Fereshteh Sari è una scrittrice iraniana. “Sole a Tehran”, pubblicato in Italia da Editpress in occasione dell’8 marzo 2014, in Iran non è neppure apparso: non sarebbe in grado di scampare alla scure della censura islamica. Eppure la Sari non fa che scrivere la verità: la sua. La storia di trent’anni di Iran è quella che lei racconta in “Sole a Theran”. Né più, né meno. Ovviamente la racconta così come l’ha vista e vissuta: da donna. Gli eventi si intrecciano, si sciolgono, si ricompongono, si dipanano con una certa velocità e, secondo il mio parere, anche con un po’ di disordine. Probabilmente avrei preferito maggior linearità, una composizione narrativa meno caotica, meno sconnessa. L’architettura del romanzo, per quanto mi riguarda, è vagamente disgregata: le voci narranti si sovrappongono costantemente; si passa dalla narrazione in prima persona a quella in terza persona senza molta logica; ci si muove sulla linea del tempo azzardando salti entro un arco di anni che vanno dal 1979 al 2009.
“Sole a Tehran” è un romanzo popolato soprattutto da donne. Donne iraniane. Studentesse universitarie alla fine degli anni ’70. Ragazze che partecipano alla rivoluzione, giovani che prendono parte alle riunioni politiche, determinate militanti di gruppi rivoluzionari decise a combattere accanto ai compagni per rovesciare il regime dello scià, pronte a farsi arrestare pur di difendere e portare avanti la propria battaglia. Eppure di quelle ragazze, di quella iniziale versione di Setareh e Nilufar cosa ne è stato? Le ritroviamo trent’anni più tardi e non sembrano più neppure le stesse. Di mezzo c’è stato l’amore, ci sono stati i figli e, soprattutto, c’è stato il tracollo di un progetto politico di portata storica. Un fallimento che ha messo l’Iran nelle mani degli ayatollah, in balia della loro sharia.
Il personaggio di Setareh occupa la prima parte del libro della Sari. Durante una manifestazione studentesca, Setareh si innamora di un giovane appartenente al Tudeh, il partito comunista iraniano. I loro furtivi incontri d’amore si mescolano agli impegni politici, alle riunioni, agli appuntamenti clandestini. Tra le migliori amiche di Setareh c’è Nilufar. Suo padre è un collaboratore dello Scià e viene ucciso dai rappresentanti del nuovo regime. Poco dopo la morte del padre, Nilufar perde anche sua madre ed è proprio durante una visita al cimitero che conosce Vafa, un ragazzo di cui si innamora e dal quale ha una figlia. Vafa non sa nulla della gravidanza di Nilufar anche perché, dopo poco, è costretto a sposare una cugina a lui promessa da tempo. Tra i vari personaggi c’è anche Roia, sorella di Vafa, che non conosce la verità sulla storia sentimentale che ha legato l’amica Nilufar a suo fratello.
Ora (fine anni 2000) Setareh e Nilufar hanno entrambi dei figli che studiano all’Università. Sono madri che vivono, da madri, le problematiche della nuova generazione iraniana. Si preoccupano fino a star male nel non veder rientrare a casa la propria figlia perché sanno che se non è tornata e se non risponde al cellulare è perché probabilmente è stata fermata ed arrestata. Magari perché non porta il velo. Magari perché indossa uno spolverino troppo corto o troppo colorato. Setareh e Nilufar sono donne che si portano addosso un fallimento politico importante e che vedono ricadere quel fallimento sul futuro dei loro stessi figli. Sono donne che bevono il tè e spettegolano un po’ come tutte le donne del mondo rimurginando su segreti che non riescono proprio a svelare. Hanno avuto tra le mani un’opportunità importante, hanno sperato di realizzare un sogno di libertà lasciandoselo però sfuggire dalle dita. E’ per questo che i loro figli scelgono di studiare in Svizzera. Si innamorano e convivono ma in Iran, questo, non si può neppure raccontare.
Il libro di Fereshteh Sari, dunque, è un affresco, abbastanza composito, di trent’anni di storia iraniana. E’, contemporaneamente, anche il racconto personale e sentimentale di un gruppo di donne. La sensazione è che la componente autobiografica sia spesso rintracciabile tra queste pagine, seppur dissimulata o immersa nell’invenzione letteraria. Un romanzo che mi ha convinta per i contenuti ma, come ho scritto all’inizio, mi ha lasciata perplessa sul piano dell’organizzazione e della struttura. Una perplessità a cui, da vecchia e forse polemica lettrice, non posso non associare anche il fastidio generato dalla presenza di refusi, rintracciabili soprattutto nella prima metà del romanzo.
Edizione esaminata e brevi note
Fereshteh Sari, “Sole a Tehran“, Editpress, Firenze, 2014. Traduzione di Anna Vanzan.
Pagine Internet su Fereshteh Sari: Google Plus / Scheda (Caroun)
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