Viaggio al monte analogo (sottotitolo: Monte Cocuzzo. La montagna-arca), dell’antropologo ed etnologo Mauro Francesco Minervino, è un libro che nasce e si sviluppa come una sintesi ponderata di esplorazione geografica e culturale, ricerca interiore e declinazione di impressioni poetiche attinte da un territorio speciale. Si tratta appunto del Monte Cocuzzo, cima di oltre 1500 metri situata nella provincia di Cosenza, in prossimità della costa tirrenica. Formata da rocce dolomitiche, costituisce una delle ultime propaggini dell’Appennino al Sud e rappresenta per l’autore un luogo “totemico”, con un magnetismo e una ricchezza di suggestioni che non riesce a trovare in nessun altro ambiente – tanto che lo paragona alla montagna Sainte-Victoire (in Francia, nei pressi di Aix-en-Provence), capace di ispirare profondamente il pittore Paul Cézanne, che la ritrasse molteplici volte.
Il suo stesso nome è carico di risonanze suggestive: Cacutium in latino, dal greco kakós kytos, “pietra cattiva”, «cava o cavità malvagia», come Minervino spiega (p. 29), con una radice sanscrita ancor più remota che lo accomuna etimologicamente al Caucaso. La sua forma puntuta, l’asprezza ma anche la grande apertura di orizzonti dei suoi sentieri e tutto il bagaglio di storie e tradizioni che vi ruotano attorno lo rendono per lui una meta irrinunciabile, capace di toccare le corde del ricordo e della nostalgia – molto bello il capitolo dedicato allo straordinario pane che, quando era piccolo, veniva ancora fatto da queste parti – ma anche quelle dell’interesse storico e antropologico – interessante in particolare il capitolo dedicato a una figura molto popolare in questa zona: quella di Giufà (o Schijuà), «il finto sciocco, il vagabondo nomade e girovago che riesce a proporsi per l’arguzia, l’originalità delle soluzioni, e per la comicità che scaturisce dal suo strano agire» (p. 54). L’autore illustra le analogie con altri simili archetipi del folklore di popoli mediterranei e non, come, tra gli altri, Giuvà in parte della Sicilia, Dxuhai in Albania, Hodja in Anatolia, Giuccà in Toscana, oppure, cambiando nome, Meneghino a Bologna, Juan el tonto in Spagna e, andando verso il Nord Europa, Der dumme Hans in Germania.
Insomma, le stesse tradizioni e radici linguistiche del territorio del e intorno al Monte Cocuzzo sembrano aprirsi a ventaglio come i suoi paesaggi, facendone una sorta di snodo del pensiero e dell’interiorità, se è vero che qui l’autore ritrova se stesso ogni volta che ci torna, e infatti ne parla, fin dal titolo, come del suo “monte analogo”, riferendosi al romanzo postumo dello scrittore francese René Daumal Il Monte Analogo (uscito in Francia nel 1952 e giunto in Italia nel 1968): qui si racconta il viaggio di un gruppo di alpinisti che veleggiano per mare fino a raggiungere questa strana montagna, situata in un punto imprecisato del pianeta, e che un po’ ricorda Atlantide, un po’ il Purgatorio dantesco, ed è popolato da abitanti dalle provenienze le più diverse e portati alla speculazione filosofica. Così, in sostanza, è il Cocuzzo per Minervino. Particolarmente significativo, in questo senso, l’ultimo capitolo, “La montagna-arca e i suoi Testimoni”, che si apre con parole potenti: «La Montagna è il legame tra la Terra e il Cielo, tra la vita e la morte, tra l’umano e l’inumano. Discesa agli inferi o ascensione, la montagna di monte Cocuzzo è una di quelle immagini archetipiche in grado di trasformarsi in un luogo-arca che si estende anche al di là dei confini che ci sono noti» (p. 97).
Luogo archetipico, dunque. Perché anche i luoghi – ne sono intimamente convinto e ne scrivo spesso –, hanno una loro energia, capace di risuonare con alcune persone meglio che con altre. Del resto, come ci insegna la stessa fisica quantistica, l’informazione è nella materia, e secondo me anche lo spirito. Il simbolo, insomma, è in sé significato. Da qui la forza di queste rocce e del cibo povero ma nutriente che per secoli è stato fatto in questi luoghi – l’impasto del pane buono di un tempo, come leggiamo nell’elegiaco capitolo “I paesi del pane e del silenzio”, cui prima alludevo, nel quale la prosa di Minervino si fa poesia e quasi nobile filastrocca («Qui il pane si rinnovava ogni ora, la donna cuoceva e impastava, cuoceva e impastava», p. 79), rivelandosi capace di dire le cose evocandole con immediatezza e innescando una singolare alchimia letteraria, una digestione segreta dello spaziotempo che la montagna stessa sembra piegare, come lui in seguito scrive con una sorta di omaggio alla relatività einsteiniana, oltre che al Monte Analogo di René Daumal: «È uno di quei luoghi potenziali “che hanno la proprietà di curvare lo spazio intorno a sé”».
E se la suggestione del film Interstellar di Christopher Nolan, che l’amore sia capace di attraversare il tempo penetrandone i cunicoli come la gravità, possiamo dire che il Monte Cocuzzo – sul quale nell’ultima sezione del libro l’autore inserisce tutta una serie di citazioni letterarie – è veramente un luogo dell’anima capace di interagire con regioni profonde della sensibilità dei visitatori – o almeno di quelli vocati ad ascoltare la sua voce.
Edizione esaminata e brevi note
Mauro Francesco Minervino è professore di Antropologia Culturale ed Etnologia. Tra i suoi libri ricordiamo La Calabria brucia (Ediesse, Roma 2008, Premio Internazionale Fondazione Carime per la Cultura Euromediterranea 2009), Statale 18 (Fandango, Roma 2011). Stradario di uno spaesato (Melville, Pisa 2017). Ha tradotto e curato il volume di George Gissing, Verso il Mar Ionio. Il Sud di un vittoriano (Exòrma, Roma 2023). Ha vinto il Premio Internazionale di Filosofia Karl-Otto Apel (2014) e il Premio Nazionale Umberto Zanotti Bianco – Italia Nostra (2022). È autore di programmi per Rai Radio3, Rai-Libro e Rai Educational, come 42° parallelo – Leggere il ’900, Babele-Magazine e Le Meraviglie. Dal 2004 collabora alla redazione della rivista “Nuovi Argomenti” e dal 2022 è editorialista del “Corriere della Sera” – corriere.it, su cui tiene la rubrica di commenti antropologici e approfondimenti culturali Minimi Tropici.
Mauro Francesco Minervino, Viaggio al Monte Analogo. Monte Cocuzzo. La montagna-arca, Oligo Editore, 144 pp, con illustrazioni.
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