Sono stato un pezzo, del tempo, a cercare qualcosa di questo scrittore, un paio d’anni fa e poco più. Poi è capitato – tipo settembre 2004, forse prima, comunque un giorno di sole, temperatura piacevole, Firenze splendida di smog – naturalmente per caso, che in una libreria in cui ero passato per salutare una mia amica che ci lavorava, che su una pila di libri ancora da mettere a posto veda Questo è il giardino. Lo prendo in mano, è pure a sconto (uno dei milioni di periodi promozionali), è un’edizione Mondadori pre-euro, e quindi costa davvero poco, lo compro. Avevo cercato in varie librerie, ne avevo già sentito parlare di Mozzi, di quello che faceva nella rete con Vibrisse, ed ero curioso. Solo che non era così ovvio vederlo tra gli scaffali. Per niente. Vabbè, insomma alla fine lo avevo trovato. Purtroppo non ho l’abitudine di ordinare i libri, per cui li aspetto. E anche quando finalmente sono sotto i miei occhi, ci devo fare l’abitudine. Li squadro, li tocco, c’è chi li annusa, li sfoglio, ne leggo parole, frasi, pagine. Per sentirmi a mio agio con loro, e farli sentire a proprio agio con me. Quella volta lo presi subito.
Questo è il giardino è una raccolta di racconti. L’edizione che ho io è quella Piccola Biblioteca Oscar Mondadori, la copertina è una foto con cielo grigio, in primo piano campi arati terra scura scura, poi una striscia verde, una casa bianca, alberi. Sembra autunno. L’albero sulla destra al confine tra il marrone e il verde è spoglio, completamente. Sembra quasi morto. Nel mezzo del cielo nuvoloso riquadri blunotte con scritte bianche, autore e titolo, e sotto “Questo scrittore ha preso la parola con il tono di chi detta legge”, Tiziano Scarpa. A me non piacciono queste frasi, soprattutto in copertina, e qui sotto il titolo. Da una parte mi incuriosiscono, dall’altra provo una sorta di repulsione nei loro confronti. Sarà che non si trova mai scritto “ Questo libro fa cagare”, ma “Uno dei migliori 100 autori della narrativa italiana, o statunitense, o russa, o…di ogni secolo” e cose del genere. Quello che mi fa più ridere è quando si utilizzano le stesse frasi per più libri del solito autore. Cioè, se Caio dice che il Tal libro di Tizio va assolutamente letto, questo viene poi riportato su tutti gli altri libri di Tizio. Ma che c’entra, scusa?
Comunque, torno a Questo è il giardino. Nel periodo in cui lo comprai cominciai a leggerlo. Ne lessi solo alcuni racconti, sparsi, e dire che non sono molti. Andò così, e basta. L’ho ripreso in mano solo alcune settimane fa, dopo che per un po’ di tempo non si era fatto vedere in giro. Non sul comodino, nella solita libreria, in quei posti in cui di solito guardo. Però è tornato fuori, e mi sono messo lì e ho letto. No, non l’ho letto tutto in una volta, in un giorno, una notte. Ci ho messo anzi qualche giorno, forse più di una settimana. Non è stata una lettura facile. Alcuni racconti li conoscevo per averli letti la volta prima. Il mio rapporto con questa raccolta è stato abbastanza conflittuale. Non facile. Sono andato avanti perché volevo andare avanti, avevo scelto di farlo. Ci sono stati momenti però in cui provavo fatica nel continuare a leggere. Una strana forma di noia, anche. Su questa noia ho pensato a lungo. Perché davvero ho detto che a volte questi racconti sono noiosi, parlandone con amici. Noia, anche fastidio. Fatica. Noia, fastidio, fatica. Eppure c’era qualcosa lì dentro, e dovevo leggere, andare avanti. Posarlo, sbatterlo, riprenderlo e continuare. Ancora e ancora. Una lotta, con momenti di studio ed altri di azione ad alternarsi.
“Lettera accompagnatoria”, “L’apprendista”, e di seguito gli altri racconti. Ogni volta che lo lasciavo mi dicevo Possibile che non riesca a procedere nella lettura? Quella sensazione di essere sempre allo stesso punto. Non era così, però era la sensazione che provavo. Cavolo, allora vuoi la lotta? Lottiamo. Una lotta calma. Ci fronteggiamo e guardiamo negli occhi. Negli occhi dell’avversario c’è anche qualcosa di noi. Qualcosa di noi che non sapevamo, che ci si palesa solo di fronte a lui. È difficile. Tenere uno sguardo, e in quello sguardo esserci. Le battaglie si scelgono e dalle battaglie siamo scelti. Anche i libri si scelgono, e dai libri siamo scelti. Leggere, è una scelta. Non vale solo per me. Quando scrivo vorrei che qualcuno scegliesse di leggermi. Vorrei essere in grado di farmi scegliere, così come mi è successo per Questo è il giardino. Il giardino ce l’hai sotto gli occhi, lo vedi e ci passi ogni giorno. Ma lo osservi mai davvero? Ecco, Questo è il giardino.
Noioso, sempre uguale. Fastidioso, sempre a ricordarti che c’è, che bisognerebbe prendersene cura. Faticoso, e togliere le foglie cadute dall’albero, e strappare le erbacce, tagliare l’erba…ma Questo è il giardino. Hai voluto la bicicletta? O pedala! Come si dice qua da noi (da voi non so). Non è solo da scegliere una bicicletta, l’averla implica responsabilità. Questo è il giardino, se volete. Leggerlo è una scelta. Averlo letto, qualcosa con cui fare i conti. Tutto qua.
Edizione esaminata e brevi note
Giulio Mozzi (Camisano Vicentino, 1960) è uno scrittore e curatore editoriale italiano, docente di scrittura creativa.
Giulio Mozzi, Questo è il giardino, Mondadori, 1998. (Prima edizione Theoria, 1993; poi Sironi, 2005)
Articolo apparso in Lankelot il 26 gennaio 2007
ab, aprile 2016
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