“Francesco e l’infinitamente piccolo” è un libro strano. Forse perché non è facile inquadrarlo. Non è propriamente una biografia e neppure un romanzo. Non è un’agiografia né un saggio. “Francesco e l’infinitamente piccolo” è scritto magnificamente e intriso di quella “profonda leggerezza” che avevo già apprezzato in “Folli i miei passi”, dello stesso Bobin. La vita di Francesco (e parlo del santo di Assisi) è stata scritta e ri-scritta una miriade di volte. D’altro canto il “poverello” affascina e conquista molti da più di otto secoli. Eppure la vita di Francesco scritta come l’ha scritta Bobin ha qualcosa di diverso. Somiglia a un incanto, a una predestinazione che va ben al di là delle pianificazioni divine quasi come se Dio stesso fosse rimasto piacevolmente sorpreso della presenza di Francesco nel mondo.
L’inizio è un versetto tratto dal libro di Tobia, direttamente dalle sacre scritture: “Il giovane partì con l’angelo e anche il cane lo seguì”. “Non ci sono molti cani nella Bibbia. Ci sono balene, pecore, uccelli e serpenti, ma ben pochi cani. In effetti, l’unico che conoscete è proprio questo, che scorrazza per i sentieri al seguito dei suoi due padroni: il giovane e l’angelo, il riso e il silenzio, il gioco e la grazia. Cane Francesco d’Assisi“. Francesco è visto nel suo tempo, il XIII secolo. Nasce ad Assisi da Donna Pica, una madre provenzale che lo battezza col nome di Giovanni e da un padre mercante di stoffe, Pietro di Bernardone, costantemente occupato in questioni d’affari o di viaggio. “Gli uomini reggono il mondo. Le madri reggono l’eterno, che regge il mondo e gli uomini. La futura santità del piccolo Francesco d’Assisi, ancora imbrattato di latte e di lacrime, dovrà la sua vera grandezza a questa imitazione del tesoro materno, estendendo alle bestie, agli alberi, a tutti gli esseri viventi quanto le madri hanno da sempre inventato per il bene del neonato“.
Francesco cresce come crescono tutti i bambini. I libri non dicono molto della sua infanzia. Si racconta della sua giovinezza: un ventenne capace e sveglio, abilissimo negli affari, proprio come suo padre. Vende stoffe e sa attirare clienti. Un talento. E si diverte proprio come i suoi coetanei. “Il denaro che entra in bottega lo spende nel gioco. L’amore che gli entra nel cuore lo spende in feste. Ciò che ha, ciò che è, lo brucia. C’è in lui un che del liocorno, e un poco anche della salamandra […] Le fanciulle vanno e vengono. Il denaro va e viene“. Nel frattempo scoppia la guerra, una delle tante, tra Perugia ed Assisi. Francesco parte con sogni di cavalleria e di gloria. Viene fatto prigioniero nel 1202 e lo rimarrà per due anni. In questo frangente sembra avvenire un profondo mutamento. Torna ad Assisi malato di febbri ed arso da un logorio che non aveva mai conosciuto prima. Nel 1205 una nuova guerra e una nuova partenza: Francesco combatte per il Papa. La leggenda dice che a Spoleto accade qualcosa di straordinario: Dio parla in sogno con lui e lo intima a fermarsi perché deve impegnare la sua esistenza in un’altra opera. “Solo l’Infinitamente Piccolo che bisbiglia all’orecchio del dormiente, che gli parla come solo può parlare: infinitamente piano. Un brandello di sogno. Un pigolio di passero. E ciò basta perché Francesco rinunci alle sue conquiste e ritorni al paese. Qualche parola piena d’ombra può cambiare una vita“.
La guerra non lo interessa e neppure la vita luminosa che tutti intravedevano per lui. Si allontana e va a riparare la casa di Dio, proprio come il sogno di Spoleto aveva richiesto. Ripulisce vecchie cappelle, ripristina chiese abbandonate. Lavora come un manovale qualunque. Si aggira tra i miserabili, si muove nel lebbrosario. “Non cerca la povertà. Cerca l’abbondanza che il denaro non può offrire“. L’Infinitamente Piccolo si trova proprio lì, ai margini, nei luoghi dove la vita manca. Inizia così la sua santità, una santità che è gioia del poco, che è dialogo col creato, che è parola e gesto. Sappiamo bene cosa è arrivato da lui. Una regola nuova di fratelli uniti nella povertà e nella letizia del nulla. Delle donne non ha paura come hanno paura tanti uomini e Chiara, anche lei santa d’Assisi, diviene una delle tante forme d’amore della sua vita.
Ho sentito, visto e letto molto della vita di Francesco eppure mai ho provato sensazioni come quelle trasmesse da questo libro. La sua bellezza sta nella capacità di Christian Bobin di aver riscritto in maniera particolarissima e sentita l’esistenza di Francesco. La sua prosa, che sembra costantemente pervasa da afflato poetico, si muove con la stessa delicata calma e la stessa luminosa spontaneità che potrebbero guidare gli occhi di un bambino. Il Dio di Bobin è infatti il Dio delle piccole cose, dell’impercettibile, del microscopico. Nulla a vedere, quindi, con l’Essere trionfante, magnifico e supremo celebrato dalla religione. Francesco dimostra di essere esattamente un uomo creato a immagine di Dio, il santo delle piccole cose, dell’impercettibile, del microscopico. Una santità che non è altro che spontanea manifestazione di gioia e di amore per ciò che esiste. Nulla di complicato.
Edizione esaminata e brevi note
Christian Bobin è nato nel 1951 a Creusot, luogo in cui tuttora vive. Ha studiato filosofia ed ha lavorato prima presso la biblioteca municipale d’Autun poi nell’Ecomuseo di Creusot. Le sue prime pubblicazioni risalgono alla fine degli anni ’70. Il successo, però, arriva solo nel 1991 grazie a “Une petite robe de fête”. Ma ancora più clamore suscita un libro pubblicato l’anno dopo, si tratta di “Le Très-Bas”, dedicato a Francesco d’Assisi e vincitore di alcuni premi letterari. Christian Bobin è letterato, poeta, saggista. Numerose sue opere sono state tradotte anche in italiano, tra esse possiamo ricordare: “Francesco e l’infinitamente piccolo” (Il pozzo, 1994); “L’uomo che cammina” (Sympathetika, 1998); “Geai” (Le vele, 2000); Elogio del nulla (Philologia, 2002); “Resuscitare” (Gribaudi, 2003); ” Il distacco dal mondo” (Servitium, 2005); “Consumazione. Un temporale” (Città Aperta, 2006); “La parte mancante” (Città Aperta, 2007); “Mille candele danzanti” (Camelozampa, 2008); “Più viva che mai. Una storia d’amore dura per sempre” (San Paolo Edizioni, 2010); “Autoritratto al radiatore” (AnimaMundi Edizioni, 2012); “Una biblioteca di nuvole” (Camelozampa, 2012); “Folli i miei passi” (Edizioni Socrates, 2013).
Christian Bobin, “Francesco e l’infinitamente piccolo“, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 1994. Nona edizione, 2012. Traduzione dal francese di Giovanna Troisi Spagnoli. Titolo originale: “Le Très-Bas“, Gallimars, Paris, 1992.
Pagine Internet su Christian Bobin: Wikipedia (fr)
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