Eichengreen Lucille

Le donne e l’Olocausto. Ricordi dall’inferno dei Lager

Pubblicato il: 13 Aprile 2015

Lucille Eichengreen in realtà si chiama Cecilia Landau. È nata ad Amburgo, in Germania, da genitori ebrei polacchi il 1° febbraio del 1925. Quindi quando Hitler conquistò il potere aveva appena otto anni. La Eichengreen ha cominciato a scrivere dei suoi ricordi e della sua terrificante esperienza nei Lager nazisti in età piuttosto avanzata. Il suo primo libro di memorie si intitola “Dalle ceneri alla vita” ed è uscito nel 1994. Mentre “Le donne e l’Olocausto. Ricordi dall’inferno dei Lager” è del 2011. Il titolo originale di questo libro, “Haunted Memories”, è forse più essenziale di quello scelto per l’edizione italiana e, come accade spesso, è anche più preciso: in questo libro, infatti, si parla anche di donne e Olocausto ma, prima di tutto, si descrive l’esperienza personale ed umana di Cecilia Landau.

Sopravvivere al ghetto di Lodz, ad Auschwitz, a Neuengamme e a Bergen-Belsen fu quasi un miracolo. Avevo otto anni e vivevo ad Amburgo, in Germania, quando Hitler salì al potere. Avevo vent’anni quando la guerra finì. Dodici lunghi anni di orrore, di privazioni, di umiliazioni, di fame: era stato questo il tributo pagato dalle donne, dai loro mariti e soprattutto dai loro figli“. Il padre di Cecilia viene arrestato nel 1939 e destinato a Dachau. Nel febbraio 1941 due soldati tedeschi comunicano alla famiglia che l’uomo è morto. Nell’ottobre dello stesso anno Cecilia, sua madre Sala e sua sorella Karin vengono stipate su un treno formato da diversi vagoni piombati, insieme ad altri mille e cento ebrei, e spedite nel ghetto di Lodz, in Polonia, dove le condizioni di vita sono a dir poco proibitive: poco cibo, poco denaro, poco spazio. La madre muore di fame e di stenti nel luglio del 1942 e pochi mesi più tardi, a Chelmno, viene assassinata anche sua sorella Karin. Cecilia rimane sola. Il responsabile del ghetto, Rumkowski, è un individuo a dir poco squallido. La Einchengreen sottolinea in diversi punti che questo individuo era solito chiedere favori sessuali in cambio di alloggi, di buoni per il cibo o di un posto di lavoro. Lei riesce a non arrivare al punto di soccombere alle turpi richieste di Rumkowski ma sopravvivere a Lodz è davvero complicatissimo.

Nel 1944 il ghetto viene sgombrato. La Eichengreen viene trasferita ad Auschwitz-Birkenau. Passa le selezioni di Mengele e rimane nel campo poco tempo perché già nell’inverno 1944-45 viene spedita nei dintorni di Amburgo per lavorare nei cantieri navali e per scavare a mani nude tra le macerie dei palazzi bombardati della città che un tempo ha abitato assieme ai suoi genitori. Nella primavera del 1945 Cecilia e molte altre prigioniere vengono trasportate nel campo di Bergen-Belsen. Ha solo vent’anni ma pensa che non potrà sopportare anche questa prova. Quando, il 15 aprile 1945, l’esercito inglese occupa il campo trova 17.000 cadaveri a cui si aggiungono altre 10.000 persone morte nei mesi successivi.

