Sartori Andrea

Scompenso

Pubblicato il: 30 Marzo 2016

Alberto è un giovane studente universitario fuori sede impegnato nei Servizi sociali in quel di Venezia, disorientato al tempo stesso da nebbiosi scompensi emotivi e psichici che, più che un soggetto capace di soccorrere il prossimo, lo trasformano in un’anima bisognosa d’aiuto. Le sue giornate si colorano di episodi irreali, comici ma con sfumature agghiaccianti: equivoci che spingono una famiglia dei bassifondi a compiere rapine su consiglio (mai dato, in realtà) dello stesso Alberto, apparizioni di ignoti individui che gli indicano esplicitamente la via del suicidio, congetture bislacche e manie di persecuzione ordite dal datore di lavoro – tale Lorenzi – che lo costringono a vaneggiamenti di polanskiana memoria. Il tracollo psichico, inevitabile, viene curato e sorvegliato dalla paterna figura del dottor Riccò, grazie al quale il ragazzo trova la forza – sostenuta da una robusta terapia farmacologica – di laurearsi in Filosofia e chiudere la prima fase della sua vita con successo. Il rapporto stabile con Gioia – nomen omen – e l’inserimento nell’ambiente lavorativo non scacciano però il male oscuro: tormenti mai sopiti, l’11 settembre e il terrore diffuso riaprono le vecchie ferite che solo la medicina e un grande lavorio su se stessi possono, seppur temporaneamente, combattere.

Col felice esordio di Andrea Sartori la casa editrice romana Exòrma ripercorre il tema dell’equilibrio mentale e la lotta per salvaguardarlo già ravvisato in Per oggi non mi tolgo la vita dello scrittore sardo Alfonso Brentani. Già dal titolo però tra le due opere si ravvisa un accostamento differente al tema di base: in Scompenso c’è un minore ricorso all’umorismo, dietro il quale invece si trincerava tutto il romanzo di Brentani. Questo approccio si riscontra nel testo anche a partire della voce narrante, nell’autore sardo una sarcastica e scoppiettante prima persona, in Scompenso una terza misuratissima, attenta pure nell’elaborazione delle sequenze divertenti, che non mancano. La prosa di Sartori è granitica e uniforme, di sapore talvolta saggistico nell’esposizione ragionata e mai emotiva perfino in frangenti di pathos acuti, che segnalano un rapporto col narrato volutamente obiettivo e distaccato. Nella prima parte son distribuite immagini di efficace disorientamento ottenute per lo più in due modi: con un’ellissi narrativa che svela in differita i disastri compiuti dal protagonista, che lui stesso, annebbiato, aveva rimosso, e poi con una tecnica altrettanto stuzzicante che è quella del fraintendimento. La differenza di eloquio – involontariamente forbito e filosofico il suo, semplice e gergale quello dei suoi interlocutori – produce cortocircuiti di senso che ammazzano la comunicazione e il fraintendersi dà spunto a effetti tragicomici che si accavallano per tutta la storia. La seconda parte, quella del risveglio dalla follia, lamenta qualche inceppamento, forse voluto dall’autore, che si cristallizza in parentesi economiche un po’ troppo approfondite. Le intrusioni che più scalfiscono il romanzo però sono le teofanie televisive (Al Bano, La vita in diretta non meritano di giungere ai posteri per via letteraria).
“Mano a mano che le giornate occupate procedono, Alberto ha l’impressione che la banalità – che da filosofo ha sempre fuggito – sia l’autentico perno delle cose di questa terra e che, nel linguaggio ordinario, le frasi trite e ritrite, i luoghi comuni, siano l’unica risorsa pubblica di senso intorno alla quale far ruotare gli accordi e i disaccordi tra le persone, indipendentemente dalle loro differenze culturali, sociali, professionali” (pag. 249).
Questo passo sul linguaggio focalizza bene il percorso del protagonista – che inizia con “un’afa afosa” e termina con un inverno natalizio (quindi non così freddo, almeno simbolicamente) – partito da una follia individuale verso un’integrazione nella società, dunque nella follia collettiva (ben rappresentata col clima post-11 settembre). E il linguaggio è fortemente legato alla pazzia: il non capirsi, l’isolamento imposto dalla comunità e persino il non riconoscimento del delirio sono centrali nel romanzo. Lo scompenso di Andrea Sartori ha toccato sapientemente uno degli argomenti più letterari che ci sia e senza abusarne.
Ciò che più ci rassicura è sapere che, dopo tutti questi anni, Svevo e Berto non sono stati dimenticati.

Edizione esaminata e brevi note

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Andrea Sartori (Fiorenzuola d’Arda, 1972) ha pubblicato racconti e interventi critici su La poesia e lo spirito, in alcune opere di video-arte e nel catalogo Galleria in Galleria. Arte in metropolitana, a cura di G. Di Pietrantonio, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2005. In ambito filosofico, saggi e traduzioni sono pubblicati sulle riviste Quaderni di teoria sociale, Teoria, Fenomenologia e società, La società degli individui, nel volume Gloria dell’assente (Editrice Vicolo del Pavone, Piacenza, 2004), nel volume Hegel contemporaneo (Guerini e Associati, Napoli 2003) e prossimamente su Anfione e Zeto. Rivista di Arti e Architettura. (Informazioni biografiche tratte da qui)
Andrea Sartori, “Scompenso”, Exòrma Edizioni, Roma, 2010

Luca Martello