La ricerca della verità è una sfida ai demoni della propria coscienza
Pochi avvenimenti possono dirsi più scioccanti per una persona che trovarne un’altra sepolta viva – per un tempo assai effimero – dentro una rudimentale e sadica bara in un terreno di sua proprietà. Ipotizziamo che ciò costituisca solo una sorta di antipasto al piatto forte, ad un avvenimento che toccherà quest’uomo nei suoi affetti più cari. La tensione narrativa potrà allora crescere ancora di più, in maniera esponenziale. In tal caso, il nostro protagonista – e per suo tramite il lettore – potrà trovarsi magari coinvolto in una ricerca della verità e in una caccia, senza sosta, ossessiva, dove il tempo è importante quanto il buon esito, perché di nuovo c’è una vita in gioco, che stavolta tuttavia può essere ancora salvata.
Se dal campo delle ipotesi ci trasferiamo in quello assai più dettagliato di un articolato intreccio narrativo, con tanto di nomi e cognomi, luoghi, vicende, scansioni temporali, possiamo allora dire di trovarci, nel caso concreto, di fronte a un libro che funziona alla perfezione.
Lo scenario è quello di una cittadina della provincia americana, dove tutti si conoscono o quasi, le vite s’intrecciano indissolubilmente, una famiglia di forestieri miliardari regna indisturbata senza però amalgamarsi con la comunità locale, sconvolta, nei suoi equilibri più o meno stabili o precari, da un omicidio e un successivo delitto presunto o in fieri.
A investigare, per caso e per necessità, troviamo un originale e appassionante detective: ex avvocato, ex procuratore distrettuale, un animo ecologista, una sorta di punto di riferimento dei suoi concittadini che gli hanno regalato l’appellativo di “zio George”. Si tratta di un uomo sinceramente innamorato della legge e della giustizia, ma è spinto nella sua indagine anche da quello che potremmo forse definire un certo karma, un bagaglio ingombrante di rimorsi del passato e potenziali rammarichi futuri.
Nella sua investigazione sul crimine consumato, così come nella sua caccia alla persona da salvare, due piani d’indagine che si rivelano sempre più strettamente collegati, il nostro protagonista e io narrante, è profondamente coinvolto e altrettanto si sente coinvolto il lettore. Il suo disperato tentativo di identificare chi ha barbaramente stroncato una vita e potrebbe fare altrettanto (o averlo già fatto di nuovo), passa anche attraverso un doloroso percorso che lo obbliga a guardare in faccia i demoni della propria coscienza, sfidarli e per quanto possibile metterli a tacere.
Il lettore si affeziona ai personaggi di questa storia, alle vittime reali o potenziali, a questo insolito e umano investigatore. Ma allo stesso tempo non dimentica gli appassionanti rebus da sciogliere di cui è disseminata la narrazione.
E non lo dimentica neppure il nostro autore, che ci regala un thriller di solida struttura, ricco di suspense, ritmi serrati e un sorprendente epilogo. Un romanzo dove, insieme a tutto il resto, sono altresì presenti i tipici ingredienti di un giallo in piena regola, antico e moderno, secondo la migliore tradizione ma riadattato agli anni ottanta in cui è ambientata la nostra storia. Uno di quei libri che nelle ultime pagine lasciano il lettore felicemente spiazzato.
Precedente pubblicazione venerdì 26 aprile 2024 sul blog di Leonardo Nuti: https//: www.leonardonuti.it
Edizione esaminata e brevi note
Hugh Pentecost, pseudonimo di Judson Philips (Northfield, 10 agosto 1903 – Canaan, 7 marzo 1989), scrittore statunitense di polizieschi, è stato anche scrittore di testi teatrali e articoli di giornale, produttore teatrale e conduttore radiofonico. Ha frequentato la Columbia University e durante gli anni universitari ha scritto il suo primo racconto: Room Number Twenty-Three. E’ stato il terzo presidente del Mystery Writers of America. Nel 1973 ha ricevuto il Grand Master. Ha creato vari personaggi ricorrenti in altrettante serie di romanzi. Come Pentecost ha firmato la serie dell’ispettore Luke Bradly, del columnist Grant Simon, dell’esperto in pubbliche relazioni Julian Quist, del barbuto pittore donchisciottesco John Jericho, del simpatico e amaro Uncle George Crowder e ha creato Pierre Chambrun, direttore del Beaumont, lussuoso albergo di New York, spesso costretto a risolvere casi di omicidio. Con il nome vero di Judson Philips nel 1964 ha fatto debuttare Peter Styles, un giornalista che combatte una sorta di crociata personale contro il crimine. Nel 1979, con lo pseudonimo di Philip Owen, ha scritto Mystery at a Country Inn.
Hugh Pentecost, Paura a Lakeview, titolo originale: The Copycat Killers, traduzione di Pia Janin, 1983, Mondadori (Settimanale n. 1934), data di pubblicazione: 23 febbraio 1986, pp. 144.
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