“L’analisi si arroga il diritto, dal punto di vista psicologico, di rendere comprensibili certe scelte dell’adulto. Poiché svela certe aree cieche, come fa l’ipnosi, è una rivelazione. Per esempio, cosa potrei scoprire sul mio conto? Un mucchio di cose. Ma io mi rifiuto di scoprirle… sarebbe una rovina per me, mi libererei di foschi segreti e di incubi, di ambiguità ed eccitanti conflitti ” (p. 46).
Forse Jack Kerouac fu animato davvero da una buona dose di presunzione, quando nel 1945, appena ventitreenne, partorì il suo primo romanzo, rimasto peraltro inedito fino al 2003. Orfeo emerso in effetti racconta in modo certamente autobiografico le vicende interne a un piccolo nucleo di amici universitari, rivisitate e rilette alla luce del misterioso affascinante e atemporale mito di Orfeo, il Musico del Sole che grazie alla sua magica musica incantò – tra gli altri – Caronte, Cerbero e i Giudici della morte, sconfiggendo il nefasto destino che l’aveva separato dall’amata Euridice. Nato dall’incontro con Allen Ginsberg, William Burroughs e altri compagni di viaggio che diedero vita alla Beat Generation, Orfeo emerso raccoglie in poco più di 120 pagine molteplici suggestioni della gioventù intellettuale del tempo, curiosa di aprirsi alla vita secondo un percorso culturale a tutto tondo che spaziasse attraverso la letteratura, la musica, la filosofia, l’esoterismo e la trascendenza, rileggendo e attualizzando la tradizione arcaica e primordiale con i suoi miti ancestrali, e interiorizzando e rielaborando, in chiave artistica e al contempo esistenziale, tanto l’antimorale nietzscheana che la psicanalisi freudiana, trovando il minimo comune denominatore narrativo nel ricondurre tutto al loro motivo primo: l’inconscio. Da questa breve premessa vi sarà chiaro che il testo in questione costituisce un importante tassello, stranamente per anni dimenticato, per andare alle radici della letteratura kerouakiana e per capire lo stato emotivo quasi schizofrenico di una generazione di intellettuali che passava – come è facile capire anche e soprattutto da questo libro – dall’esaltazione alla depressione con estrema facilità, perché convinta che l’arte (riconducendo ad essa la totalità e la pienezza dell’esistenza), non solo letteraria, fosse una delle porte, forse la più importante, per avvicinarsi alla trascendenza, al mito e all’idea di assoluto.
Questa è la storia di un gruppo di amici, studenti universitari che si ritrovano spesso per discutere di narrativa, musica classica, poesia, filosofia e psicanalisi. Tra di essi spiccano due figure in netto contrasto, quella di Paul, giovane che vive di espedienti e unico non iscritto ad alcuna facoltà, e quella di Michael, l’intellettuale del gruppo, che vive con una donna di dieci anni più grande e che soffre di un forte disagio esistenziale. Ci sono anche Anthony, Marie, Leo, Julius, Arthur e Maureen, ma risulterà ben presto chiaro come la storia ponga al centro della narrazione Paul e Michael, fino a fagocitare, quanto meno nei motivi narrativi, le figure di contorno. Michael nega in un primo momento di conoscere Paul, ma è a tutti lampante che qualcosa di importante li unisce. L’epilogo, al quale Kerouac avvicina il lettore con cadenze da melodramma, svelerà il mistero, nel momento in cui sulla ribalta salirà l’ultimo – fino a quel momento solo fugacemente evocato – personaggio: la bellissima Helen.
Oltre a Nietzsche e Freud vengono evocati, a seconda della circostanza e sempre in modo compiaciutamene letterario (intellettualistico, direbbe qualcuno), Rimbaud, Goethe, Eliot, Blake, Joyce e Dostoevskij. Vi salterà all’occhio quanto i letterati citati siano accomunati, pur con estetiche assai differenti, dai motivi dell’indagine esistenziale e dell’inconscio, tutti fini tessitori delle psicologie dei personaggi narrati. Pur nell’apparente groviglio intellettuale, Orfeo emerso denota una sorprendente consequenzialità ideale, favorita dall’agile struttura e dalla capacità di Kerouac di limitare al minimo le presenze e i dialoghi meno rilevanti. Certo c’è compiacimento, è innegabile, e una gradevole ingenuità propria ai ventenni, una voglia di filosofeggiare e di sondare l’insondabile, di indagare ciò che forse è ancora troppo nebuloso; ma si scorge la “volontà di potenza” – d’obbligo citare Nietzsche, dato che Kerouac apre con una discussione sullo Zarathustra –, nel ricercare e ricreare “l’oltre” attraverso la scrittura. Questa presunzione del giovane Kerouac non va stigmatizzata negativamente, pur facendo le dovute critiche, perché qui vi sono i germi di un’ambizione che divenne realtà, di un movimento artistico e culturale che ha portato nuova linfa alla letteratura del Novecento, e non soltanto alla letteratura, costituendo un elemento di rottura e rivoluzione che ha influenzato più generazioni.
Certo, leggendo Sulla strada, I vagabondi del Dharma o Il dottor Sax, considerati suoi capolavori, si noterà una forma molto differente e più libera di narrazione dello scrittore americano. In effetti questo Orfeo emerso, che potrebbe risultare ora un romanzo, pur atipico, sulla nostalgia delle passioni giovanili, ora un tentativo di intellettualismo in erba un po’ massimalista, come logico per un ventenne, ha dei toni e delle modalità espressive molto più acerbe e costruite rispetto a quelle del Kerouac letterato compiuto. Ma è pur sempre un’opera prima, e in qualche modo anche coraggiosa, come avrete inteso. È comunque un omaggio alle grandi passioni, alla letteratura, alla musica, alla bellezza che non conosce luogo, dimensione e tempo. Un omaggio a un mito che ha ispirato i grandi poeti e gli spiriti eroici: Orfeo, attraverso il quale il futuro padre della Beat Generation ebbe l’ambizione di legare la tradizione classica a un’epoca di rivoluzione e di speranza che almeno in letteratura è riuscita a trovare, nel tempo, anche grazie ad artisti come Jack Kerouac, il suo sentiero per avvicinarsi all’idea d’assoluto.
“Silenziosi, i tre amici entrarono nel Boulevard Bar. Era vero che non avrebbero mai più rivisto né Paul né Michael – come Leo aveva predetto – ed era altrettanto vero che non si sarebbero mai fatti un’idea di quanto era realmente successo quella sera finché, parecchie settimane più tardi, tornando da una lezione, Arthur trovò una lettera nella propria cassetta della posta. C’era scritto: ‘Amenehmet contempla la bellezza del sole!’ ed era firmata Orfeo. Arthur ricordava la citazione dai suoi studi sulla storia dell’antico Egitto; solo allora comprese, seppure confusamente, il vero significato di tutto quello che era successo” (p.125).
Federico Magi, luglio 2009.
Edizione esaminata e brevi note
Jack Kerouac (Lowell, Massachussets, 1922 – Saint Petersburg, Florida, 1969), romanziere e poeta americano.
Jack Kerouac, “Orfeo emerso”, Mondadori, Milano, 2003. Scritto nel 1945. Titolo originale: “Orpheus Emerged”. Traduzione di Chiara Spallino Rocca.
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