Giosuè, Elia, Saul, Geremia e Giona. Ecco le cinque figure bibliche descritte da Elie Wiesel in questo libro. Nella sostanza le biografie di cinque uomini. Perché Giosuè, Elia, Saul, Geremia e Giona prima di divenire personaggi biblici sono uomini. Uomini come tanti: difettosi, timorosi, iracondi o fallibili. Wiesel ce li fa conoscere uno alla volta dedicando ad ognuno di loro uno studio che va ben oltre la semplice analisi storica o biblica. Wiesel approfondisce il carattere, la psiche, l’indole e la personalità di ognuno. Si addentra nei loro animi muovendosi con agilità tra le Sacre Scritture e recuperando aneddoti, notizie ed insegnamenti. Spesso l’autore pone lunghe sequenze di domande. Un meccanismo utilissimo a generare curiosità ma che permette anche di confrontarsi con i limiti della nostra comprensione delle complesse e spesso imperscrutabili faccende divine. Infatti molte delle domande di Elie Wiesel sono destinate a restare senza risposta. “Cinque figure bibliche” si legge agevolmente perché è scritto in maniera chiarissima e lineare, perché tutto sommato è piuttosto breve e perché racchiude cinque storie affascinanti ed indimenticabili.
Giosuè. Entra in scena dopo la morte di Mosè come suo successore scelto da Dio. Una responsabilità non da poco. Giosuè è un guerriero valoroso, un comandante senza paragoni. Il migliore della storia ebraica, probabilmente. Un condottiero infallibile il cui nome, spiega Wiesel, “figura nell’aula magna di West Point come il primo e più eminente stratega e comandante della nostra civiltà“. La sua vita è stata lunga ed avventurosa ma costellata da una serie interminabile di guerre e di violenze perpetrate in nome di Dio “il cui nome è pace“. Come conciliare la guerra di Giosuè con la pace di Dio? Il suo Libro è una fredda cronaca di guerra, non contiene nulla di poetico né di commovente. Giosuè conquista città e regioni dopo pesanti assedi e qualche astuto stratagemma. Gli sconfitti sono regolarmente annientati ed uccisi. Wiesel si domanda perché tanta brutalità? Perché le battaglie condotte da Giosuè finiscono sempre con stermini di massa? Eppure gli ebrei sono sempre stati contrari alla guerra e il problema che presenta Giosuè è che lui non si oppone mai ad essa. Perché? La spiegazione di Wiesel: “Volle che Israele volesse la terra di Israele, combattesse per essa, pagasse per essa col sangue – ebraico e non ebraico. Perché Israele diventasse una nazione, doveva fare ciò che altre nazioni avevano dovuto fare da tempo immemorabile. Forse Dio voleva che Israele combattesse questa guerra una volta per tutte, in modo da perdere il gusto per la guerra“.
Elia. Salito in cielo tra un turbine di fiamme, trascinato via da un carro di fuoco tirato da cavalli di fuoco scesi improvvisamente dal cielo: è così che Elia parte dal mondo, lasciando solo e senza parole il discepolo Eliseo che è con lui. Il ritratto biblico di Elia, spiega Wiesel, è il seguente: “duro, indomito, crudele, irascibile, inflessibile, monolitico, un distruttore di falsi idoli e dei loro adoratori. Non parla: comanda. […] Uomo dalle decisioni drastiche, rifiuta debolezze e compressi. La sua severità e il suo rigore sono leggendari; non sorride quasi mai. Più che una persona è un destino“. Elia fa miracoli ma, come ogni profeta, predicendo anche ciò che di tragico avverrà. Non viene creduto e passa molto tempo in prigione. Viene punito da Dio perché Gli aveva obbedito fin troppo bene. Nella Bibbia è un uomo severo ed intransigente, soprattutto con i re ed i potenti. La figura dell’Elia successiva alla sua ascensione, invece, è completamente diversa. Il Talmud lo tramanda come un portatore di conforto e di speranza. Viene invocato e compie miracoli, appare a chi lo merita e rassicura chi lo cerca. Caritatevole e benigno, tenero ed amichevole.
