Te lo immagini? Arrivare al Polo Sud pensando di essere il primo uomo ad averlo fatto e trovare, invece, le tracce inequivocabili del passaggio di qualcun altro? Il capitano inglese Robert Falcon Scott deve aver patito una delusione inenarrabile quando, arrivato nel centro dell’Antartide, è stato costretto a constatare che il suo prezioso obiettivo era stato ormai conquistato dal norvegese Amundsen. Perso per questione di poco, tutto sommato. Mi è capitato di leggere Stefan Zweig che in “Momenti fatali” questa tragica storia aveva già raccontato. Ora passo attraverso le pagine di Filippo Tuena che si conferma eccellente narratore, magnifico osservatore oltre che scrittore d’innato talento. Un’avventura sensazionale quella voluta da Scott e dai suoi uomini, un viaggio nel deserto ghiacciato del Polo Sud tra sacrifici, sofferenze e indicibili tormenti capaci di scavare nella carne ma anche nell’anima e nella mente di uomini caparbi ed irriducibili. Tuena, come ha già fatto in altri suoi libri, fa delle immagini parte integrante ed imprescindibile della sua storia. Si sofferma con attenzione clinica su ogni espressione, su ogni ombra, su ogni minuscolo atteggiamento. Scandisce tutto quel che appare e traspare dalle foto scattate durante la conquista del Polo Sud. L’io narrante è una figura spettrale e mistica, oltre che trovata narrativa d’estremo interesse. Uno spirito del ghiaccio? Una divinità delle nevi perenni? Un’anima immortale destinata alla solitudine? Forse niente di tutto questo o forse tutto questo insieme. Un’ombra che vediamo osservare e seguire gli esploratori passo dopo passo, che ne conosce i timori e ne intuisce le nostalgie. E qualcuno degli uomini persi tra i ghiacci crede persino di averla vista (o magari solo immaginata): una figura incappucciata e silente, un esploratore in più che si somma a quelli già conteggiati. Ne hanno scritto anche i poeti e ne hanno raccontato i viaggiatori.
Il Polo è perso. E lo sappiamo fin da subito. Non c’è invenzione che tenga. Il bello è che, comunque, a chi legge poco importa. Perché “Ultimo parallelo” è viaggio e scoperta e ricerca e incubo e ignoto. Si va accanto a chi cammina sprofondando nelle neve, a chi perde la cognizione del tempo, dello spazio e di sé, accanto a chi è accecato dal troppo candore o dal furore impietoso del Blizzard. Brani brevi, paragrafi che scorrono scivolando in fretta. Una fretta che pure Scott, forse, deve aver percepito in qualche frangente. La fretta di concludere il prima possibile un viaggio che è durato troppo, che è stato un fallimento e che, soprattutto, la stagione sbagliata può tramutare in tragedia. Alcuni sono tornati al campo base come era stato previsto. A loro tocca aspettare. Solo aspettare. Sperano di vedere in lontananza, in quell’orizzonte sprofondato nel niente, le sagome dei compagni arrivati al Polo e prossimi al rientro. Aspettano immaginando il possibile. Tra il 1911 e il 1912 gli strumenti per capire e conoscere il destino di Scott e di chi l’ha seguito fino alla fine non ci sono ancora. Ed anche per questo è drammaticamente commovente seguire la disperata avventura del capitano Scott e dei suoi uomini. Se ne valutano i limiti, si soppesano gli errori e, alla fine, si conteggiano i morti. Tuena immagina e racconta e le voci di chi c’è e di chi non c’è più si sovrappongono e si mescolano fino ad imbastire un romanzo eccellente.
Una lettura non semplice che, a quanto pare, ha scoraggiato molti dopo qualche decina di pagine. Non fatelo. Non fatevi affaticare dalla durezza del gelo e dalla complessità del narrato. “Ultimo parallelo” è il racconto di quel che Zweig ha denominato “momento stellare”. Un momento in cui i destini si aggiustano o si spezzano, un frangente in cui si decide la Storia. O si vince o si perde. Scott ha perso ma forse proprio per questo merita l’onore di essere raccontato in maniera così intensa e così suggestiva.
Edizione esaminata e brevi note
Filippo Tuena è nato a Roma nel 1953. Si laurea presso “La Sapienza” in Storia dell’Arte. Fino al 1996 lavora come antiquario presso l’attività di famiglia nella città natale. Poi si trasferisce a Milano. E’ autore di numerosi libri. Con “Tutti i sognatori” (1999) conquista il premio Grinzane-Cavour mente con “Le variazioni Reinach” (2005) vince il premio Bagutta. Gli altri scritti: “Il tesoro dei Medici”, Giunti, 1987; “Lo sguardo della paura”, Leonardo edizioni, 1991; “Il volo dell’occasione”, Longanesi, 1994; Fazi, 2004; “Il diavolo a Milano”, Ikonos, 1996; Carte scoperte, 2005; “Cacciatori di notte”, Longanesi, 1997; “Michelangelo. La grande ombra”, Fazi, 2001; “La passione dell’error mio. Il carteggio di Michelangelo”, Fazi, 2002; “Quattro notturni”, Aletti, 2003; “Notturno. Un preludio e sette scene per Giulio II e Michelangelo”, Fazi, 2003; “Michelangelo. Gli ultimi anni”, Giunti, 2006; “Ultimo parallelo”, Rizzoli, 2007; Saggiatore, 2013; “Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante”, Mattioli 1885, 2010; “Stranieri alla terra”, Nutrimenti, 2012; “Quanto lunghi i tuoi secoli (Archeologia personale)”, Pro Grigioni Italiano, 2014; “Memoriali sul caso Schumann”, Il Saggiatore, 2015.
Filippo Tuena, “Ultimo parallelo”, Il Saggiatore, 2013.
Filippo Tuena: Wikipedia / Sito personale / Storia di un cercatore di storie (pdf)
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