Poco più di tre mesi e sapremo se l’attuale Costituzione italiana – criticabile finché si vuole ma almeno comprensibile e opera di personaggi d’indubitabile valore intellettuale – sarà definitivamente stravolta grazie all’impegno profuso dal ministro Boschi, dall’onorevole Verdini e dagli scherani della maggioranza governativa. Come possiamo leggere nella quarta di copertina del piccolo libro “Io dico No”, “l’esito inciderà profondamente sulle regole della democrazia e sulla vita quotidiana dei cittadini”, anche se probabilmente ancora pochi elettori se ne rendono davvero conto. In questo momento la propaganda renziana sulla Costituzione “veloce” sta impazzando nella televisione di Stato – tipica prassi da MinCulPop – e presso i più diffusi quotidiani, ben supportata da editorialisti e intellettuali un po’ pompieri e un po’ appecoronati al potere e al loro partito di riferimento. Costume tipico italiano: ricordiamo sempre, quale involuzione del ventennio berlusconiano, che, dopo le leggi ad personam, siamo prossimi ad assaggiare una Costituzione ad personam, Le ragioni del No alla Costituzione del Bomba in questo momento trovano perciò un certo spazio grazie a pubblicazioni specialistiche e a piccole case editrici. In attesa di scrivere compiutamente sull’ultimo libro di Gustavo Zagrebelsky e Francesco Pallante, analisi puntuale, articolo per articolo, della nuova Costituzione, nuova anche quanto a sintassi e grammatica (non italiana, di origine ignota, forse rignanese), abbiamo letto “Io dico No”, edito dalle Edizioni Gruppo Abele. I quattro autori, esponenti della cosiddetta società civile, hanno voluto analizzare le autentiche implicazioni della riforma. Questi i contributi: “Un progetto contro la democrazia” di Alessandra Algostino (docente di Diritto costituzionale presso l’Università di Torino); “Falsi e verità su Italicum e Costituzione” di Livio Pepino (già magistrato, presidente del Controsservatorio Val Susa); “Ladri di sovranità” di Tomaso Montanari (docente di Storia dell’arte presso l’Università Federico II di Napoli); “Dal “no” a un impegno collettivo” di Luigi Ciotti (presidente del Gruppo Abele e di Libera).
“Io dico No” è un libro di neanche cento pagine, giusto una premessa per poi affrontare delle letture più impegnative e soprattutto l’impervia lettura dei 45 articoli che potranno stravolgere definitivamente una Costituzione peraltro da tempo già stravolta e imbastardita; ma le osservazioni volte a sbugiardare la propaganda governativa ci sono sembrate tutt’altro che banali, soprattutto leggendo i capitoli di Alessandra Algostino e Livio Pepino, che hanno affrontato la questione da un’ottica più giuridica. Interessante anche la sintesi rabbiosa di Tomaso Montanari, storico dell’arte con una spiccata sensibilità ambientalista, che ha inquadrato la cialtroneria della riforma costituzionale in continuità con i disastri promessi dal “Decreto Sblocca Italia”.
Alessandra Algostino, tra le tante osservazioni sulle forzature procedurali messe in atto dalla maggioranza, ha fatto notare che “il disegno di legge costituzionale non dovrebbe essere di matrice governativa ma provenire dal Parlamento” (pp.15). Livio Pepino, citando Rodotà, ha evidenziato che questa Costituzione, in stretta relazione con la legge elettorale “Italiucum”, propagandata come strumento “veloce” che si oppone all’inconcludenza dei “professoroni”, risulta coerente con una visione della democrazia o, per meglio dire, del potere, in cui “i cittadini cessano di essere protagonisti per diventare spettatori e limitarsi, come in un gioco televisivo, a esprimere periodicamente un voto di gradimento per gli aspiranti leader, fondato non sull’analisi di programmi articolati ma su emozioni indotte da tecniche di pubblicità commerciale. Con il corollario che chi vince prende tutto e che il grande manovratore così selezionato non deve, poi, essere disturbato, durante il mandato, né dai partiti o movimenti né, tanto meno, dagli elettori che lo hanno scelto. L’importante, in tale schema, non è l’entità del consenso ma la vittoria e la conseguente investitura, anche in assenza di maggioranza nel voto” (pp.48). Il già citato Montanari ha insistito poi più volte sulla deriva culturale e morale dell’Italia, in mano a politicanti di bassa lega, e in cui la riforma costituzionale è plasmata sull’idea di un “partito della Nazione” solo al comando e senza opposizioni. In altri termini: le istituzioni italiane asservite ad “una classe politica che devasta il territorio e lavora per segregarci in bolle di ignoranza, deforma quella Costituzione per rubarci la sovranità” (pp. 77).
