Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis. O Jackie, come la chiamavano in molti. Donna ammirata ed adorata ma anche invidiata, vituperata e sbeffeggiata. Personaggio che, ad oggi, continua a mantenere il titolo indiscusso di icona di stile e d’innata eleganza. Figura carismatica del jet set planetario degli anni cinquanta, sessanta e settanta. First lady ma anche vedova del Presidente JFK. Sposa tradita e madre. Presunta amante del fratello del marito morto e poi moglie dell’anziano e ricchissimo armatore greco Aristotele Onassis. Un’esistenza passata, per lo più, sotto l’occhio invadente dei fotografi e la sorveglianza onnipresente, e non sempre discreta, dei servizi segreti. Jackie ha conosciuto ed attraversato gli eventi più drammatici ma anche più rilevanti della storia del Novecento. Lo ha fatto con l’apparente disinvoltura di una diva ma anche, e più intimamente, con la dolorosa coscienza di una donna che doveva mantenere il proprio contegno in ogni circostanza mettendo spesso da parte l’autentica se stessa, le sue paure, le sue frustrazioni e i suoi desideri.
Adriano Angelini Sut nel suo “Jackie” ha scelto di rendere voce a questa donna stra-ordinaria consentendole di raccontare la propria vita. Un’autobiografia immaginaria che nella realtà sarebbe stato davvero difficile, se non impossibile, realizzare. L’espediente messo a punto dall’autore è abbastanza verosimile: Jacqueline, ormai anziana e prossima alla morte, si racconta in prima persona al fratellastro Yusha Auchincloss, figlio del patrigno Hugh e della sua prima moglie Maya de Chrapovitsky. “Quando, all’inizio del 1994, ci rendemmo conto che a Jackie erano rimaste poche settimane di vita, iniziai a pensare con rammarico che non aveva mai scritto un libro. Era davvero un paradosso. Si era ritirata a lavorare come editor per la Doubleday, sceglieva libri da pubblicare, ma si era sempre rifiutata di scriverne uno suo, seppure in gioventù nutrisse discrete aspirazioni letterarie“. Quindi, grazie ad alcuni incontri avvenuti a New York, Yusha raccoglie la voce di Jackie. Il patto è chiaro: lei avrebbe parlato, lui avrebbe scritto. Il risultato è esattamente questo affascinante libro che, nonostante si dichiari fin da subito una sorta di romanzo, riesce comunque a dare la sensazione di una possibile verità, soprattutto sui tanti misteri e i tanti enigmi che hanno caratterizzato la “saga” dei Kennedy.
Jacqueline è figlia di genitori separati. Sua madre, Janet Lee Bouvier, ha sempre avuto un ruolo di forza e di invadenza nella vita di Jackie così come in quella di sua sorella Lee. Probabilmente una delle tematiche più interessanti dell’opera di Angelini Sut sta proprio nella descrizione del legame tra madre e figlia: la prepotenza emotiva e fattiva della prima, la voglia di rivalsa e di indipendenza della seconda. Jacqueline si sforza in ogni occasione di essere diversa da sua madre eppure, in ogni circostanza, riconosce di somigliarle e di comportarsi esattamente come lei avrebbe desiderato. Janet ha sempre preteso che le figlie facessero valere il proprio lignaggio francese ed aristocratico, più o meno autentico: tali origini potevano consentire loro di arrivare ovunque. Jacqueline aveva mantenuto con suo padre un legame di grande affetto, dettaglio che sua madre non le ha mai perdonato. Per lei l’uomo dal quale si era separata continuava a rimanere un ubriacone traditore e smargiasso. Educata a rispettare sempre e comunque l’etichetta, Jackie non era sostenuta da Janet: “sei ossuta, sgraziata, le spalle troppo grandi e poco femminile“. Questo significava che non avrebbe mai trovato un marito decente, un uomo all’altezza. Previsioni del tutto sbagliate, evidentemente.
