione di significati e sfumature contro l’assottigliamento dei vocabolari di marca orwelliana: lo “sconcertato” ingloberà antichi grimori e manuali del DSM, eventi oscuri di cronaca, istanze geopolitiche, inquietudini climatiche, resoconti di antichi riti sacrificali; si sentirà spossessato dal mondo che lo risucchia e allo stesso tempo posseduto da entità ignote, lasciate in stasi criogenica in Antartide, come nella poetica lovecraftiana fra alieno e soprannaturale; cercherà partnership inedite con altri individui (nel senso più ampio e insoluto del termine), ma anche con macchine, motori di ricerca, sostanze, intelligenze artificiali, nuove entusiasmanti patologie, per riscoprire la sua irriducibile animalità al culmine del disembodiment della sua profilazione social.
È il tempo Zero adesso: tutti i tempi si ammassano sull’orizzonte degli eventi appena raggiunto, che si presenta come estrema frontiera, risucchiandoci in un paradossale freeze frame; un panorama inesteso o come diceva Land “lo Zero è immenso”.
Con buona pace dei pionieri del Weird italiano, venendo all’oggetto libro tout-court, si tratta della prima volta che una major (Bompiani) si interessa di una scrittura che sfugge ai variegati ma rigidi incasellamenti del marketing.
Apre le danze, gagliardo, Zandomeneghi che ci trasporta in una Firenze notturna, lasciva ed ebbra dove una battuta di pesca al siluro si trasforma in una esperienza di trasognato e oscuro erotismo iniziatico. Tagliente e visionario Valentini tratteggia, nella medesima città ai tempi del Lockdown, un concerto per piante nel Teatro del Maggio Musicale: piante come pubblico ideale in quanto silenzioso, ma anche ponte fra Regni differenti e apparentemente distinti e incomunicabili l’uno con l’altro sebbene coinvolti in un complesso e condiviso sistema di negoziazioni; una lettura a mio avviso debitrice, per quanto concerne i dati teorici, del miglior Coccia (questa immagine del “vegetale” non inerte e passivo, ma proattivo, capace non solo d’intendere ma di volere e rispondere, mi riporta alla sua saggistica). Rialti crea un entanglement fra il mondo della palestra e un rito sacrificale avvenuto secoli prima in Messico; il tema della violenza e il sacro si traduce in una forsennata ispezione archeologica che rinviene nel presente dinamiche remote e mai sopite. Santoni si spende con maggior discrezione in questa antologia, recuperando nel suo breve e divertente racconto, la Novella dello Stento, vero e proprio tormentone ipnotico che i nonni usavano per placare le agitazioni del pargolo mai sazio di storie. Per i non-toscani e chi non la conoscesse è una sorta di loop del tipo “Chi gioca in prima base”…
Potente, l’invocazione triplice alla carne di Matteoni: nella pervasività del virtuale, ella si rivolge alla Terra, alla concretezza che è materia prima del fiabesco; materia vibrante e agentiva, parafrasando la Bennett. La presenza femminile nel volume è ampia e di altissimo livello: Pugno, Di Grado, Fronteddu, …Mirabelli che si trasfigura in serpente, creando un ulteriore ponte (il NSI come si sarà capito, è scrittura che getta ponti arditi) con l’altro dall’umano, che nelle mute del rettile rintraccia non solo il segno di una crescita fisica, ma spirituale.
Morstabilini ci conduce all’ultimo castello di Ludwig, sulla Luna: la sua declinazione del NSI prende le mosse dal dato autobiografico, da quella passione per i castelli che possiede l’autore sin dall’infanzia. L’ingrediente fantasy (pur straniato) occupa una voce importante nel computo: tornando alla metafora preraffaellita, esso rappresenta un complesso di valori, tòpoi e immaginari cui attingere, così come i preraffaelliti attingevano al Medioevo e al primissimo Rinascimento. Forse, come per tutte le letterature fantastiche sopravvive una radiazione di fondo nostalgica di una innocenza perduta, così come nel Mito si compiange la perduta Età dell’Oro; e come dargli torto?
Senza fare una disamina di tutte le autrici e autori (alcuni meno a fuoco di altri sul tema dello “sconcerto”, ça va sans dire) che compongono questo florilegio, ritengo complessivamente “L’Anno del Fuoco Segreto” un must innanzitutto per chi ama la letteratura di genere, fantasy, fantastica, weird ecc… ma soprattutto per chi, lettore attento della contemporaneità, volesse rintracciare il fil rouge che collega questo volume a simili e recenti uscite. Alla rinfusa: la Chiromantica Medica di Alessio Mosca; le declinazioni weird-pop del libro di esordio di Claudia Grande; le antologie Cloris I e II a cura di Vargas, ma anche l’ingegnoso “fantasy materialista” di Maria Gaia Belli. Chi avrà già letto queste opere non potrà che rinnovare, nella lettura de “L’Anno del Fuoco Segreto” la medesima gratificante sensazione di straniamento che ci procura il nostro Zeitgeist.
Edizione esaminata e brevi note
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