Chi dei lettori ha già letto un romanzo di Willy Vlautin, dovrebbe avere una mezza idea di cosa aspettarsi, per gli altri, forse meglio avvertirli da subito, non si tratta di un romanzo felice.
Si tratta però indubbiamente di un romanzo ben scritto, di un autore che si sta velocemente affermando come uno dei più acuti scrittori statunitensi contemporanei. Potete trovare la recensione della maggior parte dei suoi romanzi proprio qui su Lankenauta.
“Il Cavallo” parte da subito con una situazione che non sembra delle più semplici: Al Ward è un chitarrista, ha sessantasette anni e da qualche mese vive da solo in una concessione mineraria abbandonata e che ha ereditato da un prozio. Le sue giornata sono scandite sempre dal solito ritmo: “Le giornate nella concessione mineraria abbandonata erano tutte uguali. Al portava dentro la legna, beveva caffè e mangiava qualcosa per colazione, lavorava a una canzone, faceva un sonnellino, beveva altro caffè, e poi usciva per la stessa passeggiata che faceva ogni pomeriggio. Cena al tramonto, che in quel periodo erano le quattro, e poi suonava la chitarra finché non si stancava. A quel punto si ributtava a letto e leggeva numeri vecchi di dieci anni di National Geographic e Sports Illustrated alla luce di una lanterna a gas e cambiava continuamente stazione su una radiolina a batteria.”.
Ad un certo punto, un vecchio cavallo malconcio gli si piazza davanti alla porta e non si muove più. Al cerca di nutrirlo e curarlo ma questo resta impassibile. Non sapendo cos’altro fare, il nostro protagonista decide di cercare aiuto, sfortunatamente però la sua macchina non parte e dovrà quindi affrontare il gelo e i chilometri a piedi per poter trovare aiuto.
Il cavallo è forse un riferimento ad Al stesso, ormai invecchiato e stanco e vicino a mollare. Proprio l’animale viene usato come pretesto dal narratore per raccontarci la vita di Al: fin da piccolo appassionato di musica e deciso a farne la sua occupazione. Diventa chitarrista per varie band ma il suo vero talento è scrivere canzoni e l’autore ne dissemina a decine nel libro, spesso solo i titoli ma a volte anche il testo. Da notare che l’autore stesso è musicista. Seguiamo così la vita di Al, tra molti bassi e pochi alti, amori, avventure, generi musicali e tante canzoni.
Il romanzo sembra essere dedicato a tutti quei musicisti anonimi in cui tutti noi c’imbattiamo regolarmente e di cui spesso neanche ci possiamo immaginare le difficoltà che devono affrontare: la convivenza forzata con gli altri membri della band, il logorante ritmo delle tournée, la poca stabilità economica e ovviamente l’alcool e la droga. Il nostro protagonista è stato un alcolista e ci fa capire che una volta dentro, è veramente difficile uscirne, e anche se ci riesci, ricascarci è altrettanto facile.
Esattamente come negli altri suoi romanzi, Willy Vlautin ci porta ai limiti della società statunitense, ci fa vedere come possa essere un luogo di opportunità, per coloro che riescono a coglierle, per tutti gli altri invece, può diventare un mondo ostile e che ci mette pochissimo ad abbandonarti a te stesso.
In generale, consiglio questo libro a tutti quelli che hanno già letto un libro di Willy Vlautin e a tutti i musicisti.
Edizione esaminata e brevi note
Willy Vlautin, nato e cresciuto a Reno, in Nevada, è uno scrittore e musicista (Richmond Fontaine, The Delines). Oltre a “Il Cavallo”, è autore di sei romanzi: “Motel Life”, “Verso Nord”, “La Ballata di Charley Thompson”, “The Free”, “Io Sarò Qualcuno”, “La Notte Arriva Sempre”.
Vlautin Willy, “Il Cavallo”, traduzione di Gianluca Testani, Jimenez Edizioni, Roma, 2024.
Le recensioni dei libri di Vlautin qui su Lankenauta.
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