Parigi 1970. Il dottor Saverio Dessì è un famoso cardiologo, primario del reparto di chirurgia dell’ospedale più antico di Parigi. È un uomo di successo, ha prestigio, denaro, una bella moglie e tre figli, è un uomo realizzato, che può guardare serenamente al futuro, il passato sembra lontanissimo e non ne parla mai. Improvvisamente gli arriva una lettera dalla Sardegna, sua terra natale, e precisamente da Terralba, un piccolo paese. A scrivergli è un suo antico amico, che gli dà notizie di suo fratello Giulio. Da vent’anni Saverio manca dalla sua isola, non ha più mantenuto i contatti con le persone che lì conosceva e ora d’improvviso tutto il suo passato, quel passato che in tutti i modi ha cercato di allontanare, di riporre in un angolo remoto della sua mente e del suo cuore, gli piomba addosso con la velocità di un treno.
Saverio, già orfano di madre – morta di scorbuto quando lui era piccolissimo – vive a Cagliari con il papà pescatore, che lo affida ai frati quando deve assentarsi col peschereccio. Siamo alla vigilia della seconda guerra mondiale, allo scoppio del conflitto la situazione peggiora sempre più: il papà perde la barca, sua fonte di sostentamento con i bombardamenti del porto di Cagliari nel 1943 ed è costretto, con Saverio, a trovare rifugio presso un cugino orologiaio, che ha già moglie e quattro figli. Purtroppo la guerra non risparmia niente e nessuno e, dopo un terribile bombardamento, Saverio si ritrova orfano e completamente solo a nove anni. Le pagine che descrivono tutta l’angoscia e la disperazione di un bambino che vede di colpo crollare tutto il suo mondo sono estremamente incisive e ci aiuteranno a capire il carattere di Saverio. In stato di shock, Saverio emerge dalle macerie e scappa, sale su un treno, poi su un autobus, inizia a imparare a cavarsela da solo e arriva a Terralba, un piccolo paese il cui nome significa “Terra Bianca”. Qui avverrà l’incontro fondamentale della sua vita, quello che gli cambierà la sorte: incontra Giulio Corona.
Giulio è un ragazzo un po’ diverso, è Down, balbetta (ma alcune frasi memorabili le pronuncerà alla perfezione), è un po’ strabico, è oggetto di gravi episodi di bullismo da parte di alcuni ragazzotti del paese.
Tra Saverio e Giulio si crea subito un legame, un’empatia, i due si capiscono, soprattutto Giulio è entusiasta di Saverio e lo accoglie come un fratello. Giulio è l’unico figlio di Tziu Giovanni (appellativo rispettoso, anche nelle nostre campagne si usava chiamare zia/zio persone cui eravamo legati da affetto rispettoso), il panettiere del paese, e Tzia Nerina, una coppia affiatata e tranquilla, che deciderà di tenere con sé Saverio come un secondo figlio.
All’epoca la burocrazia era meno complicata, lo avranno in affido perpetuo e Saverio conserverà il suo cognome, visto che un padre l’ha avuto.
Inizia così per Saverio una nuova vita, piena di amore, affetto, attenzioni. Nerina e Giovanni gli vorranno sempre bene come a un figlio di sangue e Giulio…Giulio è una figura straordinaria, è buono fin nel profondo della sua anima, senza riserve e ama Saverio in maniera assoluta e totale, tutto gli perdona, si fida ciecamente di lui, fa qualsiasi cosa per renderlo felice. I due ragazzi diventano fratelli di sangue a tutti gli effetti. Appartengono a Giulio bontà, intensità assoluta di affetti, un’ingenuità disarmante, la spontaneità nell’esprimere i propri sentimenti senza mezze misure, l’amore innato per gli altri.
I due ragazzi crescono insieme, vanno a scuola (Giulio ha cinque anni più di Saverio, ma si ritrovano nella stessa classe). Saverio è uno studente molto brillante, si distinguerà negli studi, Giulio invece fatica tanto, sono anni in cui le persone come lui vengono chiamate con disprezzo “mongoloidi”, non esistono insegnanti di sostegno, ciò nonostante Giulio è costante e determinato, quando decide di fare qualcosa, la porta a termine. Saverio lo aiuta, integrandolo nel suo gruppo di amici, con i quali Giulio condividerà tutte le esperienze di formazione.
I ragazzi crescono, dopo le scuole dell’obbligo, ci sono quelle di avviamento al lavoro per la maggior parte di loro. Solo Saverio andrà al Liceo a Cagliari, i suoi genitori volentieri gli offrono questa possibilità, perché è meritevole. Giulio invece vorrà fare il panettiere come il papà.
Non svelo altre vicende della trama, che va gustata tutta. Ci sarà un fatto che Saverio non si perdonerà mai per tutta la vita, ci saranno varie mancanze verso Giulio, che lo segneranno per sempre.
