“Io sono etrusco e a noi i maya e gli atzechi ci fanno una sega. Comunque niente di tutto questo. Mi ha fatto capire che la corsa è truccata. Ma non so se scherzasse o se parlasse sul serio” (pp.180). Così l’ex ciclista Eugenio Bollini che per l’occasione – quella corsa che non si capisce bene se sia taroccata o meno – non è più ex ma è tornato a inforcare la bici e a sfidare un gruppone incredibile di campioni ed ex campioni delle due ruote. Otello Marcacci, in “Gobbi come i Pirenei”, aveva già raccontato le vicissitudini di questo gregario vispo e dotato di una “sana mediocrità”, ma evidentemente il passa parola dei lettori ha incoraggiato la scrittura di un sequel, questa volta più che mai caratterizzato da una sorta di “fantasport”: il racconto di una Parigi-Dakar in bicicletta con la partecipazione di professionisti impeccabili come Miguel Indurain, Paolo Bettini ed anche di Lance Amstrong, Floyd Landis e di altri illustri dopati, non può essere chiamato altrimenti.
Questa delirante Parigi – Dakar alla fin fine diventa una sfida che servirà a Bollini per affrancarsi da un’esistenza che, dopo il ritiro, è diventata parecchio complicata: la tonicità di un tempo è solo un ricordo, il rapporto con la seconda moglie traballa, con i figli, indifferenti e ostili, va ancora peggio. È proprio il racconto di Bollini ancora non alle prese con la sfida africana a riservare le pagine più anarchiche e ricche d’ironia, tanto che la critica ha scritto di un romanzo “picaresco”. Non sappiamo se questo sia l’aggettivo più adatto per inquadrare le pagine di Marcacci. Di sicuro il pensiero potrà andare alle cosiddette zingarate in virtù della comune origine toscana di autore e personaggio, e di un umorismo e di una goliardia che sembra scaturire con grande spontaneità ma senza il sarcasmo cattivo del Perozzi e compagnia. Il Bollini di Marcacci è un uomo in crisi, con un conto in banca prossimo allo zero, circondato da amici a dir poco improbabili, che cerca di rimettersi in sella, prima soltanto in senso metaforico e poi in senso letterale. Prima di ricevere la proposta indecente di partecipare ad una Parigi-Dakar organizzata alla stregua di una sabbiosa Race Across America, “il paladino dei gregari” le prova tutte per scrollarsi di dosso i suoi guai, avendo come primo obiettivo la propria sopravvivenza e quella della sua famiglia allargata. Prima le deliranti terapie con gli amici dell’Anonima Depressi dove, col nome di Acquafresh, conosce Zanzara Assetata, Spider Pork, l’Omino Bialetti, Pigna Secca, Mototopo, Riccio in Letargo ed altri psicopatici in incognito; poi il coinvolgimento in una storiaccia di droga e sequestro di salme a causa dei traffici loschi del Duca, un specie di amico disadattato e molto naif: “Era un ultras vecchio stampo che di invecchiare proprio non se la sentiva, ma, soprattutto, un pendolare del vaffanculo, dal momento che tutti ce lo mandavano come una littorina dopo non più di due minuti che lo conoscevano” (pp.36). Le incomprensioni con la moglie, gelida e scostante (“era sempre impegnata a fare mille cose ed io, nel suo elenco, parevo non figurare”), il distacco dal figlio di primo letto, perennemente ostile al padre, completano il quadro di un’esistenza che viaggia spedita verso la depressione e il disfacimento dei più elementari rapporti familiari. In altri termini il racconto di Marcacci, nel quale forse non sono estranei elementi autobiografici, la malinconia, condita con dosi massicce di squallore contemporaneo, convive di pagina in pagina con una fervida fantasia, l’ironia più sfrenata e, a volte, con innocue parodie (si veda il Paperella assistente del commissario Colombo): conciliare dramma, tristezze, comicità, oggettivamente non è facile, ma nel nostro caso tutto viene tenuto insieme con una certa efficacia anche grazie ad uno stile e a un linguaggio disinvolto e confidenziale.
Quando poi le vicende di Eugenio Bollini, ormai deciso a riscattarsi, si trasferiscono tra le sabbie del Sahara a tu per tu con vecchie glorie e giovani dopati, i toni si fanno ancora più malinconici: l’intenzione del protagonista di vincere una sfida che va ben oltre la corsa ciclistica fa sì che l’ironia, pur presente, lasci spesso il passo al dramma e alla rappresentazione di un sacrificio personale, proprio come quello di un gregario che si rispetti; fino al raggiungimento di vittorie probabilmente inattese. L’epilogo, che in un baleno cambia le carte in tavola e riscatta appunto quella che sembrava una disgrazia irrisolvibile, fa pensare che le sfide dell’ex gregario Bollini non siano finite con la Parigi-Dakar su due ruote.
Edizione esaminata e brevi note
Otello Marcacci, (Grosseto, 1963) vive a Lucca. Ha pubblicato con Neo Edizioni il romanzo “Gobbi come i Pirenei” (2011). È autore anche di “Il ritmo del silenzio“ (Edizioni della Sera, 2012) e “La lotteria“ (Officine Editoriali, 2013).
Otello Marcacci, “Sfida all’Ok Dakar”, Neo Edizioni (collana Dry), Castel di Sangro 2016, pp. 272.
Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2016
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