Bianchi Emanuela

L’ultima strega

Pubblicato il: 8 Agosto 2024

“Le streghe hanno smesso di esistere quando noi abbiamo smesso di bruciarle”, scrisse Voltaire. Verità soltanto parziale nel caso dell’Italia, e in particolare della Calabria del XVIII secolo, nel quale diverse donne, pur scampando il rogo, furono perseguitate col pretesto di influenze demoniache. Anche se non sappiamo, se condannata, che fine avrebbe fatto Cecilia Faragò; la cui vicenda è rievocata nel breve racconto “L’ultima strega” di Emanuela Bianchi.

Lo scenario è quello catanzarese del 1769, in quel di Soveria, nel quale la vedova ed ereditiera Cecilia, complici le maldicenze e l’ignoranza dei compaesani, venne incolpata della morte di don Antonio Ferraiolo – “gli faceva le mosse con la bocca, con due occhi allampanati, che mi sono spaventata […] Mentre il prete cantava si è strozzato, come se avesse un nodo in gola” (pp.33) –  e quindi accusata di magarìa, ovvero di stregoneria. Gli istigatori delle maldicenze furono due canonici del paese, evidentemente interessati ad appropriarsi dei beni di Andrea, figlio di Cecilia Faragò, entrato in convento anni prima e adesso in fin di vita. Per di più la Faragò era una sorta di erborista e questa attività evidentemente la esponeva più che mai ad essere calunniata come avvelenatrice; al punto di vedersi bruciare la casa da qualche esaltato e poi, dopo essere stata incarcerata e poi liberata, essere nuovamente rinviata a giudizio. Ma il senso di giustizia di questa donna era troppo forte per soccombere e di conseguenza non mostrava alcun timore: “Invoco il volto severo della Dea, stomacata dall’ingiustizia degli uomini. Buona per i buoni, cattiva per i malvagi; la giustizia è una lama a doppio taglio: ognuno raccoglie ciò che ha seminato” (pp.41).

Per sua fortuna si rivolse a un giovanissimo e tenace avvocato, Giuseppe Raffaelli, che portando il suo caso fino alla corte di Napoli, con un’arringa incalzante e in punta di diritto riuscì a scagionarla dalle accuse. Assoluzione che provocò conseguenze importanti, oltre al fatto che i due preti furono indagati per la calunnia: la circostanza fu determinante per l’abolizione, nel 1770, del reato di stregoneria nel Regno delle due Sicilie. La conoscenza delle vicissitudini di questa povera donna, oltre l’ambito catanzarese, si è avuta proprio grazie all’opera di Emanuela Bianchi, la quale in virtù del libretto del professor Mario Casaburi, “La fattucchiera Cecilia Faragò, l’ultimo processo di stregoneria e l’appassionata memoria difensiva di Giuseppe Raffaelli”, ha pensato bene di scrivere sulla vicenda uno spettacolo teatrale: “La magara”.

Scrittura che ha avuto un genesi difficile e che ha fatto riflettere Emanuela Bianchi nella sua veste di ricercatrice e antropologa, visti i silenzi che incontrava: “Inizialmente, durante le mie incursioni in paese [ndr: il borgo di Soveria Simeri] non riuscivo a parlare con le donne. Mi stavano evitando? Erano a casa o al lavoro? […] Non riuscivo ad avere informazioni, eppure dal 2001 era stato intitolato un giardino pubblico a Cecilia Faragò, e quel silenzio mi pareva molto strano. Davvero una storia così lontana era ancora un tabù? Il solo nominare Cecilia Faragò apriva un insolito conflitto sociale, una ferita irrisolta per la comunità. Qualcuno la difendeva, altri la denigravano” (pp.53).

In sostanza “L’ultima strega” sintetizza la versione originaria della “magara”, ma, pur nell’estrema brevità, il lettore non si troverà di fronte un puro e semplice saggio o un semplice racconto: si coglie perfettamente l’originale linguaggio teatrale e soprattutto, come scrive la stessa Emanuela Bianchi, la rappresentazione di come “ogni donna che esce dal recinto cui è stata confinata può ancora fare paura” (pp.56).

Edizione esaminata e brevi note

Emanuela Bianchi, antropologa e attrice catanzarese, ha studiato all’Università di Roma La Sapienza. Allieva di Paolo Vignolo (Ecole des hautes études en sciences sociales di Parigi) e della coreografa Marta Ruìz (Adra Danza, Colombia), nel 2004 ha costituito la compagnia teatrale “Confine incerto”, che si occupa di teatro ludico-sensoriale, teatro antropologico e teatro interattivo in spazi non convenzionali.

Emanuela Bianchi, “L’ultima strega. Una storia vera dalla Calabria del XVIII secolo”, Oligo (collana: Piccola Biblioteca Oligo),  Mantova 2024, pp. 64. Prefazione di Roberto Alessandrini

Luca Menichetti. Lankenauta agosto 2024