Benicchi Beatrice

Non per cattiveria

Pubblicato il: 16 Dicembre 2024

Le bugie hanno le gambe corte? Dipende. Quando a raccontare di bugie è una ex cestista professionista, lei sì dalle gambe lunghe, forse diventano lunghe almeno un romanzo. E che romanzo. È uscito lo scorso settembre per Gramma Feltrinelli e credo di averlo letto in poco meno di una settimana e solo perché le ferie erano ormai finite, altrimenti sarebbe stato il libro da mangiare in una notte. Ricordo di averlo iniziato e di averne subito parlato, anzi chattato, col mio amico labronico Pal, quello del laboratorio di scrittura del martedì, USAofilo più di me, amante e sostenitore della superiorità della letteratura americana su tutte. Gli scrissi: Pal, ho iniziato questo libro di una certa Benicchi e mi sembra una perla, una cosa a sé rispetto al magma letterario generale italiano, pur con tutte le sue eccezioni: questa secondo me se la gioca con alcune scrittrici e scrittori americani di quelli che piacciono a noi. Ci stavo leggendo dentro il dolore ovattato di Amy Hempel, qualche spruzzo di Raphael Bob-Waksberg, con la sua gloria devastata e grottesca, e persino un po’ del soffio e della poesia morbida e amara di Saunders. Una copertina e un incipit che “fulminano” per un libro che parla di fulmini, quelli dentro e fuori dalle persone che lo popolano.

Ogni anno in tutto il mondo mille persone perdono la vita per colpa di un fulmine. Io non sono tra queste. Mi chiamo Anna Lané e quando avevo nove anni sono sopravvissuta a una saetta che mi ha colpito la mano sinistra. Più del 70 per cento sopravvive come me, ma siamo una specie rara lo stesso, molti meno di coloro che muoiono punti da un’ape o per aver ingoiato una nocciolina”.

Anna Lané è una sopravvissuta al colpo di una Natura che ci ha ripensato in extremis, forse perché improvvisamente si è ricordata che ai suoi genitori era già morto un bambino, quando lei aveva due anni.

Anna Lané è “una rimasta”, direbbero mio figlio e i suoi amici, tutti genZ, quella a cui, per un pelo, appartiene anche Benicchi, visto che è una classe 1995. Quella generazione figlia di noi che ci chiamano X, quei genitori che spesso non sanno fare da guida perché loro stessi devono finire di crescere e proteggono i loro figli o troppo o troppo poco, ancora preda del dominio del loro ego.

Anna Lané ha ventiquattro anni e vive con un padre-ragazzino, Vincenzo, che si è fermato, o è regredito, alle collezioni di figurine dei calciatori dopo la morte del figlio maschio, fratello di Anna, e la successiva separazione dalla moglie, una magistrata anaffettiva e pragmatica come i suoi capelli a caschetto. Vincenzo è un pavido barista che ormai ha trovato nella macchina del caffè la sua zona di conforto e di popolarità; Anna è la sua piccola amica e complice, che lui chiama Annetta. Vivono nella grande casa della nonna, la stravagante madre di lui, ludopatica pittrice che alleva rettili in teche sparse nella luminosa zona giorno e hanno buoni rapporti con i vicini, una madre e un figlio coetaneo di Anna, Toni. Tutti quanti si troveranno, loro malgrado, dentro una bugia costruita proprio sulla casa e sul “talento” della nonna. Una menzogna all’inizio piccola e poi grande, che li inghiottirà, ognuno con il loro dolore, la propria infanzia sfilacciata, il  proprio lavoro che amano o che odiano, la propria idea di sé, che chissà se è quella adatta al mondo, quella che un Dio ha pensato per loro. Una storia che si dipana tra il microcosmo rurale che vede la protagonista bambina e poi ragazza e una Milano cinica, egoista, che tanto chiede e poco dà, ma nelle cui trame scorre pur sempre quel poco di amore necessario alla vita; solo che a volte è troppo poco ed è troppo annacquato, quasi insapore.

“Non per cattiveria”, in fondo, è un un inno alla procrastinazione, alla fuga: racconta di chi scappa, cercando di ritardare il momento. Lo facciamo tutti, ognuno ha il suo passaggio da allontanare; non siamo cattivi, siamo così.

“Mi sforzo di pensare che perdere tutti questi giorni abbia, per noi, un significato segreto ma congeniale, come fosse uno dei tanti livelli di un gioco che possiamo vincere solo se diventiamo grandi. Dobbiamo solo arrivarci allenati. Allo sfinimento. Alla noia.”

Edizione esaminata e brevi note

Beatrice Benicchi è nata a Lucca e vive a Rimini. Si è laureata in Comunicazione media e pubblicità alla Iulm e ha lavorato come copywriter in alcune agenzie di comunicazione. Fa parte del progetto editoriale Inland, magazine indipendente con base a Copenaghen, dove pubblica reportage di viaggio da luoghi estremi del mondo.

Beatrice Benicchi, “Non per cattiveria”, Feltrinelli Editore (marchio Gramma), pp.288 prima edizione settembre 2024

 

Elena Marrassini, Lankenauta dicembre 2024