Guarducci Cristina

Malefica luna d’agosto

Pubblicato il: 1 Aprile 2015

Questo romanzo ha attirato la mia attenzione perché, nelle righe che accompagnavano la mail di presentazione, c’era scritto che si avvicina alle “atmosfere di Storia della città di K di Agota Kristof“. Ho letto (e riletto) tutto quello che della Kristof è stato pubblicato in Italia. Prima di tutto la “Trilogia della città di K” perché la “Storia della città di K” di Agota Kristof non è mai esistito. A parte la palese imprecisione compiuta da chi ha scritto questo messaggio promozionale, “Malefica luna d’agosto” non ha praticamente nulla del libro della scrittrice ungherese. Forse il richiamo è stato pensato per via di quella malvagità che potrebbe avvicinare alcuni dei personaggi dell’uno e dell’altro romanzo. Ma anche in questo caso credo che ci sia un errore: la cattiveria di cui sono imbevuti alcuni personaggi della “Trilogia” è ancestrale, adamantina, definitiva, irreversibile; la cattiveria di alcuni personaggi di “Malefica luna d’agosto” è solo una sorta di capriccio, il bisogno d’affermazione e di sopravvivenza figlio di frustrazioni più o meno infantili, un’opportuna corazza difensiva e, di conseguenza, mutevole, temporanea e guaribile.

Un libro fantastico, questo “Malefica luna d’agosto“. E anche grottesco, buffo, eccentrico, onirico. In senso quasi comico e, forse per questo, almeno per me, poco incisivo. Possiamo vederci tutti i simboli mitici e psichici che vogliamo, ma rimane una lettura leggera e stravagante. Quelle che ci si permette di fare di tanto in tanto, giusto per. Colpa mia, come al solito. Ho il limite di non appassionarmi al fantastico, di non trovarvi mai nulla di interessante né di particolarmente attraente. E questo caso non fa alcuna eccezione.

La famiglia al centro della vicenda passa le sue vacanze estive in un’afosa Maremma. Ogni personaggio è una sorta di caricatura, segnata a grossi tratti proprio come farebbe un disegnatore di fumetti. C’è una nonna visionaria convinta che l’anima del suo defunto marito si sia reincarnata nell’aggressivo e ringhiante cagnetto che si porta regolarmente appresso e che risponde al nome di Piermaria. C’è una mamma, Donna Marisa, che, nonostante i ripetuti amanti, gronda un sentimento appassionato e viscerale per suo marito Ugonotto il quale, al contrario, non la degna di alcuna attenzione e patisce ogni forma di affetto come il più terribile dei fastidi esistenziali. Poi ci sono i tre figli. Giuliano, il primogenito, rinchiuso da sempre in una stanza perché problematico, violento, incapace di pensare, parlare e (soprav)vivere. C’è Laurina una tredicenne dal fisico perfetto che riesce a far innamorare di sé l’imperturbabile playboy maremmano Tony. E poi c’è Daria, la figlia aggressiva, violenta, potente nei gesti e nelle parole, grottescamente pragmatica e furiosa col mondo.

A questi già di per sé strambi figuri si affianca Gaddo, il fratello volante di Ugonotto. Perché Gaddo è un uomo-pipistrello, il gemello nato male, come tutti i primogeniti della famiglia. Cresciuto in una gabbia, lasciato volare solo di notte per vergogna, allontanato assieme al suo fratellino normale dalla ricchissima famiglia d’origine e cresciuto da semplici contadini. A parte ricordarmi esteticamente e solo lontanamente Howl de “Il Castello errante di Howl” di Miyazaki, Gaddo è un essere crudele e spietato. Capace di scaraventare dall’alto tutto quello che desidera distruggere oltre che di violentare qualche pulzella solo per il gusto di divertirsi un po’. E quando questo uomo-uccellaccio dal volto e dal fisico perfetti si ripresenta in famiglia, cominciano una serie di stravolgimenti senza rimedio. Eppure l’intenzione di Gaddo è molto “terrena”: vorrebbe solo tornare in possesso di quell’eredità di famiglia che qualcuno, molto tempo prima, ha ingiustamente usurpato a lui e al suo inetto e terribilmente pavido fratello Ugonotto.

“Malefica luna d’agosto”, in sostanza, è una favola, considerando che Gaddo è pur sempre un animale. La morale, volendo trovarne una, potrebbe essere nelle parole della stessa Guarducci: “Anche gli atti più odiosi sono generati da una ferita che rende chi li compie, se non giustificabile, almeno comprensibile. E le più nobili virtù hanno sempre un risvolto antipatico“. Ecco perché l’odio di questi personaggi, alla fine, si scioglie e si ricompone. Perché è comprensibile e convertibile in qualcosa di diverso, persino nel suo esatto contrario.

Di certo Cristina Guarducci deve essersi divertita parecchio e la mia sensazione è che abbia lasciato andare i suoi personaggi dove volevano, senza faticare troppo nel tenerli a bada. Ha dato loro un corpo e una personalità e il resto, probabilmente, è venuto da sé.

Edizione esaminata e brevi note

Cristina Guarducci è nata nel 1958 a Firenze. A venti anni si è trasferita a Parigi dove ha lavorato come psicologa. Il suo romanzo d’esordio si intitola “Mitologia di famiglia” a cui ha fatto seguito “Nonchalance” prima e “Malefica luna d’agosto” poi. La Guarducci vive a Prato.

Cristina Guarducci, “Malefica luna d’agosto“, Fazi Editore, Roma, 2015.

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