“Ha senso ricordare così?“. In questa semplice domanda si potrebbe racchiudere il senso del pamphlet di Elena Loewenthal, “Contro il Giorno della Memoria”. Il titolo del libricino, a dire il vero, è fin troppo provocatorio ed estremo rispetto al suo contenuto. Certo, la Loewenthal compie analisi piuttosto severe, ma le sfumature del suo essere contro il Giorno della Memoria (o GdM) sono un po’ più morbide e sottili di quanto si potrebbe pensare. Nonostante il senso e il titolo, “Contro il Giorno della Memoria” è uscito proprio a ridosso del Giorno della Memoria del 2014. Un’operazione editoriale in piena regola che, ad onor del vero, la stessa autrice riconosce ma dalla quale, alla fine, non si è svincolata.
Ho letto “Contro il Giorno della Memoria” due volte, giusto per essere sicura di averne afferrato il senso. I presupposti da cui la scrittrice torinese parte sono solidi. Tra i punti saldi del discorso, infatti, vi è un assunto che non mi sento di smentire: l’ebraismo è assente dalla Shoah. Sembra un’assurdità ma, a ben leggere, non lo è: “… nella Shoah non c’è che l’afasia ebraica, l’essere ridotti in cenere e silenzio. Auschwitz è, sul piano dell’esistenza ebraica, un vuoto immenso, terribile. Un buco nero dove non c’è altro che morte. La vita e la storia ebraica non hanno parte in questa vicenda, se non quella di tacere, di non esserci più“. La conseguenza di tale asserzione non può essere che “La memoria della Shoah è di tutti gli altri, fuorché degli ebrei“. Fare i conti con la memoria non è affare ebraico, ma affare europeo, essenzialmente. Il fardello della memoria della colpa di quanto è avvenuto spetta agli altri. Ma riconoscere e sentire il peso della memoria di quella colpa non è spontaneo né automatico. Per questo è nato il Giorno della Memoria. Per ricordare a tutti, italiani compresi, che se è esistita la Shoah è perché qualcuno l’ha voluta, messa a punto, istituzionalizzata e realizzata concretamente.
La Shoah è, dunque, storia degli altri. E’ una storia che scotta, che ingombra e preme. Per questo, spiega la Loewenthal è troppo complicato assumersene la responsabilità morale e civile, per questo la si esorcizza puntando a “ritualizzare” il ricordo. Eppure il GdM, istituito in Italia con la legge n. 211/2000, non ha nulla del rito che, per sua natura intrinseca, prevede la ripetizione di una liturgia sempre uguale a se stessa. Il Giorno della Memoria, negli anni, si è tramutato in evento. Ciò implica un rinnovamento costante, la caccia di idee nuove, l’ansia di organizzare iniziative sempre diverse che possano catturare pubblico. Ecco, è contro questo Giorno della Memoria che si schiera Elena Loewenthal. E’ contro la “dismissione” del senso che il Giorno della Memoria dovrebbe contenere che si scaglia la scrittrice e traduttrice piemontese.
Lo snaturarsi della memoria ha condotto, per conseguenza logica, ad interpretare il GdM come una sorta di risarcimento nei confronti del popolo ebraico. Un indennizzo morale che, in ogni caso, non sarebbe neppure quantificabile. Agli ebrei, in verità, non serve ricordare la Shoah perché quello che è avvenuto è qualcosa che va ben oltre il ricordo. La Shoah per gli ebrei è una presenza “marcata da una immensa assenza collettiva: quei milioni che sono mancati all’appello“. In Israele la Shoah viene “celebrata” con un minuto di silenzio in cui tutti si fermano mentre le sirene emettono un suono assordante. Noi abbiamo il Giorno della Memoria che, divenuto evento, lascia pensare che sia rivolto a qualcun altro e non a se stessi. L’abbondanza di manifestazioni, reinventate ogni anno, lascia trapelare la paura della ripetizione, la noia della ritualità. “Da celebrazione introspettiva, il GdM si è ben presto trasformato in qualche cosa di diverso: un atto di omaggio al popolo ebraico“. Tale percezione del Giorno della Memoria lo ha svuotato del senso originario trasformandolo, come detto, in una sorta di risarcimento tardivo ad un popolo di sterminati. Nulla di più scorretto.
L’ideale sarebbe sentire il Giorno della Memoria come un qualcosa di proprio, di inevitabilmente irreparabile ma necessario a conoscere e riconoscere i propri orrori. Una spinta ad educarsi, a “divulgare il male per tenersene lontani“. Lo snaturarsi del GdM induce molti a compiere salti concettuali completamente fuori luogo: lo stato di Israele è nato solo grazie alla Shoah, ad esempio, oppure che gli ebrei fanno pesare politicamente a tutto il mondo lo sterminio subito, oppure che non ci sono molte differenze tra le SS di Hitler e l’esercito israeliano di oggi, oppure che non si capisce come mai gli ebrei debbano avere un Giorno della Memoria mentre altre vittime di genocidio non abbiano una giornata specifica a loro dedicata. Internet diviene, negli anni più recenti, veicolo preferenziale di accuse e contro accuse spietate in cui si raccolgono queste prese di posizione. La Loewenthal affronta ognuno di questi argomenti con estrema lucidità e facendo le doverose differenze.
“Contro il Giorno della Memoria” è, quindi, sostanzialmente un invito a restituire al Giorno della Memoria il suo senso vero. Il Giorno della Memoria, dunque, non è un omaggio agli ebrei, non è la celebrazione di una memoria altrui, non è un indennizzo a favore delle vittime. Continuare a considerarlo ciò che non è non potrà che fomentare ventate di negazionismo e antisemitismo più o meno latenti, quelle che sistematicamente prendono anima in Italia o altrove. Deviare o snaturare il GdM equivale a deviare e snaturare la memoria della Storia della Shoah arrivando a banalizzarla. Il 27 gennaio di ogni anno dovremmo imparare a guardare quel passato con lo sguardo attonito e muto dei primi russi che entrarono ad Auschwitz.
Edizione esaminata e brevi note
Elena Loewenthal, “Contro il Giorno della Memoria“, ADD Editore, Torino, 2014.
Pagine Internet su Elena Loewenthal: Twitter / Wikipedia / Accademia del silenzio
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