“Terra Bianca” è un romanzo di rara intensità, che mi ha emozionato come non capitava da tempo, è un romanzo di formazione, ma molto altro ancora, un romanzo sull’amicizia, su quei sodalizi che si creano nell’adolescenza e che segnano poi per l’intera esistenza ed è un romanzo sul ritorno nella propria terra natia, sulla memoria e su un passato con il quale confrontarsi. Saverio cresce, bambino e poi ragazzo intelligente, brillante, nato per studiare ed eccellere, eppure cresce sentendosi sempre in credito verso la vita.
“L’impressione che lo preferissero a me mi faceva star male. Gli volevo molto bene, tuttavia ritenevo che il danno della sua malattia fosse stato ampiamente ripagato da una famiglia fulgente, dagli amici e da tutto il resto. Io, dal canto mio, continuavo a sentirmi in credito con la vita”. Saverio cova sempre un sentimento di rabbiosa ribellione, di gelosia per la bontà senza limiti di Giulio, per la sua capacità di sopportare tutto, anche le umiliazioni, di resistere stoicamente a fatiche superiori a quelle consentite dal suo fisico esile. Saverio si sente sovrastato e addirittura incollerito per quell’amore che Giovanni e Nerina riversano su Giulio, contenti di averlo come figlio, capaci di accettarlo così com’é. Saverio non si ritiene mai all’altezza di un sentimento così piuro, così come non riesce a ricambiare del tutto l’amore e la fiducia che Giulio gli manifesta. Saverio ha voglia di rivalsa, di fare da sé e ci riuscirà, pagandone il prezzo naturalmente.
Una volta realizzatosi, Saverio sarà l’uomo che ritorna e ritrova tutto il suo passato, vivo e nitido, e tutto il dolore, il rimorso che aveva allontanato per vent’anni lo travolgeranno con un’ondata di sentimenti, che smetterà finalmente di nascondere. Sarà devastante e insieme catartico, anche se Saverio sente che il suo debito verso Giulio non potrà mai essere estinto.
Saverio in vent’anni non si è mai perdonato, non è mai stato clemente verso sè stesso, Giulio invece l’ha sempre ricordato e amato e forse proprio questo aiuterà Saverio ad accettare e ad affrontare meglio il passato.
“Terra Bianca” è un romanzo non solo commovente, ma piacevolissimo nel raccontarci le vicende di crescita e formazione dei ragazzi, una formazione che si svolge in grande libertà, tra mare e campagna nella splendida terra sarda. C’é povertà – specie quando le cavallette devastano tutti i raccolti – ma non miseria, in qualche modo, anche durante la guerra e gli anni bui del fascismo, si mangia; la scuola è antidiluviana, con una didattica basata sulle punizioni corporali e, per disgrazia dei ragazzi, un maestro pazzo e violento, che infierisce in modo particolare su Giulio; c’é la piaga dell’anemia mediterranea, che fa morire spesso in tenera età e non vi sono cure,nè assistenza particolare.
Nel paese ci sono esempi di solidarietà e amicizia, ci sono le storie di paura raccontate la sera, gli scherzi, c’é la gara per il falò più maestoso per la festa di sant’Antonio, in rivalità con i veneti polentoni immigrati, che hanno importato l’usanza dei falò dell’Epifania. E ci sono le sfide tra frazioni del paese nelle gare più strampalate. I ragazzi compiono le loro bravate, si prendono le prime sbronze, vivono la loro iniziazione sessuale rigorosamente al casino.
Da adolescenti trascorrono le vacanze per conto loro, presso una baia, si cotruiscono una capanna di frasche e s’arrangiano per il cibo, godono di una libertà incredibile. Le loro sfide, i giochi, le imprese di Giulio, le sue battute, la sua candida bontà, tutto concorre a creare un quadro della vita in paese durante quegli anni. Dopo la guerra c’é la ricostruzione, un miglioramento della vita, l’Italia cambia. Sullo sfondo del romanzo corrono le vicende dell’Italia e dela storia, è come se, ogni tanto, un obiettivo si alzasse e, da Terralba, passasse a inquadrare Cagliari, la Sardegna, tutta la penisola.
“Terra Bianca” non solo ci racconta una bella storia, piena di umanità, ma ce la racconta bene, con uno stile raffinato, un linguaggio ricco e talvolta ricercato e immagini originali, per le quali Piras sembra avere un gusto particolare: i campi bruciati dal sole hanno una “cirrosi solare”; vi sono “suoni liquefatti”; bagliori scarlatti come “granate di sangue”; “Le giornate volavano come aquiloni di cartapesta”; “Le sue mani [di Tziu Giovanni] ossute erano rondini leggere posate sulle nostre spalle” e si potrebbe continuare.
Ogni capitolo non è numerato, ma titolato con la frase d’incipit, come se fosse un manoscritto antico.
“Terra Bianca” è davvero un bel romanzo, non è frequente trovarne.
Edizione esaminata e brevi note
Davide Piras (Oristano 1981) vive da sempre a Terralba. Geometra, ha lavorato fino al 2015 nel settore edilizio, proseguendo in parallelo gli studi umanistici. Attualmente è impegnato in un progetto commerciale che unisce la figura del libraio e quella del coffee maker. Il suo primo romanzo S’intitola “Petali di piombo” (0111 Edizioni).
Piras Davide, Terra Bianca, Roma, Giulio Perrone Edizioni
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