Martinelli Mario

Fuori dal Kerle

Pubblicato il: 4 Giugno 2010

Marzo 1944. È la fine di un inverno particolarmente rigido e due giovani, Vittorio e Antonio, stanno scendendo attraverso un canalone del monte Kerle, in Vallarsa. Vittorio, il più giovane, scivola e Antonio lo trae in salvo per miracolo, infine insieme si riuniscono a un terzo amico, Luigi, in un baito nel quale stanno rintanati da quattro mesi.

Sono alpini, soldati sbandati che, dopo l’8 settembre non hanno voluto unirsi alla Repubblica di Salò e si sono rifugiati tra le loro montagne in attesa di tempi migliori. Quella stessa notte il loro compagno Marco li ha lasciati di nascosto per cercare, da solo, di superare il Castello del Kerle e uscire da quella valle e dalla forzata inattività, probabilmente per unirsi ai partigiani.

I tre, sentendosi traditi, decidono di mettersi sulle sue tracce e s’avventurano, senza nessuna attrezzatura, tra quei pericolosi ghiacci, pieni d’insidie.

Inizia così il loro percorso all’interno di un momento storico molto difficile, nel quale il senso di sbandamento e di confusione è predominante. S’incontreranno con i partigiani e si scontreranno con i tedeschi (gli “orchi” nemici dagli occhi vuoti, crudeli e disumani, che riflettono solo la volontà di uccidere), sceglieranno una loro via, senza retorica, ma anche senza riuscire a inserirsi in quello snodo della storia.

Toccati crudelmente dalla guerra, consapevoli delle difficoltà delle popolazioni di quelle sperdute contrade montane, estranei alla politica, soprattutto stanchi e confusi da quell’assurda guerra di tutti contro tutti, preferiranno ritirarsi chi nel Kerle, chi al paese natio, in seno alla famiglia, in attesa che tutto si plachi e la vita ritorni alla normalità. Si tratta probabilmente di una scelta operata da molti soldati in quegli anni di sbandamento, di paura e di confusione.

Su tutto si staglia eterna la natura, una presenza costante nei libri di Martinelli, una forza rigenerante e potente, sempre bella, anche quando si mostra nei suoi aspetti più ostili all’uomo, come nel pericoloso ghiaccio del Kerle, un ghiaccio “vivo, pulsante”, dotato di carattere e vita propria.

Dalla cima del Kerle si vedono l’Adamello e la Presanella, “i quali spiccavano come dei prodigi di ghiaccio immacolato nel cielo terso così azzurro da provocare vertigine se lo si osservava con troppo abbandono”. (p.34)

La natura invita gli uomini alla pace e, di fronte alla sua bellezza, tanto più assurda e scriteriata appare la guerra, sia quella presente che quella passata, la prima guerra mondiale, che tante tracce ha lasciato lassù.

Tra quelle rocce e quei boschi, ora teatro di feroci scontri e rappresaglie, aleggia il ricordo di leggende popolari e di presenze misteriose come le anguane, ninfe d’acqua, e i salvanei, i folletti burloni che amano gli scherzi.

Vi sono anche gli orchi, che popolano soprattutto gli incubi di Vittorio.

I tre amici, protagonisti del romanzo, rivelano personalità diverse: più maturo è il reduce dalla Russia Antonio, che si sente responsabile verso il più giovane Vittorio, un ragazzo che si pone molte domande e si è sentito tradito dalla fuga del suo amico d’infanzia Marco. Tra i due, Luigi, personalità intermedia, meno tormentata di Vittorio e più sereno nelle sue decisioni.

Posti di fronte alla necessità di una scelta i tre amici s’interrogano: “E comunque, una cosa è certa: non possiamo stare fermi qui, senza far niente. Abbiamo riconquistato la libertà…è nostro dovere farne buon uso”. (p.115)

Purtroppo per uno di loro non ci sarà futuro.

I tre giovani incontreranno i partigiani cui Marco si è unito con naturalezza:

“Con l’aria disinvolta, lo sten a tracolla, sembrava non aver fatto niente altro dall’inizio della guerra, all’infuori del partigiano”.(p.154)

Anche Carlo, un cugino di Luigi, ha fatto la medesima scelta.

I partigiani sanno di avere gli abitanti dei paesi dalla loro parte, ma in ogni caso agiscono con accortezza, tenendo conto delle possibili rappresaglie tedesche sui civili. Costituiscono un gruppo unito e deciso.

Nei protagonisti balena il desiderio d’imbracciare le armi contro i tedeschi, visto che è il tempo dell’azione, ma tale desiderio non oltrepassa la soglia di un impulso momentaneo, di reazione alla violenza vista e subita. Se per Marco e Carlo la Resistenza costituisce un “punto di svolta”, ciò non accade ai loro amici. Alla fine, travolti dalla confusione e dalla necessità di salvarsi, finiscono di nuovo soli e dispersi ed allora il richiamo delle montagne diverrà irresistibile e ineludibile.

La filosofia sottesa sembra esser quella dichiarata da Vittorio verso la metà del libro: “Ciò che era stato non si poteva cambiare, e l’unica cosa utile era accettare il destino così come veniva a scrollarci dal ramo. Si doveva accogliere il bello e il brutto tempo, non era possibile ribellarsi alla legge della vita. E se la vita era un mistero, la guerra lo era di più”. (p.156)

Nuovo romanzo del montanaro Martinelli, “Fuori dal Kerle” mostra da un altro punto di vista il periodo della Resistenza. Stavolta a parlare sono i soldati sbandati, che si ritrovano tra fazioni in lotta senza aver punti di riferimento, al di fuori della loro realtà privata.

Lontani dalla politica, avversi alla violenza, usi alle armi solo se costretti, finiscono per vagare per la valle, stretti tra l’inclemenza della natura e la ferocia dei tedeschi, rimpiangendo il loro rifugio sul Kerle.

La prospettiva storica di oggi – ormai più di mezzo secolo è trascorso da quel tempo– fa emergere così punti di vista diversi su un periodo tanto retoricamente enfatizzato da alcuni, raccontato in modo magistrale da Fenoglio e con fantasia da Calvino, un periodo che non cessa di far comunque discutere.

Articolo apparso su lankelot.eu nel giugno 2010

Edizione esaminata e brevi note

Mario Martinelli (1962) scrittore e montanaro di Obra in Vallarsa.

Mario Martinelli, Fuori dal Kerle, Trento, editrice La Grafica 2010.

Approfondimento in rete: Mario Martinelli