Saul. Stiamo parlando di un re dal destino triste. Il profeta Samuele, richiamato da Saul dal regno dei morti per un consulto, non ha per lui parole di conforto. Il profeta, infastidito dalla sua chiamata, non gli lascia alcuna speranza: “I tuoi nemici ti sconfiggeranno in battaglia; morirai e, ciò che è peggio, il tuo regno morirà con te“. Ed è esattamente ciò che Dio ha previsto per Saul. Perché dopo di lui Israele sarà messa nella mani di re David. Eppure Saul non aveva neppure chiesto di divenire re. La sua vita muta dopo l’incontro col profeta Samuele che lo indica come nuovo re d’Israele. Saul assume il ruolo che gli viene assegnato e lo fa con passione e dedizione. Le guerre e le difficoltà lo rendono malinconico e sospettoso. Diffida di Samuele ma anche di David, un giovane fin troppo devoto e servizievole. Saul lascia di sé l’immagine di un re solo e sofferente eppure rimane una delle figure più commoventi della Bibbia, capace di ispirare, nel tempo, numerosi artisti: da Rembrandt a Gide, da Händel a Lawrance, da Rilke a Byron.
Geremia. Il libro di Geremia è forse tra i più poetici e suggestivi tra tutti. Geremia è spesso descritto come un uomo debole, facilmente riducibile alle lacrime. Eppure il Midrash spiega che non piange quando vede Gerusalemme distrutta dal nemico babilonese. Un evento che Geremia aveva previsto e che ha poi tramandato da testimone. All’inizio, come molti profeti, Geremia rifiuta la chiamata divina. E’ molto giovane e non si sente pronto, ma Dio lo vuole e Geremia diviene profeta suo malgrado. La sua profezia più importante, però, non viene ascoltata. Alla fine il popolo è adirato con lui perché rappresenta quel Dio che lo ha punito distruggendo Gerusalemme. Viene criticato perché sceglie di non rimanere con gli esiliati in Babilonia infatti si ritira nel regno di Giuda convinto di dover restare solo e morire solo.
Giona. Non solo Giona rifiuta di recarsi a Ninive per avvisare gli abitanti che Dio sarà costretto a punirli se non torneranno sulla retta via, ma decide di viaggiare in direzione opposta a quella indicata dal Signore. Si imbarca su una nave senza sapere neppure dove sia diretta. In mare, però, si scatena una furiosa tempesta. I marinai prendono Giona e lo buttano fuori dall’imbarcazione e, ad aspettarlo tra le onde, c’è una grande balena che lo ingoia e lo trattiene nel propro ventre per tre giorni e tre notti. Solo dopo questa avventura, Giona capisce che deve fare quanto Dio gli ha chiesto. Si reca a Ninive, proclama l’avviso divino e viene creduto: la città e i suoi abitanti sono salvi. Giona non è un vero profeta. E’ un “minore”, spiega Wiesel. Inoltre dalle scritture sembrano emergere non uno ma due Giona, vissuti in periodi diversi e di cui, comunque, si sa poco. Wiesel ne parla come di un uomo che vive passivamente tutta la sua esperienza, tranne forse per l’unico slancio autonomo: sfuggire alla richiesta di Dio. Giona rappresenta, in parole povere, un autentico antieroe.
Edizione esaminata e brevi note
Elie Wiesel è nato nel 1928 a Sighet, in Transilvania. Nel 1944 è stato deportato ad Auschwitz e, poco più tardi, a Buchenwald. Nei campi di sterminio nazisti ha perso i genitori e la sorella Zipporà. Fu liberato il 10 aprile del 1945. Dopo la guerra ha studiato e lavorato come giornalista in Francia, successivamente si è trasferito negli Stati Uniti, dove vive tuttora. Wiesel è autore di decine di romanzi, saggi e testi teatrali. Nel 1986 gli è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace. Wiesel è morto nella sua casa di Manhattan, New York, il 2 luglio 2016.
Elie Wiesel “Cinque figure bibliche“, La Giuntina, Firenze, 1998. Traduzione di Daniel Vogelmann. Titolo originale: “Five biblical Portraits” (1981).
Pagine Internet su Elie Wiesel: Wikipedia / Fondazione Elie Wiesel /Enciclopedia Treccani / Scheda Premio Nobel
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