È difficile sintetizzare l’intreccio e i motivi ultimi di un anime complesso, contorto, articolato e labirintico come Neon Genesis Evangelion, una delle serie di culto – se non la serie di maggior culto – che l’animazione giapponese ha partorito da quando, negli Ottanta inoltrati, ha deciso di addentrarsi in tematiche più adulte, psicologiche e metafisiche. Questa analisi che vi propongo è dunque rivolta a chi quanto meno conosce gli snodi essenziali dell’anime in questione, non essendo intenzionata a ripercorrere passo passo le tracce che portano a questo lungometraggio conclusivo, immaginato dal suo autore, Hideaki Anno, per dare quelle risposte che la serie aveva volutamente lasciato in sospeso per concentrarsi su un epilogo che ci aveva proposto numerosi quesiti incentrati totalmente sulla ricerca di sé del suo giovanissimo protagonista. Shinji Ikari, nel finale della serie, dopo una molteplicità di domande che interrogavano sé stesso e lo spettatore in un stadio che alternava la veglia e il sogno, riusciva a vincere le sue ataviche paure per donarsi finalmente alla vita senza più barriere protettive (senza più l’ingombro dell’ A.T. Field). Questo primo finale, che doveva essere anche l’unico nelle intenzioni dell’autore, lasciò perplessi moltissimi appassionati di superficie che si aspettavano – in linea con i canoni della fiaba animata robotico-fantasy fino ad allora in voga – un finale d’azione e combattimenti, con dei vinti e dei vincitori, con dei buoni e dei cattivi riconoscibili, e soprattutto con tutte le risposte alle innumerevoli questioni poste sul tavolo. I veri cultori, al contrario, ne rimasero entusiasti, decretando Neon Genesis Evangelion come l’anime supremo: il maggior prodotto d’intrattenimento animato a cui avessero assistito. A Oriente come Occidente, Evangelion – uscito in Giappone come una meteora alla metà degli anni Novanta, e arrivato in Italia sei anni dopo, sull’onda del successo planetario – ha nel tempo raccolto un numero considerevole di appassionati, tanto da render necessario dare alla storia un finale meno criptico e più razionale, nonostante Anno e i fan più fedeli alla linea fossero già più che soddisfatti delle 26 puntate messe in circolo. Ecco che nel 1997 arriva sugli schermi delle sale giapponesi The End of Evangelion, nuova conclusione divisa in due parti da 45 minuti circa, nella sostanza sostitutive delle ultime due puntate della serie (25-26), quelle dell’introspezione di Shinji. In italiano, prendono il duplice titolo: Air / Per te, tutto il mio essere.
Facciamo solo una brevissima ricognizione sul tema cardine e sugli snodi essenziali delle 24 puntate precedenti, per meglio ricongiungerci al nuovo epilogo. La serie narra le vicende dell’organizzazione paramilitare NERV, costituita per dar battaglia agli Angeli, apparentemente potentissimi robot, in realtà complessi esseri di natura umana preesistenti all’uomo e venuti – o tornati? – alla luce in occasione del Second Impact, un enorme cataclisma avvenuto nell’anno 2000 che ha provocato la disgregazione e lo scioglimento dei ghiacci dell’Antartide. Questa la spiegazione ufficiale. A combattere gli Angeli ci sono le unità Evangelion (gli EVA), anch’esse, si scoprirà lungo il corso della serie, fatti più o meno di una sostanza simile, ma con la differenza di essere guidati da ragazzi appena adolescenti (Children) selezionati in base al grado di compatibilità con l’EVA ospitante. Siamo nel 2015, a Neo Tokio 3, ricostruzione della megalopoli originaria. Shinji Ikari è il tormentato pilota dell’Eva 01, ed è intorno alla sua figura che ruota l’asse della vicenda. Gli altri due EVA da combattimento sono pilotati da due ragazze opposte per carattere, la silenziosa e passiva Rei Ayanami e l’esuberante Asuka. La NERV e i suoi Eva combatteranno e sconfiggeranno i 16 Angeli esistenti, salvando in sostanza il pianeta dalla distruzione. E poi c’è la vicenda personale del protagonista, che attraversa l’opera e che diventa centrale nell’epilogo. È una ricostruzione volante, me ne rendo conto, ma è ad uso solamente dei curiosi di passaggio e di chi ha un vago ricordo di Evangelion e non ha visto questo secondo epilogo. Come si accennava in precedenza, molte le questioni che vengono evocate e molte quelle che restano sul campo: cosa sono gli A.T.Field, le potenti barriere protettive? Cosa lega gli Angeli agli esseri umani? Chi è Adam? Chi sta dietro alle Seele? Quali enigmi nasconde il padre di Shinji? Quale è la natura di Rei Ayanami? Perché l’EVA 01 è così importante? Cosa è successo veramente durante il Second Impact? Quale destino per l’umanità?
