Il pregio principale del romanzo di Caterina Perali, “Come arcipelaghi”, è quello di aver affrontato dei temi a dir poco controversi – quelli che parlano bene li definirebbero “divisivi” – come le nuove forme familiari e relazionali, la procreazione assistita, con atteggiamento ben poco giudicante, semmai con estrema curiosità. Curiosità su un mondo che molti di noi conoscono giusto per sentito dire; ed in cui Caterina Perali, come ha più volte raccontato, è capitata per caso, avendo conosciuto una donna che stava affrontando un percorso di procreazione assistita in Spagna. Anche nella finzione romanzesca la protagonista, Jean, donna di circa quarant’anni, che vive in un condominio di ringhiera a Milano – proprio la stessa dei precedenti “Crepa” (13lab ed. 2015) e “Le Affacciate” (Neo ed. 2020) – per pura casualità ascolta la nuova vicina di casa che grida “Mi basta il suo sperma!”. Presto Jean scoprirà che quell’urlo non nascondeva nessuna pretesa sessuale; semmai una sorta di protesta nei confronti una madre evidentemente ben più che perplessa di fronte alla sua decisione di intraprendere un percorso di procreazione assistita in Spagna. Paese che, a differenza del nostro, permette la fecondazione eterologa.
E’ da quel momento che Jean, che già cura una rubrica denominata “Sostegno generico”, si ritrova a intraprendere un sostegno tutt’altro che generico: ovvero ad accompagnare nel suo percorso la vicina di casa Chiara, seppur fra mille dubbi e interrogativi che questo incontro inaspettato le ha suscitato, anche e soprattutto sulla sua vita privata, sulla sua relazione a distanza con Carlo.
L’incontro inaspettato fa riflettere su aspetti che pure dovrebbero essere scontati ma che, nella nostra società apparentemente iperindividualistca, evidentemente non sono: “Il concetto di interdipendenza vale per tutti. Anche per chi non vorrebbe averci tra i piedi. Siamo arcipelaghi nel mare dell’esistenza, l’acqua che ci schizza addosso è la stessa per tutti. Cambia solo il vento. Non avere rapporti con gli altri non è un lusso, è un’illusione, anche se continuiamo a farlo (pp.108).
Pur trattando delle materie a dir poco controverse, le tante perplessità di Jean fortunatamente nel romanzo sono vissute mantenendo un procedere molto disinvolto, naturale, senza sospensioni affettate o eccessivamente distaccate, grazie soprattutto alla scrittura di Caterina Perali. Peraltro l’autrice non si limita ad un racconto degli stati d’animo; piuttosto nel romanzo troviamo anche un linguaggio medico, specialistico, che riguardano gran parte dei meccanismi legali e scientifici che ruotano attorno alla PMA – si pensi al momento in cui Jean trascrive il colloquio tra Chiara e la dottoressa Belen – ma sempre ricondotto ad una maggiore godibilità grazie a diverse trascrizioni di messaggi WhatsApp tra le protagoniste.
Il fatto che Caterina Perali non si volesse limitare a raccontare una storia di vita, ma anche approfondire, capire e far capire come funziona tecnicamente il percorso di una Chiara, probabilmente è evidenziato dall’aver adottato delle note a piè di pagina, proprio come si potevano trovare in alcuni romanzi sperimentali di molti anni fa. Anche se sempre scritte con una punta di ironia e soprattutto senza quella seriosità tipica delle notazioni che troviamo in tutti i saggi.
Un romanzo quindi costituito da tante riflessioni ma non gratuite, come quelle che potrebbero essere fatte da chiunque di noi all’oscuro di quello che ruota intorno la PMA. Semmai basate appunto su delle basi solide di conoscenza che l’autrice si è costruita dopo più di un anno di ricerche, contatti con medici specialisti, studi legali, associazioni, ma soprattutto – come ha raccontato la stessa Perali in un’intervista a Gianluca Garrapa – dopo aver incontrato una donna “che aveva appena deciso di tentare un percorso di Procreazione Assistita in Spagna, essendo single e quindi impossibilitata legalmente a farlo in Italia”. Il fatto poi di aver spostato la narrazione sui nuovi modelli di famiglia piuttosto che sulla maternità in quanto tale, ha reso la narrazione meno pesante di quanto lei stessa pensasse. Dopo aver letto “Come arcipelaghi” probabilmente ogni lettore sarà dello stesso avviso dell’autrice: una lettura che riesce benissimo a mantenere dei toni definibili non tanto leggeri – la leggerezza è impossibile quando si affrontano certi argomenti – quanto brillanti e ricchi di ironia.
Edizione esaminata e brevi note
Caterina Perali (Treviso, 1975). Dopo gli studi a Venezia si sposta tra Genova e Lisbona. Ora vive tra Treviso e Milano, in un quartiere chiamato Isola, dove lavora nella produzione di spot pubblicitari. È stata autrice televisiva e collaboratrice per riviste di teatro e food and beverage. Tra le sue opere il romanzo “Crepa” (13Lab Edizioni, 2015), nonché “Le affacciate” (Neo edizioni, 2020.
Caterina Perali, “Come arcipelaghi”, Neo edizioni (collana “Dry”), Castel di Sangro 2024, pp. 160.
Luca Menichetti. Lankenauta, dicembre 2024
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