Quell’ignoranza che, in termini meno brutali, è evocata nell’ultimo intervento da don Luigi Ciotti, un “non esperto” che ha voluto rimarcare l’importanza dell’informazione quale elemento essenziale per riconoscersi cittadini, proprio secondo gli insegnamenti di chi ha scritto la Costituzione (quella vera, quella del 1948): “assumersi la responsabilità del bene comune, rifiutare le scorciatoie e i compromessi, amare, più della verità, la ricerca della verità” (pp. 78). Un’affermazione impegnativa perché, nel caso del disegno di legge Renzi-Boschi, vorrebbe dire leggersi con attenzione 45 articoli in stretto burocratese, niente a che vedere con quella chiarezza – naturalmente legata al concetto di democrazia – di cui ha scritto più volte Piero Calamandrei.
Edizione esaminata e brevi note
Livio Pepino, già magistrato, attualmente studia, e cerca di sperimentare, pratiche di democrazia dal basso e di difesa dell’ambiente e della società dai guasti delle grandi opere. Ha scritto, da ultimo, Forti con i deboli (Rizzoli, 2012) e Come si reprime un movimento: il caso Tav (Intra Moenia, 2014) nonché, per le Edizioni Gruppo Abele, Non solo un treno… La democrazia alla prova della Val Susa (2012) e Grammatica dell’indignazione (2013), entrambi con Marco Revelli.
don Luigi Ciotti, ha fondato nel 1965 a Torino il Gruppo Abele, espressione di un impegno sociale fatto di accoglienza e servizi alle persone, ma insieme di proposta culturale, educativa e in senso lato politica. Oggi il Gruppo lavora accanto a giovani e adulti con problemi di dipendenza, donne costrette alla prostituzione, migranti, malati di Aids, famiglie in difficoltà. Convinto che solo il “noi” può costruire cambiamento e giustizia sociale, nel 1995 don Luigi ha contribuito alla nascita di Libera, che oggi coordina l’impegno di oltre 1600 realtà in Italia, attive nel contrasto alla criminalità organizzata e nella promozione di una cultura della legalità e della responsabilità.
Tomaso Montanari, (Firenze, 1971) storico dell’arte, è professore associato presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli studi di Napoli Federico II. Ha pubblicato per Einaudi i saggi “A cosa serve Michelangelo e Il barocco”; per Skira, il pamphlet “La madre di Caravaggio è sempre incinta”. Il libro “Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente” (da lui curato, e scritto insieme a Alice Leone, Paolo Maddalena, Salvatore Settis; Einaudi 2013). Ha vinto il Premio Internazionale Capalbio per la Saggistica 2013. Collabora con Il fatto quotidiano e le edizioni fiorentina e napoletana del Corriere della Sera. Nel novembre del 2012 ha ricevuto il Premio Giorgio Bassani. Nel febbraio 2013 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica «per il suo impegno a difesa del nostro patrimonio».
Alessandra Algostino, professore associato presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Torino. Insegna Diritto Costituzionale, italiano e comparato. E’ autrice di “L’ambigua universalità dei diritti. Diritti occidentali o diritti della persona umana?” (Jovene, 2005).
Alessandra Algostino, Luigi Ciotti, Tomaso Montanari, Livio Pepino,“Io dico No. Modifiche costituzionali e Italicum”, EGA – Edizioni Gruppo Abele, Torino 2016, pp. 80.
Luca Menichetti. Lankenauta, luglio 2016
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