Le figure femminili che la Eichengreen ha incontrato nel corso di quei difficili anni incarnano e raccontano le numerose sfaccettature di uno dei momenti storici più difficili e dolorosi dello scorso secolo. Oltre a soffermarsi sulla figura dolce e sofferente di sua madre, Cecilia (o Lucille), recupera i volti, le parole e i gesti di altre donne conosciute e spesso perse lungo il cammino verso la liberazione. Dal ghetto di Lodz ci arrivano i racconti di Mira, la signora Roizenboim, un’ebrea convertita al cristianesimo con la quale Cecilia condivide un lauto pasto fatto solo di patate. Oppure Erika, la moglie del giudice Neumark, rimasta accanto a suo marito fino all’ultimo respiro e poi riuscita a venir fuori dal ghetto. Ma ci sono anche donne incontrate ad Auschwitz: Alice, arrivata nel campo di sterminio direttamente dal ghetto di Vienna, a cui i tedeschi passano anche un paio di zoccoli di legno che, al momento della distribuzione del cibo, venivano usati come recipienti per contenere la zuppa e passati da una donna all’altra per poi tornare ai piedi di Alice. Uno dei personaggi più intensi del libro è, senza dubbio, la dottoressa Gisa, un’ebrea ungherese specializzata in ginecologia. Rastrellata e portata ad Auschwitz, Gisa lavora accanto a Josef Mengele ed assiste alle aberrazioni a cui “l’angelo della morte” sottopone moltissimi prigionieri. “Quel mostro mi ordinò di segnalargli tutte le donne incinte del campo. Il suo unico scopo era quello di usarle per esperimenti medici, alla fine dei quali le madri e i bambini venivano uccisi. Fu allora che mi decisi: avrei fatto il possibile, tutto ciò che era in mio potere, perché non ci fossero più donne incinte ad Auschwitz“.

“Le donne e l’Olocausto. Ricordi dall’inferno dei Lager” è la testimonianza lucida e diretta di una donna sopravvissuta all’Olocausto. Lo stile è quello nitido ed essenziale di chi recupera i propri ricordi e desidera condividerli senza ricorrere ad alcun stratagemma letterario e senza aver bisogno di alcuna affettazione o ricercatezza. Come tutti i sopravvissuti anche Cecilia/Lucille ha dovuto attendere il tempo giusto per poter trasformare in parola qualcosa che era solo una sequela di ricordi dolorosi ed amarissimi. Serve indubbiamente molto coraggio per scavare nel tempo e nella propria memoria per riportare alla luce episodi tanto penosi. La Eichengreen è forse una delle poche testimoni oculari della Shoah che ha scelto di soffermarsi in maniera un po’ più attenta sull’universo femminile. Da queste pagine, quindi, emergono nomi e volti e voci di donne che, nella maggioranza dei casi non sono sopravvissute, ma che grazie alla forza e alle parole di Lucille Einchengreen (Cecilia Landau) possono tornare a vivere e ad incontrare la nostra attenzione.

Edizione esaminata e brevi note

Lucille Einchengreen, al secolo Cecilia Landau, è nata ad Amburgo nel 1925. I suoi genitori erano ebrei polacchi arrivati in Germania per sfuggire ai pogrom. Suo padre morì a Dachau nel 1941, sua madre nel ghetto di Lodz nel 1942 e, nello stesso anno, sua sorella Karin fu uccisa a Chelmno dove era stata deportata. Lucille è sopravvissuta al ghetto di Lodz, ad Auschwitz, a Neuengamme e a Bergen-Belsen. Dopo la liberazione, nel 1945, ha vissuto per un po’ a Parigi e poi si è trasferita a New York, negli Stati Uniti. Il suo primo libro di memorie si intitola “Dalle ceneri alla vita” ed è stato pubblicato nel 1994. Successivamente ha dato alle stampe “Rumkowski e gli orfani di Lodz” e “Le donne e l’Olocausto. Ricordi dall’inferno dei Lager”. Lucille Einchengreen ha insegnato in diversi college ed ha ricevuto anche una laurea ad honorem. Vive in California.

Lucille Eichengreen, “Le donne e l’Olocausto. Ricordi dall’inferno dei Lager”, Marsilio, Venezia, 2015. Traduzione di Errico Buonanno. Titolo originale “Haunted Memories” (2011).

Pagine Internet su Lucille Eichengreen: Wikipedia (en) / Remember.org / Spiegel