Qualche intelligente interprete delle Sacre Scritture ha più volte ricordato come i fondamentalisti cristiani – che pure la materia dovrebbero conoscerla a menadito – ignorano grossolanamente la parabola della zizzania e del grano; il cui senso possiamo tradurre con le parole di Papa Francesco: mentre i servitori sono impazienti di estirpare la zizzania, “Dio invece sa aspettare. Egli guarda nel campo della vita di ogni persona con pazienza e misericordia”.
Ammesso, ma soprattutto non concesso, che tra i protagonisti del romanzo di Silas House ci fossero delle persone assimilabili alla zizzania, il fondamentalismo diventa motore della crisi del predicatore evangelico Asher Sharp. Predicatore ancora giovane, che ha la sfortuna di vivere in una piccola città del Tennessee, dove, in tutta evidenza, è vietato non soltanto avere delle crisi di coscienza, ma pure offrire rifugio a degli uomini non proprio in linea col credo religioso predominante. La famiglia Sharp infatti si ritrova nel mezzo di una devastante alluvione e, da buoni cristiani, si sono sacrificati per aiutare i vicini allo sbando. Ma Asher fa qualcosa di più, totalmente in contrasto con la moglie, donna ortodossa fino al fanatismo: salva e dà ospitalità a una coppia gay.
Da quel momento per il pastore le cose cambieranno completamente: dopo un discorso tutto tolleranza e partecipazione, peraltro rilanciato dai social, attaccato dalla sua stessa congregazione è costretto a dimettersi; e i rapporti con la moglie precipitano. E’ vero che gli si aprirebbe finalmente l’opportunità di una nuova vita, se così vogliamo intendere la sua fuga da quel contesto tossico; ma l’affetto per il figlio Justin, ragazzino insolito nella sua profonda impressionabilità, lo porterà a ficcarsi nei guai in maniera rapidissima. Separato e con il figlio affidato ad una moglie sempre più incattivita, sempre più intrappolata nei suoi pregiudizi religiosi, teme che Justin possa venire condizionato dall’ambiente fondamentalista della famiglia e della congregazione. Quindi, senza via d’uscita, letteralmente ottenebrato dall’affetto, tenta il tutto per tutto e porta via dal Tennessee il suo Justin; ovviamente commettendo un grave reato. Destinazione Key West, città situata nel “punto più a sud” degli Stati Uniti, nell’arcipelago delle Florida Keys. Il perché di questo luogo così lontano lo si capisce presto e non soltanto per evitare di essere rintracciati dalle autorità: per ritrovare il fratello di Asher, Luke, anni prima sacrificato dal perbenismo e dal pregiudizio della sua famiglia iper ortodossa. Dopo una fuga complicata, giunti a Key West passeranno molte settimane in cui padre e figlio dovranno darsi da fare per vivere decentemente e alla fine troveranno un certo equilibrio grazie all’ospitalità di Bell, donna che ha conosciuto la discriminazione, e alla vicinanza con Evona, che affascinerà Asher ma a cui non potrà nascondere le sue profonde inquietudini. Insomma, protetti fisicamente e moralmente da due donne problematiche come loro. Sarà poi l’incontro sorprendente col fratello Luke, sorprendente anche per la sua attività, a dare la forza ad Asher e prendere la decisione giusta per lui e per il figlio; sacrificando così la sua libertà, magari prima di quanto avesse pensato.
In sostanza i livelli di lettura in cui può essere analizzato “Il punto più a Sud” sono probabilmente molti di più rispetto un qualsiasi romanzo contemporaneo. Sicuramente rappresenta una bella storia, ben scritta, con personaggi delineati in tutta la loro complessità; nonché ottimistica – anche se la fine dei protagonisti è lasciata in sospeso – in virtù del cambiamento profondo e redenzione di un uomo dominato da un’educazione retrograda ed anche violenta.
L’aspetto però forse più onesto del romanzo è proprio la capacità di comprensione della natura umana da parte di Silas House; che vuol dire evitare il manicheismo proprio dei fondamentalisti. Anche se la denuncia del bigottismo di parte della società americana – da cui possono scaturire importanti riflessioni sul voto politico e l’influenza sociale di personaggi come quelli presenti nelle cosiddette congregazioni – risuona chiara e forte, House, che – potrà sembrare strano – è membro della Chiesa episcopale, se ne guarda bene dal descrivere la vita spirituale come una iattura. Il “punto più a Sud” rappresenta semmai la possibilità di vivere la religione in maniera introspettiva e assolutamente priva di pregiudizi.
Edizione esaminata e brevi note
Silas House, ha scritto diversi romanzi, è autore di opere teatrali e di saggistica creativa. I suoi scritti sono apparsi su New York Times, Atlantic, Advocate, Time, Garden & Gun e altre pubblicazioni. Ex commentatore di All Things Considered della Npr, ha vinto il Nautilus Award, lo Storylines Prize della NAV/New York Public Library, l’Appalachian Book of The Year, un E.B. White Honor e molti altri premi, tra cui il Southern Book Prize in Fiction per L’ascesa di Lark.
Nel 2023 è stato nominato “appalachiano dell’anno” in un sondaggio nazionale e ha ricevuto il prestigioso titolo di “poeta laureato” del Kentucky.
Silas House, “Il punto più a Sud”, Jimenez, Roma 2024, pp. 320. Traduzione di Gianluca Testani
Luca Menichetti. Lankenauta, ottobre 2024
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