“Il corvo” è la novella che Kader Abdolah ha scritto come “boekenweekgeschenk“, ossia libro-omaggio per la Settimana del Libro Nederlandese. Dal 1930, infatti, in Olanda si chiede a uno degli autori più amati e letti del Paese di scrivere una storia da poter offrire come omaggio a chiunque acquisti un importo minimo di libri. Ecco, “Il corvo” è nato così. La regola vuole che la novella non sia più lunga di 29mila parole e, nel 2011, anno in cui ad Abdolah ha scritto “Il corvo”, il tema proposto era “un ritratto scritto”. Con il suo “boekenweekgeschenk”, infatti, lo scrittore iraniano ha tratteggiato un ritratto, il suo. Quello di un uomo che, dopo molte fughe e peripezie, qualche viaggio pericoloso e stupefacente, è giunto in un Paese, l’Olanda, che lo ha accolto come rifugiato e gli ha insegnato la lingua che tuttora utilizza per scrivere le proprie opere.
Ho letto altri due libri di Kader Abdolah (“Scrittura cuneiforme” e “Il viaggio delle bottiglie vuote”), con “Il corvo” ho avuto la sensazione di trovarmi sempre di fronte alla medesima storia: un’autobiografia. Ovviamente ci sono sottili differenze, alcuni dettagli che spariscono e altri che germogliano, ma in tutti e tre i suoi romanzi ho trovato un Abdolah spinto verso di sé da una narrazione centripeta che lo porta costantemente sugli stessi temi. Affascinanti ed interessanti, ma comunque gli stessi.
L’incipit: “Lettore! Faccio il sensale nel ramo del caffè, e abito in Lauriergracht n. 37. Non è mai stata mia intenzione vendere caffè, ma così ha deciso la vita. Vengo da quella che un tempo si chiamava Persia, il paese degli antichi re, dell’oro, dei tappeti volanti, delle donne bellissime e di Zarathustra. In patria aspiravo a diventare scrittore, ma in Olanda è impossibile guadagnarsi il pane con la penna. È per questo che sono diventato commerciante di caffè. Quando non viaggio, vendo caffè nel piccolo negozio sotto il mio appartamento“. La voce narrante è quella di Refid Foaq, un nome fittizio, come ammette egli stesso poche righe più in là. È lui che, pagina dopo pagina, ci racconta il lungo viaggio verso un destino che ha desiderato fin da quando era bambino: diventare scrittore.
Il padre falegname che disegnava per diletto ritratti di grandi personaggi storici, un uomo che faticava a leggere, ma che portava sempre con sé il libro delle preghiere, spiega presto a tuo figlio che desidererebbe per lui un mestiere diverso: “… il padre di tuo nonno era un grande poeta. Devi cercare anche tu di diventare come lui“. Un’aspirazione che il giovane narratore vorrebbe mettere in pratica. Legge moltissimo ma presto giunge ad una considerazione: “… più crescevo e più leggevo, e più mi sentivo demotivato, perché mi rendevo conto che era praticamente impossibile arrivare un giorno a scrivere qualcosa che valesse davvero la pena di essere letto“. La risposta alle perplessità e ai dubbi di Refiq giunge dallo zio Jalal che lavora in un cinema aperto da un americano. Jalal spiega al ragazzino che il segreto di chi vuole scrivere è tutto in un’unica parola: immaginazione. “Quindi, giovanotto, pensa una cosa e rendila possibile. È quello che ha fatto Dio: ha pensato l’uomo e ha creato l’uomo. Ha pensato il sole e ha creato il sole. È questo il segreto“.
La storia minima di un giovane iraniano si mescola con la Storia di un Paese che sta viven13do mutamenti importanti e, in molti casi, fatali. Gli americani ormai da diversi anni hanno rimesso sul trono uno scià precedentemente fuggito. La Persia viene americanizzata fino al momento in cui, dopo una famosa rivoluzione, viene instaurato il regime degli ayatollah. Refid Foaq è un giovane uomo e, come tanti altri, lotta contro ciò che ritiene ingiusto. Lo fa anche con la scrittura ma, soprattutto, lo fa clandestinamente e, proprio per questo, ad un certo punto deve fuggire dall’Iran. Inizia il suo viaggio verso il Kurdistan, la Turchia e poi, nascosto in un tir, in Germania e, infine, in Olanda. Lì dove il suo sogno di diventare scrittore è divenuto reale.
Come tutti gli autori che scrivono in una lingua che non è la loro lingua madre, Kader Abdolah mostra una cura particolare per le parole. Forse perché prima di sceglierle deve “ragionarle” più a lungo. La sua scrittura è preziosa ed attenta, i suoi racconti mescolano in maniera impeccabile la magia e l’immaginazione dell’Oriente con la passione e la forza dell’Occidente. È un’arte meticolosa che si impara solo con enormi sforzi di volontà e l’immenso amore per la scrittura. Andare ad innestare tra queste pagine una serie di versi di poeti persiani e di poeti olandesi, non fa che rafforzare il desiderio di fusione tra culture e Paesi molto diversi tra loro.
“Il corvo” racchiude tutte le qualità che ho conosciuto nei libri di Hossein Sadjadi Ghaemmaghami Farahani (vero nome di Kader Abdolah), ne conserva il calore e il temperamento, l’immaginazione e la concretezza. Qui raccoglie l’appassionata memoria per una “casa” dalla quale è stato costretto a fuggire e la riconoscenza per una “casa” che ha costruito con fatica e alla quale deve tutto. Nei racconti della tradizione persiana è spesso presente un corvo. A differenza della cultura occidentale che vede in questo uccello un portatore di sventure e un simbolo nefasto, i persiani considerano il corvo come un messaggero, un testimone. Esattamente ciò che è divenuto Kader Abdolah.
Edizione esaminata e brevi note
Hossein Sadjadi Ghaemmaghami Farahani, questo il vero nome di Kader Abdolah, è uno scrittore iraniano nato ad Arak nel dicembre del 1954. La passione per la letteratura e la scrittura lo coinvolgono fin da bambino. Legge opere di autori occidentali mentre inizia a studiare Fisica presso l’università di Teheran. Pubblica alcuni racconti in lingua persiana e sceglie il proprio pseudonimo, Kader Abdolah, combinando i nomi di due esponenti dell’opposizione assassinati dal regime degli ayatollah. Nel 1985 abbandona l’Iran perché membro dell’opposizione. Vive in Turchia per qualche anno dopodiché si trasferisce, come rifugiato politico, nei Paesi Bassi dove vive tuttora. Impara da autodidatta la lingua olandese e per un anno studia Letteratura all’università di Utrecht. Inizia così a scrivere in olandese. Il suo esordio arriva nel 1993 con il libro di racconti intitolato “Le aquile” a cui fa seguito “Le ragazze e i partigiani”. Il suo primo romanzo arriva nel 1997 e si intitola “Il viaggio delle bottiglie vuote”. Negli anni a seguire pubblica, tra gli altri, “Scrittura cuneiforme”, “La casa della moschea”, “Il messaggero”, “Il re” e “Il corvo”.
Kader Abdolah, “Il corvo“, Iperborea, Milano, 2013. Traduzione e postfazione di Elisabetta Svaluto Moreolo. Titolo originale: “De kraai”, 2011.
Pagine Internet su Kader Abdolah: Sito ufficiale (nl) / Wikipedia / Scheda Iperborea
Follow Us