“Sovvertimento dei sensi” è uno dei tre racconti pubblicati da Zweig nel 1927 all’interno di una raccolta che porta lo stesso titolo. Gli altri due sono “Tramonto di un cuore” e “Ventiquatt’ore della vita di una donna”. Garzanti ha scelto di pubblicarli separatamente. Ho trovato “Sovvertimento dei sensi” nella classica libreria di una grande stazione ferroviaria. Visto e acquistato, ovviamente. Letto in pochissimo tempo sia perché è un libro breve, sia perché Zweig è e rimane una sicurezza. La sua scrittura elegante e solida, la sua profondità e la sua passione hanno il potere di catturare sempre la mia attenzione. Certo, il suo stile osserva toni un po’ solenni, persino aulici ma è esattamente questo ciò che cerco, ed ogni volta trovo, in Stefan Zweig. Ed è esattamente questo che lo rende “rassicurante” ai miei occhi di lettrice.
“Sovvertimenti dei sensi”, come scritto, esce nel 1927. E, considerati i tempi, questo racconto ha del coraggioso. Un docente riceve un regalo dai suoi allievi e colleghi universitari per il suo sessantesimo compleanno. Si tratta della sua biografia. Il professore legge, tra quelle pagine, tutta la sua vita, i suoi studi, i suoi successi accademici, la sua luminosa carriera. Apparentemente c’è proprio tutto. Eppure, a ben guardare, il professore sa che in quella magnifica raccolta manca un evento importante e molto personale. “Del più gran segreto del mio sviluppo spirituale il libro non dice una parola: per ciò mi misi a sorridere. Tutto vi è detto bene, ma l’essenziale manca. Mi descrive, ma non mi spiega. Parla di me, ma non mi rivela. L’accurato registro contiene duecento nomi: ma ne manca uno, quello da cui ebbe vita l’impulso creativo, il nome di chi determinò il mio destino e che adesso mi richiama con forza alla mia gioventù. Di tutto fu detto, eccetto che di chi mi diede la parola e attraverso il cui fiato io parlo: e mi sentirei colpevole se vigliaccamente continuassi a tacere“.
E da qui prende vita il monologo personale ed intimo del professore. Torniamo indietro nel tempo e Roland, questo il suo nome, recupera i ricordi della propria giovinezza. Siamo agli inizi del Novecento e lui, come molti altri giovani, non ha molto a cuore la propria formazione. Forse perché sospinto a forza verso l’intellettualità da un padre un po’ austero, Roland detesta gli studi e la cultura scritta e finisce a mala pena il liceo. Costretto a frequentare l’Università il ragazzo ha l’unica libertà di scegliere filologia inglese invece della classica. La città dei suoi studi è Berlino ma, nell’arco di pochissimo tempo, Roland, lontano dal controllo paterno, si fa prendere dal turbine dei divertimenti e della dissolutezza tralasciando completamente gli studi. Amici, bagordi, feste, “femmine”. Fino al momento in cui il padre si presenta a sorpresa nella sua stanza berlinese e capisce esattamente cosa stia combinando il figlio. La soluzione arriva in automatico: trasferimento immediato presso l’Università di una città di provincia.
L’arrivo di Roland nell’aula della sua nuova Università è una sorta di epifania. “L’uomo, in mezzo a una ventina di studenti che gli si stringevano attorno, stava tenendo, a quanto mi pareva, un’arringa improvvisata […] Si capiva che probabilmente stavano parlando tra loro quando d’un tratto il professore con un salto si era seduto sul tavolo e, da quella posizione elevata, usando la parola come un laccio, se li era tirati tutt’intorno e li aveva immobilizzati al loro posto. E bastarono pochi minuti perché anch’io, dimentico di essere un intruso, sentissi magicamente la forza affascinante del suo discorso…“. E’ questo l’esatto istante in cui Roland conosce il suo maestro. L’uomo che non viene neppure nominato all’interno della biografia ricevuta per il suo sessantesimo compleanno. Tra l’insegnante e il suo allievo, infatti, da quel preciso momento nasce un legame spirituale ed intellettivo fortissimo. Roland trova una stanza nello stesso palazzo in cui vive il suo professore. Il dialogo e gli scambi dialettici tra i due sono frequenti. Roland si fa rapire dalla forza e dalla cultura dell’uomo tanto da divenire uno studente impeccabile, morbosamente legato ai suoi studi e alle sue letture.
Il rapporto tra il ragazzo e il suo docente di filologia inglese è profondo e coinvolgente ma viene tormentato dagli improvvisi sbalzi di umore dell’uomo che, di tanto in tanto, sparisce per qualche giorno lasciando il suo allievo nello sgomento più totale e tra i sensi di colpa più strazianti. Al suo ritorno, però, il professore riprende le fila del legame con lo studente che, ogni volta, si sente ripudiato e poi di nuovo amato. La confusione dei sentimenti conduce il nostro giovane protagonista a cupi tormenti interiori che Zweig sa descrivere in maniera impeccabile. Roland vorrebbe capire l’origine dei comportamenti tanto contraddittori del suo insegnante ma non riesce ad afferrare l’essenza di tale dolorosa incoerenza fino al momento in cui sarà lo stesso professore a rivelargli la sconcertante origine dei suoi comportamenti.
Ancora una volta la forza profonda del racconto si trova nella grandiosa capacità di Stefan Zweig di creare ritmi narrativi basati unicamente sugli eventi interiori dei personaggi. L’intreccio non è fatto solo dai fatti in quanto tali ma dagli effetti emotivi e psicologici che quegli stessi fatti sono in grado di generare nell’animo e nella mente di chi li vive. Le conseguenze del sovvertimento dei sensi vissuto sono quelle che Roland porterà dentro di sé per tutta la sua esistenza. “Spaventoso sovvertimento dei sensi che trasformava quell’attimo in infinito sbalordimento“.
Edizione esaminata e brevi note
Stefan Zweig nasce a Vienna nel 1881 da una ricca famiglia ebraica. Si laurea in Filosofia nel 1904. Appassionato viaggiatore, ha modo di conoscere numerosi luoghi del mondo e di incontrare alcuni tra i più importanti esponenti della cultura del tempo: Auguste Rodin, Hermann Hesse, James Joyce, Ferruccio Busoni. Zweig diviene famoso come romanziere, traduttore, biografo e librettista. La sua produzione letteraria è ricca e molto varia, anche se in Italia non tutti i suoi libri sono stati tradotti. Nel 1934 Zweig lascia l’Austria per spostarsi in Inghilterra e nel 1940 si trasferisce definitivamente negli USA al pari di tanti altri esuli ebrei. Il 22 febbraio del 1942, a Petrópolis, cittadina a nord di Rio de Janeiro, Stefan Zweig muore suicida assieme alla seconda moglie Lotte Altmann.
Stefan Zweig, “Sovvertimento dei sensi”, Garzanti, Milano, 2015. Traduzione di Berta Burgio Ahrens. Titolo originale “Verwirrung der Gefühle” (1927).
Pagine Internet su Stefan Zweig: Wikipedia / Sito dedicato (fr) / Casa Stefan Zweig (es)
Follow Us