Perché Jackie trova esattamente l’uomo potente, ambizioso ed affascinante che sua madre temeva non l’avrebbe mai degnata di uno sguardo: John Fitzgerald Kennedy. I due si conoscono agli inizi degli anni ’50 per intercessione di Charlie Bartlett e lei riesce ad attrarre il giovane Kennedy grazie alle sue doti di ragazza colta e cosmopolita. Jacqueline aveva già viaggiato molto, aveva conosciuto quei luoghi d’Europa che rimarranno sempre per lei rifugio e consolazione e si faceva notare negli ambienti più chic. Il matrimonio tra lei e JKF si celebra il 12 settembre del 1953 e da quel momento l’esistenza di Jackie prende il volo. Lui arriva a farsi eleggere Presidente degli Stati Uniti nell’arco di qualche anno. Lei gli rimane accanto nonostante i continui e nemmeno troppo segreti tradimenti. Jackie è la presenza che, come si rileva costantemente anche dalle pagine di questa opera, ha favorito l’ascesa politica di Kennedy. La donna che le folle aspettavano ed acclamavano, quella che riusciva a parlare francese, spagnolo, italiano senza troppi sforzi e che, anche per questo, sapeva creare legami con gente di ogni genere, dai capi di stato più autorevoli ai proletari più sfortunati. Colei che, con il suo stile, ha segnato anche il mondo della moda e dei costumi.
Tantissimi dettagli della vita di Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis mi hanno ricordato quelli dell’imperatrice Elisabetta, meglio nota come Sissi. Donne forti, costrette a rispettare un’etichetta. Entrambe appassionate di cavalli, entrambe in fuga costante da un ruolo che sentivano come troppo pesante o troppo pressante. Jacqueline, come Sissi, preferiva stare a una certa distanza dalla “corte” dei potenti. Tutte e due hanno perso dei figli, tutte e due hanno cercato riparo da occhi troppo curiosi ed invadenti, entrambe erano adorate ed ammirate per la loro bellezza ed hanno dato lustro al grande “impero” di cui erano emblema. Jacqueline mi è parsa l’esatta riproduzione di una sovrana dei secoli passati. Con tutti gli onori e gli oneri che questo ruolo comporta. Sissi è stata uccisa da un anarchico che si è servito di una rudimentale lima affilata, Jackie ha visto morire suo marito ucciso dai colpi di un’arma da fuoco. Lo spazio riservato all’assassinio di JFK è importante così come quello dedicato ai suoi misteri irrisolti, alle indagini, ai presunti complotti, ai dossier e agli insabbiamenti.
Nel libro di Angelini Sut, Jacqueline racconta la sua verità, il suo trauma. E non è necessario che la sua verità sia la verità assoluta. Qui basta sapere che potrebbe essere una possibile versione. La “magia” della letteratura serve anche a questo no? Ed Adriano Angelini Sut ci fornisce una possibilità. Chi cercasse in questo libro un reportage o un documento tecnico sui fatti di Dallas del 1963, sbaglierebbe di grosso. Qui c’è il racconto di Jackie, c’è lo sguardo di una donna e di una moglie che per tanto tempo non è riuscita neppure a ricordare né a parlare di quegli eventi. L’autore ha saputo rispettare la natura della voce narrante del suo libro. E’ evidente che, prima di affrontare un lavoro come questo, ha studiato e letto molto ma il valore aggiunto che ho rintracciato in “Jackie” sta soprattutto nella sua componente più sensibile e femminile. Ad Angelini Sut, quindi, il merito di aver costruito il “personaggio” Jacqueline nella maniera più rispettosa e delicata possibile, senza però precipitare in facili mitizzazioni o in esaltazioni fin troppo scontante. Jacqueline è e rimane una donna ed un essere umano con tutto quello che l’appartenenza al genere comporta. Le scelte che la First Lady più amata del mondo ha compiuto in seguito sono state denigrate e poco comprese eppure il matrimonio con il ricco Aristotele Onassis è parso solo il compimento di un percorso inevitabile: la ricerca di un uomo che fosse la trasposizione di suo padre. Figura rassicurante eppure fragile e transitoria. L’esistenza di Jacqueline ha avuto fine il 19 maggio 1994. Aveva solo 65 anni.
Edizione esaminata e brevi note
Adriano Angelini Sut, “Jackie“, Gaffi, Roma, 2015.
Pagine Internet su Jacqueline Kennedy Onassis: Wikipedia / JFK Library / White House / History.com
Pagine Internet su Adriano Angelini Sut: Twitter
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