Siracusa, estate 1950. L’attrice Dora Genesio, nella parte di Milla Milord, esordisce al Teatro Luna. Ma in “Effatà” di Dora Genesio e di Milla Milord si parla ben poco. Perché il vero interprete del romanzo di Simona Lo Iacono si chiama Nino Smith, un bambino di otto anni, coi capelli biondi e gli occhi chiari. E’ arrivato in Sicilia da poche settimane al seguito di Dora Genesio l’attrice, che è poi anche sua madre, dopo aver lasciato l’Inghilterra. Nino è sordomuto. Le parole, e tutti i motivi che le parole si portano dentro, però, li riconosce lo stesso. Certo: non sa leggere, ma per quello chiede aiuto al bigliettaio o a chi sa farlo. Il resto lo capisce osservando le labbra o le facce che si trova attorno. Riconosce la rabbia di sua madre che lo sgrida, l’allegria degli altri bambini per strada, la furbizia del mercante Spezzasapone e il mugugni infastiditi di donna Sarina.
La Sicilia è diversa dall’Inghilterra, Nino lo sa. Anche i bambini sono un’altra cosa. “Non è facile alla sua età, quattro palmi d’altezza, capelli biondi e orecchie sorde, farsi rispettare dal nugolo di ragazzini che girellano per i vicoli sotto zazzere nere infestate da pidocchi, carnagioni olivastre e udito buono. Non è facile“. Sarà anche per questo che il teatro dove sua madre fa le prove si trasforma in fretta in un’occasione di gioco. L’avventura è dietro ogni loggione, sotto ogni sedile. Basta cercarla. Per questo Nino si inventa una missione di guerra, una guerra dentro la quale c’è persino una tana perché quando il capocomico spegne le luci per salvarsi dal buio serve un riparo. La vede proprio lì, sotto il palco: una botola. Un buco in cui, come gli spiega il solito bigliettaio, c’è il maestro di buca o suggeritore.
A che serve un suggeritore? Gli attori non sanno tutto a memoria? Nino è confuso. “L’ha detto, Nino, l’ha detto che questa storia delle parole è tutta una farsa. E che anche chi parla non si capisce. E che anche ci potrebbe dire da sé, ha bisogno d’altri“. In guerra, comunque, una buca che faccia da trincea è fondamentale. E il suggeritore? Sarà lui a parlare per Nino. L’accordo è tacito ma funziona alla perfezione. Una comunanza di spazi, un ossimoro di ruoli. E quello del suggeritore, in verità, si trasforma col tempo perché il copione della vita si scompagina e l’uomo inizia a tastare la gola di Nino a picchiettargli lo sterno o la schiena. Gli apre la bocca e “la alluma persino, come se un cero che frigge potesse dargli chissà che notizia su quella lingua che non batte dente, su quella voce nascosta chissà dove, sulle parole…“.
Forse perché il suggeritore non è solo un suggeritore. Forse perché nel suo passato c’è una storia infausta di colpe e tormenti ed il piccolo Nino diventa un’occorrenza di redenzione. Un miracolo che va compiuto per dare la parola a chi non l’ha mai avuta o per restituire un po’ di vita a chi è stato costretto a dispensare morte. Ed è così che il suggeritore si fa maestro di parole, scritte e lette, quelle che sono origine di ogni pensiero e che ogni volta Nino sembra attraversare come farebbe un esploratore. E basta che Nino venga assaltato dalla parola appena nata in lui per rendere felice il suggeritore che “pare trasalire di una felicità antichissima, sgrana il suo stetoscopio come il rosario di frate Pacifico, rasenta l’ombra di un fantasma quasi palpandolo con le mani“. E di fantasmi, nel passato del suggeritore, ce ne sono parecchi. Appartengono a un tempo nemmeno troppo lontano in cui il male puro amministrava il mondo e spezzava vite solo perché non sufficientemente pure o perfette.
La storia di Nino si intreccia così con la Storia dei grandi. Simona Lo Iacono inietta nella sua narrazione i freddi e composti documenti, ispirati a quelli reali, di un processo famoso. “Effatà” è una buonissima lettura. Ho amato Nino, il suo mondo di silenzio ed immaginazione. Ho amato la Sicilia di personaggi che sembrano arrivare dalla migliore letteratura partorita da questa terra, quella di Sciascia o di Camilleri, per esempio. Ho amato il confluire tenero e sorprendente di parole che si fanno materia: percezione, immagine ed origine del mondo. La scrittura della Lo Iacono è incantevole, risente di regionalismi e di radiose ispirazioni. Frasi che si susseguono in una candida ed essenziale misura, la stessa con cui si muovono gli occhi e il cuore di ogni bambino. D’altro canto a parlare è sempre Nino e quello che gli sta a cuore, in fondo, è capire quello che vorremmo capire tutti: “cos’è ‘sta felicità“.
Edizione esaminata e brevi note
Simona Lo Iacono è nata a Siracusa nel 1970. Lavora come magistrato da diversi anni: dirige la sezione distaccata di Avola, tribunale di Siracusa. E’ autrice di diversi racconti e collabora con magazine e riviste. Con il suo lavoro tende spesso a coniugare letteratura e diritto. Il suo primo romanzo si intitola “Tu non dici parole” (Perrone Editore, 2008) col quale ha vinto il Premio Vittorini Opera Prima. Nel 2010, in collaborazione con Massimo Maugeri, ha pubblicato un racconto lungo dal titolo “La coda di pesce che inseguiva l’amore” (Sampognaro & Pupi). Nel 2011 arriva “Stasera Anna dorme presto” (Cavallo di Ferro) col quale si è aggiudicata il Premio Ninfa Galatea. Nel 2012 ha pubblicato il racconto storico “Il cancello” e nel 2013 è uscito “Effatà” (Cavallo di Ferro). Simona Lo Iacono cura una rubrica fissa sul blog “Letteratitudine” di Massimo Maugeri.
Simona Lo Iacono, “Effatà“, Cavallo di Ferro, Roma, 2013.
Pagine Internet su Simona Lo Iacono: Blog / Editoria siciliana (intervista) / Scheda Cavallo di Ferro
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