Ugolini Pietro

Giustiniano

Pubblicato il: 18 Marzo 2008

“Una volta, quando le case erano di sasso e sulle strade c’era la polvere, mio zio si chiamava Giustiniano”.

Viene presentato così, attraverso le parole del nipote, il protagonista del romanzo, una figura positiva ed equilibrata, fedele ai suoi ideali fino alla morte.

Giustiniano è ebreo, antifascista e liberale, è l’anziano farmacista di un piccolo borgo rurale, è conosciuto e stimato da tutti.

Uomo buono, contrario alla prepotenza e alla violenza, si rifiuta di trasformare il pascolo delle sue pecore in campo di frumento come vorrebbero i fascisti, ansiosi di vincere la battaglia del grano. Verrà braccato per questa sua pacifica, ma ferma opposizione e l’epilogo sarà tragico.

Giustiniano è il depositario di una saggezza che nasce dall’esperienza, è un giusto che si è sempre posto al servizio degli uomini e vuole lasciare memoria di sé nel nipote.

“Ricorda anche questo, figlio. Come faccio io, che sono un dottore, che parlo dell’uomo all’uomo, che conosco il dolore, che conosco l’amore e qualche altro sentimento, la malinconia, la disperazione, la tristezza, ad usare la doppietta? Io sono nel mondo per curare l’uomo e per salvarlo. Non per ammazzarlo”. (p.42)

e ancora:

“La saggezza non s’impara da nessun libro, ma solo dalla vita”. (p.42)

Giustiniano è un personaggio emblematico, del quale conosciamo soltanto l’ultima parte della vita – del suo passato non trapela quasi nulla – quando si trova a compiere determinate scelte e a lasciare una testimonianza. Ed è qui che Giustiniano sorprende, perché poco per volta, proseguendo la lettura, balzano agli occhi sempre più forti analogie tra il farmacista di paese e la figura di Gesù Cristo.

Dapprima sono piccole spie linguistiche di matrice evangelica ad insospettire – i gigli nei campi, la casa sulla roccia (è quella di Giustiniano) – che via via si dilatano per arrivare al dialogo tra Giustiniano e il pastore Amedeo che ricalca quello tra Gesù e Pietro in Giovanni 21.

La ripresa di moduli espressivi, scene e personaggi dei Vangeli è fortissima, tanto che Giustiniano diventa un’autentica figura Christi.

È il giusto perseguitato che va incontro al martirio, celebra la sua Ultima Cena, vive il suo Getsemani e affronta la Via Crucis.

Il testo evangelico è stato rivisitato e interiorizzato ed è diventato tessuto vivo del romanzo fin nei dettagli.

Se da un lato ciò indica la vitalità di cui ancora gode la storia di Cristo, con la quale da sempre artisti e letterati s’incontrano e scontrano, dall’altro si evidenzia – come è logico –un’interpretazione e posizione personale.

Osserva Giustiniano durante la sua Ultima Cena:

“La libertà è l’ossequio alla verità del mondo, se una verità c’è, oppure è l’impassibilità di fronte alle avversità del mondo. Scegliete voi. Io affido a voi il mio ricordo. […] Io credo nel cuore dell’uomo. Io credo che questa sia la verità del mondo, la via da seguire per una vita di dignità e non di falsità. […] Il fascismo crollerà come crolleranno le prossime future menzogne sull’uomo, le ideologie dai piedi d’argilla, le false felicità che felicità non sono, le verità subdole create dal mondo.” (p.59)

L’orizzonte di Giustiniano è solamente umano – nessun accenno a Dio o al Regno dei Cieli nei suoi discorsi – la libertà è per lui simile a una fioritura primaverile e coinvolge il cuore dell’uomo, le sue possibilità di cambiamento e comprensione sull’orizzonte umano. E la sopravvivenza si attua nel ricordo degli altri: gli amici, il nipote che racconta, a distanza di tanti anni, la storia dello zio.

Giustiniano è un uomo libero, non è schiavo di ideologie e crede che la vita prevarrà alla fine su qualsiasi messaggio mortifero e schiavizzante.

La Via Crucis di Giustiniano non approderà alla resurrezione e l’Autore non vuole presentarci un santo, semmai mostrare come i giusti vengano perseguitati in tutti i tempi da sempre.

Equilibrate e profonde sono però le sue riflessioni sulla morte:

“La morte, che è la cosa più semplice e più pura che ci sia nella vita, è anche la quintessenza della vita, è la cosa più essenziale e autentica. Bisogna capire la morte per capire la vita, e accettare la morte per vivere la vita. Bisogna avere l’idea della morte presente sempre, in ogni giorno della nostra vita”. (pp.60-61)

Non è un retorico memento mori, ma la comprensione che la morte è il caso serio della vita e Giustiniano riuscirà a farne, pur nelle difficoltà, l’atto supremo, finale della sua esistenza. Non gli sarà facile affrontarla, cercherà umanamente di sottrarvisi, egli è consapevole dei suoi umani limiti, ma approderà a una vittoria sulle forze cieche del male e della violenza. Solo chi ha un motivo per cui morire ha anche un motivo per vivere, sembra dirci Giustiniano.

Dopo che il protagonista ha celebrato la sua Ultima Cena, nota l’Autore:

“Fuori era buio” e Giovanni 13,30 “Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte” (il riferimento è a Giuda e si colloca dopo la lavanda dei piedi, quando viene svelato il tradimento).

L’evangelista non riferisce un dettaglio cronologico, allude alle tenebre dello spirito, viene da chiedersi se anche Ugolini voglia sottolineare la drammaticità del momento con questa notazione.

Del resto la natura è estremamente presente nel romanzo, più volte viene sottolineato lo scorrere delle stagioni, gli elementi naturali accompagnano le azioni dei personaggi, dalle montagne, nette all’orizzonte, così salde e forti, Giustiniano trae coraggio per proseguire il suo cammino.

Sono pregevoli e dettagliate le descrizioni. Come osserva Roversi nella Postfazione, Ugolini scrive con gli occhi prima che con la penna. Un mondo rurale, antico, pieno di utensili e di mestieri, si delinea e si materializza con uno stile denso, preciso, che si può definire realismo lirico. La prosa si articola in frasi brevi, richiamantesi l’un l’altra con echi poetici che creano grande suggestione nel testo.

Le pagine sono talvolta impegnative, ma riescono a creare un’atmosfera particolarissima, che ha il sapore del passato e una sua interna posatezza, un senso di levigatezza, di rifinitura sottile, come il lavoro di un cesello.

“Giustiniano” è un romanzo interessante, originale e sul quale riflettere.

Da quest’Autore ci si aspettano grandi sviluppi.

articolo apparso su lankelot.eu nel marzo 2008

Edizione esaminata e brevi note

Pietro Ugolini (Bologna, 1967), scrittore italiano.
Vive a Bologna, dove lavora presso uno studio legale.

Pietro Ugolini, “Giustiniano”, Pendragon, Bologna 2002.
Postfazione di Roberto Roversi. Con una Nota dell’Autore.