Non ricordo come sia arrivata a Mohamed Ba. So solo che questo libro, “Il tempo dalla mia parte”, era tra i miei desiderata. Con un po’ di pazienza, alla fine, l’ho comprato e letto. Trattasi del primo romanzo in lingua italiana del drammaturgo, attore, musicista, mediatore culturale e scrittore senegalese Mohamed Ba. Un romanzo scritto con discreta arte. Ba dimostra di saper padroneggiare in maniera degna la nostra lingua ma di non aver messo da parte le radici che lo tengono ben saldo alle sue tradizioni e alla sua terra. Perché ne “Il tempo dalla mia parte” sembrano incontrarsi e mescolarsi, con una certa destrezza, gli universi culturali di cui l’autore si è nutrito e si nutre. Nelle sue parole si ritrova il mondo magico e lontano d’Africa, comprese le sue contraddizioni e le paure, ma anche la sottigliezza e la spontaneità di un uomo che ha viaggiato e sofferto per divenire quel che è. Arrivato in Europa con un volo da Dakar, Ba è approdato prima in Francia e poi è giunto in Italia. Esattamente come Amed, il protagonista de “Il tempo dalla mia parte”, un personaggio che è suo alter ego, voce narrante ma anche simbolo ed incarnazione di tante storie e tante esistenze.
A Jolof, la terra d’Africa in cui Amed è nato, giungono da ogni dove persone in fuga da guerre e massacri. Il villaggio accoglie chiunque ma non è abbastanza ricco per sostenere tutti. A queste difficoltà si aggiunge una siccità mai vista. “La terra iniziò a seccare come un dattero dimenticato al sole del deserto, divenne dura quanto la pietra“. Anche Bur, il sovrano di Jolof ed ultimo guardiano del baobab sacro, è morto. I segni della sventura sono lampanti. Uno dei due tamburi sacri è stato rubato e portato via da un europeo molto tempo prima e Bekor, la bestia del Nord, è pronta ad investire la terra di Jolof col suo vento di sabbia e il suo bacio devastatore. La salvezza sta tutta nella nascita di Biran, una sorta di bambino magico che, appena sarà diventato adulto, avrà il compito di partire alla ricerca del tamburo rubato per riportarlo a casa e mettere così fine alla lunga siccità. Infatti Biran, accompagnato da altri giovani di Jolof, parte per l’Europa ma non farà mai ritorno. Dopo molti anni, toccherà ad Amed partire. Il suo compito è preciso: ritrovare il tamburo e riportarlo a Jolof. “A mia disposizione c’erano solo due cose: la consapevolezza che la prima tappa di Biran era stata a Parigi e un taccuino compilato da mia madre e dalle donne rimaste a Jolof che riportava nomi e, a volte, indirizzi di coloro che erano partiti per l’Europa“.
Amed viene accolto a Parigi da un freddo che non conosce. La scadenza del visto lo tramuta, nell’arco di poco, in un clandestino e, nell’arco di altrettanto poco, in un individuo a rischio. Infatti viene fermato ed arrestato. Inutile spiegare ad un giudice sempre più irritato che nonostante la distanza e le apparenze, fin da bambino lui ha parlato, ragionato, scritto e vissuto secondo regole imposte dai francesi durante secoli di colonizzazione. Il popolo di Jolof è stato costretto a diventare popolo francese ma ora la Francia lo rinnega. “Volevo che sapesse che l’Africa non c’era più. I figli di coloro che sono rimasti sul continente sono stati divisi da frontiere e lingue diverse. Ba il pastore è diventato musicista; Fai l’agricoltore è diventato sarto; Mbup il griot è diventato usuraio; Mbow il calzolaio vive nelle discariche. Gli anziani passano il tempo nei luoghi di culto aspettando l’ultima chiamata, i giovani sognano tutto ciò che viene dall’Occidente“. Al giudice tutte queste considerazioni non interessano ed Amed viene condannato a tre mesi di carcere e spedito a Nizza. Uscito dalla prigione, senza sapere dove andare e cosa fare, Amed viene adescato da una donna che, dopo averlo privato di tutto, lo convince a partire per l’Italia nascosto nel bagagliaio di un’auto.
La ricerca di Biran non ha dato grandi frutti. A Milano, Amed è ospitato in una comunità di conterranei. Deve vendere in strada accendini o fazzoletti di carta ed impara presto a conoscere la diffidenza e la freddezza di chi lo liquida con un frettoloso “Siete in troppi” o con un “Già fatto” o con un “Vai a lavorare”. Amed rimane sulle tracce di Biran che pare essere passato anche per il capoluogo lombardo e, nel contempo, riesce a prendere confidenza con la lingua italiana grazie a Radio Maria che scandisce perfettamente la “Parola del Signore” consentendo ad Amed di capire ed imparare. Nonostante le speranze e nonostante i tentativi, Amed non riesce a trovare Biran. Ne immagina il destino, i pensieri, le sofferenze fino a sentirlo dentro di sé come parte di se stesso: “Aveva preso le mie stesse parole, il mio stesso corpo, il mio stesso dolore di una vita di rifiuti sulla strada. Avevamo condiviso tutto, anche se in tempi diversi, fino a diventare una cosa sola, condividere un’anima. Era il soffio di Jolof, il profumo della speranza dei nostri padri, che ci aveva guidato sulle stesse vie. Cercare lui era inseguire me stesso“. E la ricerca di un tamburo sacro, per Biran come per Amed, diviene una tortuosa strada di crescita, di conoscenza e di consapevolezza. “Cerca il sapere, perché prima o poi sarai tu a dover gestire ciò che avranno trovato gli altri“: il consiglio del nonno di Amed diviene atto concreto. Il senso del viaggio di Biran prima e di Amed dopo, quindi, non sta nel ritrovamento del tamburo, ma nella ricerca di una conoscenza, un battito personale da far pulsare fino ad ottenere un ritmo più grande: ognuno deve combinare la propria parte con quella degli altri fino a raggiungere l’armonia comune.
Amed scende quindi fino a Lampedusa, “percorrendo la corrente dei disperati a ritroso“. Mohamed Ba immagina e descrive, con estrema delicatezza ma anche con nitida autenticità, la speranza di centinaia di migliaia di africani che provano a raggiungere le coste d’Europa a bordo di imbarcazioni che spesso non arrivano neppure ad avvicinarsi alla destinazione. Il mare nostrum diviene così solo cimitero nostrum. Ba raccoglie quelle esistenze e le fa racconto perché non siano state consumate invano. “Non posso accettare che moriate doppiamente. Anche voi dovete prendere parte a quel battito ritmato che riunisce tutti i popoli“.
Edizione esaminata e brevi note
Mohamed Ba, “Il tempo dalla mia parte“, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2014.
Pagine Internet su Mohamed Ba: Controrazzismo / Facebook / Invisibili(video)
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