“Il fidanzamento” è un romanzo stucchevolmente borghese, ambientato in una provincia dalla vita monotona, caratterizzata da un “languore senile” che, come la nebbia, sembra pervadere i personaggi e i loro pensieri.
Luigi Mannozzi è fidanzato da sei anni con Mirella Guglielmi, ma non si decide a sposarla nonostante le pressioni della suocera Mussia.
Lui vive ancora col fratello e la sua famiglia. Ogni sera, finito il suo lavoro di contabile, si reca dalla fidanzata, in casa, dove è stato ormai accettato. Mirella ha ventitre anni, Luigi ventisei, stanno insieme da quando lei era una ragazzina, ora non si amano più, sebbene continuino ad avere rapporti intimi e a frequentarsi per abitudine e per convenienza, non per passione.
Parise ci presenta non solo un microcosmo borghese dalla mentalità ristretta e utilitaristica, ma anche un’attenta analisi dei rapporti di coppia, di tutti i meccanismi, i piccoli ricatti, le furbizie utilizzate per piegare il partner ai proprio piaceri e desideri.
Parise indugia nel riferire i ragionamenti, i pensieri, i rimuginii interiori dei personaggi, soprattutto Luigi e Mussia, i due veri caratteri dominanti, spesso in contrasto, che finiscono poi per trovare un adattamento che salva le apparenze e fa comodo a entrambi.
Un giorno – il due novembre, festa dei morti, data della rituale visita al cimitero da parte dei genitori – Mirella e Luigi vengono sorpresi da Mussia mentre fanno l’amore nel suo letto matrimoniale. Segue una crisi, Mussia esige il matrimonio, Luigi si sente terrorizzato, non sa più che cosa fare, visto che è costretto a prendere una decisione. Teme le ire della suocera, che potrebbe essere ancora influente in società, infine, dopo un colloquio-confessione con monsignor Solinas, un prelato assai noto per essere “il perno dei fidanzamenti cittadini”, si fa trasferire all’improvviso a L’Aquila ed esce temporaneamente di scena. Seguiranno altri piccoli intrighi borghesi e infine un ritorno di Luigi, ma con un fidanzamento che rischia di diventare eterno.
Nel quadro famigliare risaltano Luigi e la suocera Mussia.
Luigi è di umili origini, ha conquistato Mirella quand’era una ragazzina e poteva credere alla sua carriera finta e alle bugie che le raccontava, e tuttora le racconta. Con lei Luigi recita la parte dell’uomo compassato e disinvolto, di fatto “la coscienza di Luigi era qualcosa di molto impreciso, qualcosa che stava un poco al di qua e un poco al di là di essa: un falso moralismo, quasi mistico e quasi pratico, dove la morale veniva applicata severamente agli altri e in nessuna misura a se stesso;”. (p.584)
Luigi è un codardo, possiede una mentalità da mercante, utilitaristica e propensa alla menzogna e all’intrigo. Egli mente anche a se stesso, finché questa menzogna diventa verità, ha una “teatralità intima” sua propria che usa continuamente, pure in confessionale.
La religione è per lui fatta di peccato e di confessioni ipocrite, atti esteriori, formali (e questo aspetto risalterà nel romanzo successivo “Atti impuri”), cui si prestano preti compiacenti, perfettamente immersi nella mentalità provinciale.
Il cattolicesimo è più un qualcosa che permea la società, ma solo nei suoi aspetti formali, è un insieme di riti, di culti e di ipocrisie e Luigi si sente a suo agio tra i preti forse perché è un falso tra i falsi, sembra suggerire Parise.
Luigi è abituato a esercitare una “finzione continuativa”, si crea alibi morali su tutto ed è il degno interlocutore di Mussia, sua possibile suocera.
Mussia è di origini russe, è una donna prepotente, autoritaria e capricciosa, è stata assai influente in società nel passato, ora è più povera e dimessa. È una calcolatrice, in casa ha sempre comandato, suo desiderio è che la figlia si sposi sia per evitare che rimbecillisca in casa riducendosi a una “patatona” come la figlia dei vicini, sia perché le fa comodo un genero con una discreta rendita.
Sua figlia Mirella, invece, pur essendo così direttamente coinvolta negli eventi, è una figura piuttosto passiva, una specie di animale che ubbidisce agli istinti
(in Parise sono frequenti i paragoni uomo/animale, come se l’Autore avesse elaborato una sua etologia. Del resto Parise compì anche studi scientifici).
A ventitre anni, non molto benestante, ormai Mirella non ha grandi pretendenti, trova soltanto giovanotti sui trentacinque-quaranta, buoni, timidi e di poche parole, incapaci di trovarsi una fidanzata da sé.
Poco significativo è anche il signor Edmondo, padre di Mirella, tutto dedito al suo traforo e ormai quasi privo di un contatto con la realtà concreta. Era stato un giovane promettente e bello, ma poi la fine del fascismo, cui aveva partecipato attivamente, e le avversità economiche unite alla vita dispendiosa della moglie, l’avevano piegato e fatto rifugiare in un suo mondo.
“Il fidanzamento”, romanzo lento e non a torto considerato un’opera minore di Parise, riflette una mentalità borghese assai radicata in Italia per molti anni, fatta di ipocrisia, di formalismo religioso, di apparenze e dell’idea per cui un uomo può far quel che vuole, ma una donna deve arrivare vergine al matrimonio o almeno, se il sesso c’è, magari furtivo, deve approdare poi alle nozze.
Parise sa ben narrare questo mondo, con uno sguardo preciso, impietoso e acuto.
Articolo apparso su lankelot.eu nel giugno 2010
Edizione esaminata e brevi note
Goffredo Parise Go(Vicenza, 1929 – Treviso, 1986), scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano.
Goffredo Parise, Il fidanzamento, Torino, Einaudi 1972 oppure in Opere, vol.I a cura di Bruno Callegher e Mauro Portello. Introduzione di Andrea Zanzotto. Milano, Mondadori, I Meridiani 1987.
Approfondimento in rete: WIKI it / Casa di Cultura Goffredo Parise / Italia Libri
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