Said Marhan è un ladro. E’ stato tradito dal suo fido compagno Alish ed ha scontato quattro anni di carcere. E’ finalmente libero ed “ecco dischiudersi il grande portone del carcere su segreti senza speranza“. Said è rabbioso. Ce l’ha coi cani traditori. Ce l’ha con Alish ma anche con Nabawiyya, la donna che ha divorziato da lui per stare insieme all’uomo che ha causato la sua carcerazione. Tradimento doppio, ignobile, imperdonabile. Said, però, vorrebbe prima di tutto riabbracciare la piccola Sana’, sua figlia. Nel flusso di coscienza che accompagna tutta la narrazione, l’uomo pensa alla piccola come unica possibilità di felicità e di riscatto. Cercando di reprimere la sua sete di vendetta, Said va nella casa in cui si trova Sana’ ma la bambina è intimorita da quell’uomo che non riconosce. Non vuole nemmeno salutarlo, si ritrae, urla e lo respinge piangendo.
La delusione per quell’amore mancato va a sommarsi a quelle già patite. Said cerca riparo presso la casa del vecchio Shaykh Ali Gunaydi. Il saggio ha appena finito di meditare e di recitare la preghiera, i due parlano ma le leggi di Dio che Ali Gunaydi rammenta al ladro non sembrano scalfirlo. Il giorno seguente Said legge sul giornale la rubrica del suo maestro ed amico Rauf Aluan. Nonostante si sforzi, però, tra quelle parole su moda femminile e mogli abbandonate, non riesce a rintracciare il carattere e la forza del vecchio Rauf. “Dove si è cacciato l’entusiasmo straripante di questo studente provinciale dai vestiti sbrindellati che, tuttavia, celavano un cuore grande? E dov’è la penna sincera e vivida? Chissà che è successo al mondo?“. Rauf, in effetti, è cambiato, è diventato un importante giornalista. Vive in una grande e lussuosa villa e quando riconosce Said lo fa entrare e parla con lui. Eppure nemmeno in questo caso Said riesce a trovare la comprensione che vorrebbe. Rauf è cinico e categorico: “In passato, eri un ladro e un amico per le ragioni che ben conosci. Ma i tempi cambiano e se torni a rubare, per me sarai solamente un ladro!“.
I cani traditori aumentano. Ad Alish e Nabawiyya ora si aggiunge anche Rauf. Il desiderio di vendetta di Said cresce spudoratamente. “La grande soddisfazione sarebbe ucciderli insieme: Nabawiyya e Alish. Dopo di che si regolerebbero i conti con Rauf Aluan. E poi la fuga, preferibilmente all’estero. Ma che ne sarebbe di Sana’? E’ questa la spina nel mio cuore“. L’unico appoggio che riesce ad avere è quello di Nur, una prostituta che lo ama e che lo accoglie nella sua casa posta a pochi passi dal cimitero di Bab al-Nasr. La disperazione di Said si mescola alla sua cieca pretesa di vendetta. Il castigo che vorrebbe infliggere ai cani traditori, però, si ritorce quasi inevitabilmente contro di lui: uccide senza uccidere chi vorrebbe davvero. Un ladro che si fa assassino, incapace di accogliere redenzione.
Le ragioni di Said sono palesemente guaste. E Mahfuz, ottimo scrittore ed ottimo analizzatore di psiche e pulsioni, riesce a farci assistere ad una alterazione umana che conduce un personaggio (il protagonista) già di per sé “cattivo” a qualcosa di ancora più nefasto e deleterio. La sequenza di eventi che conducono Said a fare la fine che fa non riesce a giustificarlo né a salvarlo. La sua indole, nonostante qualche buon proposito, non sa mutare anzi, viene ulteriormente deformata dal desiderio irrazionale di vendetta. Insomma: dal male nutrito da altro male non può che arrivare annientamento. Said è un fallimento. La bravura di Nagib Mahfuz sta proprio nell’essere riuscito, attraverso una scrittura raffinata ed attenta, a condurre il lettore fin dentro questo tracollo, a descrivere la solitudine, l’amarezza e il pessimismo che culminano nell’autodistruzione.
Edizione esaminata e brevi note
Nagib Mahfuz è nato a Il Cairo nel 1911. Ha sempre vissuto nella sua città, nel suo quartiere natale: al-Gamaliya. Ha iniziato a scrivere a soli 17 anni e si è laureato in Filosofia contro il volere paterno. Nel 1957 viene pubblicata l’opera che gli diede la consacrazione, “La trilogia del Cairo”, e nello stesso anno, gli viene assegnato il Premio di Stato per la Letteratura. Mahfuz è stato il primo scrittore arabo ad essere insignito del Premio Nobel per la Letteratura (1988). Oltre ad essere scrittore, giornalista ed autore di varie sceneggiature, Mahfuz ha lavorato per il Ministero degli Affari Religiosi e, successivamente, è stato il Direttore del Dipartimento del cinema presso il Ministero della Cultura. Alcuni dei romanzi di Nagib Muhfuz, primo fra tutti “Il rione dei ragazzi” (1959), sono stati proibiti in diversi Paesi arabi perché il suo autore era considerato eccessivamente moderato o filo-occidentale. Proprio a causa di queste posizioni, Nahfuz subì, nel 1994, un attentato da parte degli integralisti islamici: un terrorista lo colpì con due coltellate alla gola. Lo scrittore si salvò per miracolo e continuò a scrivere fino al giorno della sua morte, avvenuta il 30 agosto 2006.
Nagib Mahfuz, “Il ladro e i cani“, Feltrinelli Editore, Milano, 2007. Traduzione dall’arabo di Valentina Colombo. Titolo originale: “Al-liss wa’l-kilāb” (1961).
Pagine Internet su Nagib Mahfuz: Wikipedia / Arablit / Nobel Prize (en)
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