Tornano le suggestioni della fantascienza d’annata, quella a misura d’uomo se è consentito usare un’immagine che cozza a prima impressione con alieno, automa futuribile o qualsiasi altra creatura, al di là della sua sostanza, che susciti mistero, inconoscibilità, terrore, paura, diversità. Diversità, forse questo è il termine che facilita la lettura più idonea a decifrare la fantascienza degli anni Settanta-Ottanta fino ai primi Novanta, quella tipicamente spielberghiana o anche – perché no – di Ridley Scott (i replicanti di Blade Runner) o James Cameron (non era, in fondo, un diverso in via d’umana accettazione il T-800 interpretato da Schwarzy dello straordinario Terminator 2?), quella in cui sono protagonisti ragazzini che percorrono ignari importanti percorsi iniziatici, quella che si è contaminata a volte con motivi orrorifici per rafforzare l’effetto catartico e, in qualche modo, per ricordarci che la fiaba, al cui impianto classico ogni buona storia che incontra i misteri s’ispira, è sempre il miglior modo per restituirci una realtà più accettabile. A questo sono serviti i vari E.T. e Incontri Ravvicinati del terzo tipo, gli Star Wars e i Terminator, tanto per citare alcune delle pellicole che sono a pieno diritto nella storia del cinema di genere, e non soltanto. J.J.Abrams, regista, produttore e sceneggiatore di successo, da appassionato ed esperto di genere (ha esordito dietro la macchina da presa con Mission: Impossible 3, ha prodotto Coverfield e diretto Star Trek), recupera le atmosfere della fantascienza di allora dirigendo Super 8, dal 9 settembre prossimo nelle sale italiane, thriller fantascientifico che fa suo integralmente il principio sacrosanto per cui i personaggi e la storia contano più della confusione e degli effetti speciali, omaggiando palesemente Spielberg – che non a caso produce e sposa entusiasticamente il progetto – e il suo cinema fantascientifico ricco di pathos e di sentimentalismo, che non dimentica di porre interrogativi, pur immediati e alla portata di qualsiasi tipo di spettatore.
La vicenda è ambientata nel 1979, in una cittadina dell’Ohio in cui un gruppo di ragazzini è testimone di uno spaventoso incidente ferroviario mentre è intento a girare un super 8 su una storia di zombie, proprio nei pressi dell’accaduto. È chiaro da subito ai loro occhi che l’incidente non è stato tale, e che i militari sopraggiunti in loco nascondono un inquietante mistero le cui conseguenze si ripercuoteranno sulla popolazione locale. Poco dopo, infatti, insolite sparizioni e strani eventi si verificano nella zona. Le autorità cittadine indagano, ma la verità è molto più terrificante di quello che tutti possono immaginare.
Sulla struttura portante della narrazione Abrams inserisce abilmente le vicende personali dei giovani protagonisti e di alcuni dei loro genitori, focalizzando l’attenzione sull’affetto profondo che nasce tra Joe (Joel Courtney) ed Alice (Elle Fanning), avversato dagli adulti per motivi riguardanti la recente morte della madre del ragazzo. I leitmotiv cinematografici spielberghiani, come accennato, ci sono tutti, tanto che Super 8 è un compendio e una summa di motivi e suggestioni presenti in differenti e famose opere del regista di Cincinnati: c’è il sentimentalismo di E.T, l’avventura dei Goonies (suo il soggetto ma diretto da Richard Donner) e il tentativo di avvicinare la diversità di Incontri ravvicinati del terzo tipo. In più è riconoscibile, sempre restando agli Ottanta, l’influenza di certe fiabe oscure e fascinose di Stephen King, come IT o alcuni racconti contenuti in Stagioni diverse (ricordate The Body, da cui fu tratto Stand by Me – Ricordo di un’ estate, portato sul grande schermo da Rob Reiner?). Il pregio di Super 8, nella sua agilissima struttura narrativa, è quello di poggiare su una scrittura che privilegia il racconto e che ben connota, senza esasperare, i suoi giovani e simpatici personaggi. Come nelle più riuscite pellicole fantascientico-orrorifiche degli Ottanta, Abrams ha anche la giusta intuizione di mostrarci l’alieno (sulla scia di capolavori come Alien di Cameron o La cosa di Carpenter) il minimo indispensabile e soprattutto oltre la metà della pellicola, così da generare maggiore curiosità e senso d’attesa nello spettatore. Anche gli attori contribuiscono all’ottima resa complessiva, e se i ragazzini, tra i quali spicca Elle Fanning, sono tutti davvero bravi, i caratteristi sono più che convincenti anche nei ruoli marginali. C’è anche un omaggio palese al cinema come mezzo espressivo, e il titolo della pellicola, in questo senso, è davvero emblematico.
Passione comune a Spielberg e Abrams, il super 8 è il vero filo conduttore del film che ha ispirato la circolarità e l’impianto metacinematografico dell’opera: “Abbiamo iniziato parlando di generi di film che amiamo vedere e anche del genere di film che un giorno avremmo voluto fare insieme – ricorda Spielberg – e siamo subito arrivati al nostro comune amore per i film in 8mm. Entrambi abbiamo pensato che sarebbe stato bello fare un film su dei giovani che affrontano delle avventure durante le riprese del loro film”. La sceneggiatura di Super 8 è anche un concentrato delle passioni del regista, come il suo amore per le invenzioni sci-fi, l’inclinazione per l’avventura e il fascino che scaturisce dall’incontro tra la vita di tutti i giorni e l’inspiegabile. Senza ombra di dubbio Super 8 è un’opera decisamente riuscita, alla quale è facile pronosticare un largo successo di pubblico. Peraltro, una volta tanto, decisamente meritato.
Federico Magi, luglio 2011.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: J.J. Abrams. Soggetto e sceneggiatura: J.J. Abrams.Fotografia: Larry Fong. Montaggio: Maryann Brandon. Interpreti principali: Joel Courtney, Kyle Chandler, Elle Fanning, Ryan Lee, Gabriel Basso, Zach Mills, Noah Emmerich, Jessica Tuck, Ron Eldard, Amanda Michalka. Scenografia: Martin Whist. Costumi: Ha Nguyen. Musica: Michael Giacchino. Produzione: Bad Robot, Paramount Pictures, Amblin Entertainment. Origine: USA, 2011. Durata: 112 minuti.
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