Tobino Mario

Gli ultimi giorni di Magliano

Pubblicato il: 21 Aprile 2009

Il manicomio di Lucca è come un bastimento che è stato ancorato in una rada, non si monta più a bordo, pochi ne scendono e sono quelli che qualcuno di fuori se li viene a prendere oppure ci pensa la morte”. (p.123)

Sono le amare considerazioni dell’anziano psichiatra Tobino, ormai prossimo alla pensione, che vede disintegrarsi quel microcosmo ordinato nel quale ha trascorso, con amorevole dedizione, quarant’anni della sua esistenza, condividendo la vita coi matti, giorno e notte, incontrandoli tutti i giorni, dialogando con loro.

È una legge – la legge 180 – a causare tutto questo: psichiatri novatori, che a Tobino paiono addirittura ingenui, inconsapevoli della pericolosità della follia scatenata, poiché sono abituati a vederla imbavagliata dagli psicofarmaci, hanno deciso che la pazzia non esiste, è un prodotto della società e dunque i manicomi, moderni lager, devono essere smantellati, aboliti e i malati inseriti nel cosiddetto territorio. Termini burocratici – istituzione, settore, territorio – decretano il destino di persone e edifici.

Tobino è inorridito e soprattutto preoccupato per la sorte dei suoi matti: alcuni che paiono guariti dagli psicofarmaci, sono solo sedati, potrebbero risvegliarsi, scatenarsi, uccidere; altri sono incapaci di badare a se stessi, vissuti a lungo in manicomio, si disorientano al di fuori delle sue mura; poi ci sono gli anziani, quelli che non hanno più parenti o che i famigliari rifiutano e la lunga schiera dei malinconici che, se lasciati soli, cedono al richiamo della morte. Che ne sarà di loro? Non esistono più strutture adatte ad accoglierli e il reparto di psichiatria degli ospedali ha soltanto quindici posti-letto, se arriva un sedicesimo matto non si sa che fare.

“Gli ultimi giorni di Magliano”, definito “diariuccio” dal suo stesso Autore, è un libro di amara e veemente denuncia contro la legge Basaglia, ma è anche l’opera letteraria conclusiva di quella che può esser definita la trilogia (gli altri volumi sono “Le libere donne di Magliano” e “Per le antiche scale”) di Tobino dedicata al manicomio di Magliano.

Quei ritratti di folli cui l’Autore ci aveva abituati, qui ritornano intensi, magari invecchiati insieme a lui oppure obnubilati dagli psicofarmaci, che spengono lo sguardo e impastano la bocca. Proprio dalla scoperta di questi medicinali nel 1952 è cominciato tutto, la follia pareva ritirarsi, sparire, ma non è così:

Dolorosa follia, ho udito la tua implacabile voce per tanti anni, e quanto dolore ci fu tra queste mura. Adesso gli psicofarmaci ti hanno messo la maschera ma io intravedo il tuo ghigno, conosco la tua potenza, e credo che per difenderci da te ci voglia proprio un luogo adatto per te, si chiami manicomio, ospedale, pensione Miramare o pensione Miramonti, un luogo che sia consapevole dei tuoi artigli”. (p.67)

L’esperto Tobino sa che “La follia è una dea bendata, una danza dionisiaca, un pianto inconsolabile, è la violenza”.(p.61)

La follia è qui, angelo appollaiato sulla mia spalla, a cantarmi le sue arie”. (p.63)

Contro l’indiscriminata apertura dei manicomi e il loro veloce smantellamento in quanto luoghi di tortura e reclusione – loro stessi causa della follia – Tobino fa osservare che non tutti furono così. A Magliano ci furono dimissioni anche grazie agli psicofarmaci, ma con misura, ci furono aperture, si lavorò con famigliari e cittadini perché accogliessero gli ex ricoverati, ma non si scaricò indiscriminatamente sulle loro spalle la cura di un malato di mente senza offrire sostegno e assistenza sufficienti.

Un ospedale – innanzitutto un manicomio – deve essere a misura umana.

Che non vi prevalga la teoria ma imperi l’equilibrio tra pensiero e sentimento, che sia al corrente di tutto ciò che è nuovo ma che contemporaneamente tenga salda la saggezza acquistata dal passato”.(p.154)

Ora invece, visto che le nuove catene sono chimiche (il carrellino delle cure sembra sempre più a Tobino il carrellino delle torture) e non si vedono, i non-matti sono liberi, senza sorveglianza e senza aiuto.

La seconda parte del libro vede la lunga teoria dei malinconici suicidi, dei morti per incidente, persi nei boschi o scivolati in un fosso, perché disorientati, incapaci di difendersi, di reagire, lasciati in balia di se stessi. Nessun infermiere a sorreggerli, nessuno più a cercarli perché divenuti articoli quattro, liberi, responsabili.

Il dolore e la rabbia si mescolano in Tobino e neppure Lucca, riscoperta nella sua bellezza dopo tanti anni, vale a consolarlo del tutto. Alle vicende manicomiali – quasi monotone per il ripetersi dei drammi – Tobino alterna infatti liriche e appassionate descrizioni di Lucca, nella quale si rifugia per sottrarsi alle noiosissime riunioni imposte dalla Riforma.

Lucca di giorno e di notte in se stessa si culla”.(p.180)

Altro motivo di serenità è la presenza dell’amata Giovanna, cui il libro è dedicato, una donna forte e accogliente, che sa ascoltarlo e rasserenarlo.

Eppure desolazione e sdegno non cessano di tormentarlo: la lunga schiera dei suoi pazienti torna a visitarlo continuamente nella memoria, suo sogno era salutarli lasciandoli sereni e ben assistiti, è costretto invece a vederli dispersi, intontiti e sbavanti oppure riceve notizia della loro morte.

“È un prezzo che si deve pagare” dicono i novatori. Anche il bambino di cinque anni gettato in Arno da un non- pazzo ha pagato questo prezzo.

Alla voce di Tobino si unisce quella degli infermieri, quasi tutti ex contadini della campagna lucchese, ma alcuni dotati di vera passione per il loro lavoro, accorti, ormai esperti della follia e affezionati ai ricoverati. La nuova legge lascia tutti attoniti, quasi increduli.

Come sempre lo stile di Tobino è efficace, appassionato e impastato di quella calda umanità, di quella dimensione di “carità continua” che emergeva così forte anche nei libri precedenti.

A distanza di trent’anni dalla Legge 180 la voce di Tobino è rimasta tuttora inascoltata, mentre le famiglie con un malato di mente grave in casa continuano a resistere come possono.

Articolo apparso su lankelot.eu nell,aprile 2009

Edizione esaminata e brevi note

Mario Tobino (Viareggio 1910-Agrigento 1991) psichiatra e scrittore italiano.

Mario Tobino, Gli ultimi giorni di Magliano, Milano, Oscar Mondadori 1983. Introduzione di Fausto Gianfranceschi.

Links:

http://it.wikipedia.org/wiki/Mario_Tobino

http://www.italialibri.net/autori/tobinom.html

http://www.fondazionemariotobino.it/tobino_vita.php