“Silenzi”. Al plurale, ad indicare come esistano diversi tipi di silenzio, alcuni davvero mortiferi e pericolosi.
Il breve libro di Sabino Chialà, monaco di Bose e studioso di ebraico e di siriaco, vuole essere insieme un invito alla riflessione e una provocazione. Niente risposte preconfezionate e ricette pronte per l’uso, niente facili elogi del silenzio, tentazione frequente specie in ambito monastico, solo un’offerta di approfondimento e l’invito, per ciascuno, a discernere la qualità del proprio tacere.
Attingendo alle testimonianze della Scrittura e all’insegnamento dei Padri del deserto o di altri che hanno riflettuto su questo, il libro offre alcuni criteri che aiutano nella comprensione del silenzio e in particolare nel discernimento della qualità del nostro silenzio.
Il punto di partenza è sempre antropologico: il silenzio è realtà umana imprescindibile, solo nella seconda parte si tratterà del silenzio nella vita cristiana e degli aspetti peculiari che può assumere in un itinerario di fede.
Il silenzio appartiene dunque al vissuto di ogni uomo, è irrinunciabile, ma ambiguo e parziale, nel senso che non è mai un bene in se stesso, né un bene assoluto. Ci sono silenzi che celano il mutismo, il disprezzo per l’altro, l’autoillusione, l’angoscia. A queste dimensioni negative e pericolose per lo spirito si affiancano i loro opposti: la comunicazione, la compassione, l’umiliazione e la pacificazione.
Sono luoghi dell’anima, dimensioni interiori che, con chiarezza, ci vengono illustrate per consentirci di scoprirle e analizzarle, ciascuno attraverso un proprio itinerario personale. È molto interessante notare come la dimensione interiore non sia vista come qualcosa di avulso dal corpo, ma ad esso si accompagni, l’uno aiuta l’altra e si influenzano a vicenda.
“Il prodigio del silenzio è giungere a parlare tacendo, a essere espressivi senza usare le parole, ad avere una vita silenziosamente eloquente, secondo l’invito di Ignazio di Antiochia: «È meglio tacere ed essere che parlare senza essere». Il silenzio è un modo diverso di comunicare e, più in profondità, un modo diverso di essere…e di vivere”. (p.27)
Il silenzio non annulla le nostre passioni, ma mira ad affinarle e a decantarle, si tratta di una vera lotta con se stessi, che richiede impegno, energia e anche sofferenza, ma il frutto è la pacificazione.
Nella vita cristiana il silenzio assume alcune valenze specifiche. Prima di tutto ha un ruolo determinante per la vita interiore.
“Il silenzio rende possibile la vita interiore, innanzitutto perché aiuta a percepire che all’interno dell’uomo c’è come un altro essere (o spazio) e un’altra vita. L’altro essere è quell’organismo fatto di membra e sensi invisibili che agiscono al di dentro dell’essere creato; l’altra vita è lo stesso Spirito santo che lavora, agisce, prega… e che chiede continuamente di essere riconosciuto. Ora, questo doppio riconoscimento – del proprio luogo interiore e dello Spirito che lo abita – è possibile solo grazie al silenzio, che addestra l’uomo esteriore a percepire.” (p.49)
Il silenzio si collega all’ascolto della parola di Dio, alla preghiera, all’esercizio del discernimento, cioè alla capacità di leggere e interpretare la propria vita e gli eventi che accadono.
Il silenzio è necessario per sostenere il male che ci viene dagli altri e il male da noi stessi procurato.
“Il silenzio è il luogo in cui noi possiamo portare, senza esserne schiacciati, le nostre ferite, in attesa che un giorno siano guarite dall’autore della vita.” (p.59)
Vi è anche il silenzio di Dio e quello su Dio, che i cristiani non sono autorizzati a riempire con le loro spiegazioni. “Il silenzio deve far parte integrante dell’annuncio, della nostra parola su Dio. Una delle immagini più eloquenti dell’esperienza di fede è quella del tesoro trovato in un campo: era nascosto, un uomo lo trova, lo seppellisce di nuovo, ma va e compra il campo (cf. Mt 13,44). Era nascosto e in un certo senso resta nascosto. Si può comprare il campo, non il tesoro! Dio può essere conosciuto e deve essere fatto conoscere, ma egli rimane comunque una realtà nascosta, silenziosa; e questa è una dimensione necessaria alla fede”.(p.61)
L’ultima sezione del libro è dedicata alla lotta del silenzio e contiene ancora una volta spunti preziosi per orientarsi e sagge citazioni. Spesso non è la mancanza di tempo a impedirci di fare silenzio, ma la paura che abbiamo di ritrovarci da soli con noi stessi e di lasciar emergere ciò che giace nel profondo del nostro essere.
Il silenzio esteriore (esercizio del tacere) deve accompagnare verso il silenzio interiore: si inizia con la bocca e si finisce con il cuore. Il corpo trascina e modella il cuore, che interiorizza il silenzio e a sua volta si riflette nel corpo.
Le riflessioni e le provocazioni di questo libro sono preziose, proprio perché evitano di sistematizzare troppo e non vogliono offrire un metodo per imparare a tacere, sono molto umane, molto chiare e per nulla ridondanti. All’insegna dell’essenzialità parlano al cuore e aiutano a migliorarci.
Articolo apparso lu lankelot.eu nel giugno 2011
Edizione esaminata e brevi note
Sabino Chialà, monaco di Bose e studioso di ebraico e siriaco, ha recentemente curato i “Detti islamici di Gesù” (Fondazione Lorenzo Valla-Mondadori 2009). Per Qiqajon ha pubblicato tra l’altro “Parole in cammino”; “Un’umile speranza”, antologia di testi di Isacco di Ninive, e i “Discorsi ascetici”, nuova collezione di scritti dello stesso autore.
Sabino Chialà, Silenzi, Ombre e luci del tacere, edizioni Qjqajon, Comunità di Bose 2010.
http://www-1.monasterodibose.it/index.php?lang=it
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