Bloy Léon

Esegesi dei luoghi comuni

Pubblicato il: 7 Aprile 2011

Léon Bloy si definì sempre “Pellegrino dell’Assoluto” e “testimone” e questo libro lo manifesta. Si tratta di una vera antologia dei Luoghi Comuni usati dal Borghese, che Bloy demolisce uno per uno con una foga da picconatore, da demolitore che prova un gusto incredibile nel compiere la sua opera.

Bloy è un convertito, nella sua vita è passato dall’anticlericalismo più assoluto a un cristianesimo radicale e, come spesso accade a chi ha attraversato questo tipo di esperienze, avverte in sé l’urgenza di comunicare il nuovo messaggio, a costo di risultare sgradevole o antipatico o di farsi dei nemici e rompere relazioni.

Egli identifica nell’idolatria del denaro il male principale del suo tempo ( e non solo del suo, aggiungiamo). La massima “Gli Affari sono Affari” è “l’ombelico dei Luoghi Comuni” (p.31).

Un vero uomo d’affari è uno stilita che non scende mai dalla colonna […] Gli Affari sono Affari come Dio è Dio, cioè fuori da tutto” (p.31)

Sacerdote di questa idolatria è il Borghese, identificato da Bloy con gli esponenti della classe media, in primis commercianti, bottegai e poi avvocati, possidenti vari e benestanti, che insieme costituiscono una categoria dello spirito da sempre diffusa nella storia, salita alla ribalta soprattutto nel suo tempo.

Il Borghese è colui che non fa alcuno uso della facoltà di pensare e vive o sembra vivere senza esser stato sollecitato dal bisogno di capire qualcosa, egli è incapace di assoluto e il suo linguaggio è limitato a un ristretto numero di formule.

Il Borghese è, agli occhi di Bloy, il ricettacolo di tutte le nefandezze, le piccinerie morali, gli squallori, le avidità e le aridità. Il Borghese è conformista, perbenista, ipocrita, benpensante, detesta – e sostanzialmente non capisce – gli artisti e i poeti, quei rifiuti della società che si ostinano a sognare e ad avere ideali, mentre vivono nella miseria, incuranti di quella ricchezza che costituisce invece il suo vero dio.

Bloy analizza così uno per uno centottantatre Luoghi Comuni, frasi fatte, che appartengono al repertorio del Borghese, alcune delle quali sono ancora oggi in uso (ed è come ricevere uno schiaffo vederli demoliti da un tal polemista).

Lo stile è acceso, sanguigno, radicale, iperbolico, esaltato da un sacro fuoco che sembra divorare l’Autore e non lasciarlo in pace finché non ha condannato ricchezza e meschinità e non ha dimostrato la sua predilezione per i poveri, gli afflitti, le vittime della cattiveria borghese (come quel bambino di cinque anni ucciso dai genitori per avidità in “Il fine giustifica i mezzi”) e per i poeti e gli artisti, emarginati per definizione e accusati di aver sempre la testa fra le nuvole, solo perché preferiscono la bellezza e hanno più bisogno di saziarsi l’anima che la pancia.

Bloy procede per antifrasi, iperboli, costruisce brevi racconti, si ripete talvolta, ma si giustifica affermando che è il repertorio borghese ad essere limitato e ad aggirarsi sempre attorno alle stesse idee.

I riferimenti alle Sacre Scritture sono innumerevoli e dimostrano come il Borghese si rifaccia a una religiosità di comodo, di facciata.

Il borghese non è esattamente religioso; ma è pieno di tracce accumulate, più o meno indistinte, come una spazzola fedele o uno stuoino troppo usato.” (p.41)

L’eroe preferito del Borghese è Pilato, colui che se ne lava le mani, ma, nel sottofondo, risuona anche la domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?” e la risposta: “Sono forse il guardiano di mio fratello?”

Il Borghese è in grado di non perdere una messa e nello stesso tempo di ammazzare il padre “in buona fede”.

Da uomo cosiddetto “pratico”, il Borghese s’interessa solo di sé stesso, in lui l’uomo pratico è il sostituto del Santo delle leggende, per cui non si fa alcuno scrupolo a sfrattare poveracci, a imbrogliare nel commercio, a distruggere la natura – lottizzerebbe anche il Paradiso terrestre – in nome del guadagno. Qualche volta sa esser poeta, di solito al momento della digestione.

Pagina dopo pagina Bloy compie un’esegesi spietata, interi blocchi tematici del pensiero borghese si rivelano: il matrimonio, l’onore della famiglia, i figli, il rapporto con la morte, il denaro e il tempo, la scienza.

La prima, indispensabile condizione per realizzare un buon matrimonio è di mettere in prima linea il denaro, avendo cura di ripetersi che ogni altra considerazione sarebbe oziosa, e di conseguenza, densa di pericoli”. (p.105)

La repugnanza del borghese per il cristiano si fonda in gran parte sul suo senso dell’onore, lo abbiamo detto abbastanza. Non gli riesce andare d’accordo con una religione il cui «fondatore», dopo aver subito una condanna infamante, è resuscitato il terzo giorno, per aggravare per sempre il disonore della famiglia”. (p.70)

Nella retorica del Borghese, ammazzare il tempo significa semplicemente, non c’è bisogno di dirlo, divertirsi. Quando il Borghese s’annoia, il tempo vive o resuscita. Che lo capiate o no, è così. Quando il Borghese si diverte, si entra nell’eternità. I divertimenti del Borghese sono come la morte”. (p.94)

Degna ipocrisia borghese è il nascondere al moribondo il suo stato (la morte improvvisa è l’ideale per lui), in modo da non dover chiamare il prete e da evitare così la confessione, perché altrimenti si dovrebbero restituire gli illeciti guadagni.

Nel suo furore antimoderno, Bloy finisce per condannare anche alcuni aspetti della scienza come i vaccini di Pasteur e Jenner e qui si rivela datato e decisamente eccessivo. Brucia insieme alla scienza anche il naturalismo, ovviamente.

Alla fine di un libro simile si rimane colpiti dall’acutezza delle analisi e dall’impeto della prosa e ci si ripromette di fare più attenzione nell’uso di certe frasi comuni: qualcosa del Borghese può sempre allignare in noi, meglio stare in guardia!

Resta l’amarezza nel costatare che, con varianti aggiornate, lo spirito borghese è ancora presente e ben radicato nella nostra società e continua ad occupare posti di potere.

Articolo apparso su lankelot.eu nell’aprile 2011

Edizione esaminata e brevi note

Léon Bloy (Fénestrau, Aquitania, Francia 1846 – Bourg-la-Reine, Parigi, Francia 1917), scrittore e poeta francese.

Léon Bloy, “Esegesi dei luoghi comuni”, Piano B, Prato, 2011. A cura di Alessandro Miliotti. Traduzione di Sandra Teroni. Collana “La Mala Parte”, 12.

 Prima edizione: “Exégèse des lieux communs”, 1902-1912. La stesura iniziale del primo dei tre volumi dell’opera, leggiamo nella prefazione, ha avuto inizio nel settembre 1897 e si è conclusa nel 1902. La serie completa includerà tre volumi, al termine d’un lavoro di compilazione, ricerca e sistematizzazione durato, intervalli inclusi, sedici anni.

 Approfondimento in rete: wiki it / ilsoffioultrafanico / barbey.chez