Martinelli Mario

Le fascine al coperto

Pubblicato il: 4 Maggio 2010

“Tu invece sei convinto di avere tutte le fascine al querto?”

Avere le fascine al querto, ossia avere la mente a posto, essere lucidi. E proprio di questo dubita il povero signor Dolfo – diminutivo di Rodolfo –che si ritrova vittima di una specie d’incantesimo dopo aver sbattuto la testa sul fo de la stria (faggio della strega) lungo il sentiero di guerra, tra i monti della Vallarsa.

Il signor Dolfo Strasalani è un montanaro – nato nel 1918, generazione cosiddetta “fortunata” – è un uomo onesto e retto, marito e padre di due bambini, cittadino consapevole e consigliere comunale, che ha cercato per anni di opporsi a sprechi e obbrobri edilizi che hanno rovinato la valle. Alla fine ha deciso di smetterla di occuparsi di cose più grandi di lui e ha preferito dedicare tutto il suo tempo alla famiglia, all’orto, alle cinque mucche e ai classici greci, che da sempre gli interessano.

Attraverso le vicende biografiche del signor Dolfo, Martinelli ripercorre rapidamente le tappe della storia della vallata: la prima guerra mondiale, che ha devastato i paesi e ha disseminato ordigni inesplosi nei boschi e nei prati (il padre di Rodolfo sarà vittima proprio di uno di questi strumenti di morte, lasciandolo orfano a undici anni); la seconda guerra mondiale, vissuta da soldato in Grecia e poi da reduce per una ferita al polmone, e infine il dopoguerra, lo sfruttamento idroelettrico della valle, la speculazione edilizia, la devastazione del paesaggio, il miraggio della ricchezza per i montanari.

Attorno a questo personaggio e alla sua valle nasce una vicenda tra il gotico e il favolistico, con un’alterazione della dimensione temporale, che crea non poca confusione nel protagonista. Vi sono riferimenti diretti a “Doppio sogno” di Schitzler.

Accanto a Dolfo si delineano – oltre al tipico paesaggio montano, presenza costante nei libri di Martinelli – altri personaggi, tra i quali spicca Carletto Bastianelo, un tipo molto originale, con un aspetto vagamente lupesco, una gran barba corvina e gli occhi scuri. Vestito da montagna, piuttosto trasandato, vive in una casupola di sassi “incassata nella valletta che da Obra scende a fianco del Pajon”.

Solitario, preferisce la compagnia degli animali a quella degli umani, è un essere notturno, che esce al tramonto e rientra all’alba.

“Intanto, la tana diventava ogni giorno meno visibile poiché il Carletto, a mano a mano che l’era della modernità avanzava, con i suoi rumori e i forestieri che s’infiltravano dappertutto, lasciava che la vegetazione s’infittisse intorno alla casupola fino a inghiottirla”. (p.19)

È una specie di uomo dei boschi colto, un lettore appassionato, infatti spesso s’intrufola di notte nella biblioteca civica e prende a prestito qualche libro, che regolarmente restituisce.

I due montanari si trovano bene insieme, il loro carattere scontroso e i loro modi bruschi – nel salutarsi i loro epiteti tipici sono luamaro e vecchio gufo – celano in realtà stima e affetto.

La figura di Carletto sarà determinante per la risoluzione della vicenda.

Gustosissimi i dialoghi tra i due, specie quando non divagano troppo sul letterario-filosofico, in tal caso tendono a diventare didascalici e a perdere un po’ in freschezza e vivacità. Probabilmente manifestano le letture autoriali e il desiderio di farle conoscere.

Nel linguaggio invece, oltre ad alcuni termini dialettali (tipico il saluto “servus”, residuo antichissimo), vi sono delle piccole chicche: “Il rio Broci scendeva dal Prona di Obra e barbugliava riservato, inseguendo una melodia antica come l’acqua e difficile da tenere a mente”. (p.41)

Del resto già in altri libri Martinelli aveva disseminato termini inusuali e di notevole efficacia: cuculiare, arruffio, temporalello.

Alla fine di tutta la vicenda l’atmosfera serena del Natale in famiglia stempera ogni problema e il signor Dolfo acquisisce nuova saggezza dall’esperienza.

“E forse gli sembrò di comprendere che la via più idonea per raggiungere la saggezza era quella di vivere la vita in quanto mistero, anziché un problema da risolvere. Abbandonarsi a quel famoso attimo che non ha più fretta di correre in qualche direzione, che non ha più alcuno scopo tranne quello di giocare, proprio come fa un bambino. E chi meglio dei fanciulli poteva insegnargli la strada?”.(p.96)

articolo apparso su lankelot.eu nel maggio 2010

Edizione esaminata e brevi note

Mario Martinelli (1962) scrittore e montanaro di Obra in Vallarsa.

Mario Martinelli, Le fascine al coperto, Trento, editrice La Grafica 2007. Con disegni dell’Autore.

Approfondimento in rete: Mario Martinelli