Sembrerà strano, a chi non ha mai visto Neon Genesis Evangelion, che una serie animata arrivi al suo epilogo lasciando tutte queste domande aperte sul campo, raccogliendo peraltro un numero spropositato di estimatori a tutte le latitudini del pianeta, o quasi. Talmente strano che è inutile spiegarlo ai neofiti; talmente strano che The End Of Evangelion risponde a parte di queste domande ma resta comunque apertissimo a molteplici interpretazioni, palesandosi più che altro come un nuovo tassello per rafforzare il culto dei fan, ma non un’opera – per quanto sempre molto interessante nella sua commistione tra fantascientifico e psicologico, tra fisico e metafisico, immanente e trascendente – di cui si sentiva tutta questa urgenza.
Nella prima delle due parti del nuovo finale si riparte dall’eliminazione dell’ultimo Angelo, con Shinji preda dei suoi tormenti esistenziali, Asuka priva di conoscenza all’interno dell’ospedale della base sotterranea della NERV e Rei in procinto di svelare la sua natura. La NERV è sotto attacco, e questa volta sono gli uomini, militari mandati dalla Seele, il nemico da sconfiggere. Ciò che nella serie era solo adombrato, già dal principio del film diventa chiaro e limpido: il Second Impact non è stato provocato da un Angelo, ma dall’uomo. C’è un disegno immaginato già da tempo che vuol servirsi degli EVA per creare l’essere perfetto, una sorta di nuovo Dio. Una nuova Apocalisse è alla porte, un’Apocalisse che prelude o a una Nuova Genesi nella quale centrali saranno le figure di Rei e Shinji.
Senza accennare altro, per non svelare alcuni snodi che porteranno a una comprensione più o meno leggibile della vicenda, si può registrare come questo forzato epilogo risenta dell’ansia di spiegare ciò che nelle intenzioni originarie di Anno e dei suoi collaboratori non voleva essere spiegato. Tanta la carne al fuoco che era pressoché impossibile restituire un senso univoco e chiaro a una vicenda che comunque regala interessanti suggestioni e sostanzialmente procede sul solco tracciato in origine, dando centralità alla profondità dell’essere più che all’esteriorità dell’apparire. The End of Evangelion si avventura ancor più nel fantascientifico mistico e metafisico, pescando qua e là tra i fondamenti delle religioni abramitiche e antropocentriche (cristianesimo ed ebraismo, nella fattispecie), rileggendo i motivi primari del nostro essere nel mondo alla luce della più potente forza invisibile e incorporea che ci costituisce: l’anima. Non a caso la potenza di protezione maggiore degli EVA è costituita dall’A.T. Field, perdendo la quale possono essere letteralmente cannibalizzati da un loro simile o da uno stesso Angelo, per essere devastati o fusi in un nuovo, più potente ed evoluto essere. Tutta la lunga, frastornante e conclusiva sequenza è rappresentativa di ciò, ma è comunque sempre all’uomo che torna il circolo della vita: l’uomo, al contrario dell’Angelo, è l’essere che può discernere e quindi abbandonare consapevolmente la sua anima / A.T. Field, perché ha scelto la via della conoscenza e con essa la mortalità, la finitezza. L’estensione della filosofia di fondo dell’opera arriva a concludere che la forma e la sostanza coincidono con l’anima, e che il corpo è una mera immagine che muta a seconda della percezione di chi guarda, e che anche l’immagine di sé muta a seconda della volontà di aprirsi al mondo e alla consapevolezza della necessità dell’alterità. In fondo, a ben guardare, Anno non ha voluto discostarsi molto dal criptico finale della serie, pur modulando visivamente la sua opera per esigenze di spettacolo: l’epilogo vede sempre protagonista Shinji e il progressivo schiarirsi delle proprie nebulose alla ricerca di sé.
The End of Evangelion si può definire, in ultimo, una suggestiva appendice a un indiscutibile capolavoro dell’animazione giapponese che paradossalmente non risponde compiutamente alle tante domande lasciate in sospeso dalla serie. Va invece a supportare la conclusione precedente, chiudendo il cerchio su interrogativi esistenziali ed universali filtrati dall’inconscio del suo giovanissimo eroe-antieroe: ancora una volta Shinji, che condensa nell’animo di un adolescente tutte le paure e i dubbi degli esseri umani.
Federico Magi, dicembre 2009.
Edizione esaminata e brevi note
Regia: Hideaki Anno, Kazuya Tsurumaki. Soggetto: GAINAX. Sceneggiatura: Hideaki Anno, Kazuya Tsurumaki. Art Director: Hiroshi Kato. Scenografia: Kazuo Oga. Montaggio: Sachiko Miki. Musica originale: Shiro Sagisu. Titolo originale: “Shin seiki Evangelion Gekijo-ban: THE END OF EVANGELION Air/Magokoro wo, kimi ni ”. Origine: Giappone, 1997. Durata: 90 minuti.
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