Introduzione: quella che segue è una cronaca di un viaggio di tre giorni avvenuto nell’estate del 2014, durante un periodo di due mesi trascorsi in Tunisia per partecipare ad uno stage gestito da AIESEC, un’associazione internazionale di studenti universitari che organizza tirocini in tutto il mondo. Lo stage ha avuto luogo a Sfax, una città situata sulla costa tunisina, duecento chilometri a sud di Tunisi. Si tratta della seconda città della Tunisia per numero di abitanti ed è conosciuta soprattutto per essere una città industriale, parecchio inquinata e abitata da lavoratori diligenti e di solito piuttosto tirchi. A questo stage partecipavano altri venticinque studenti universitari provenienti da molte parti del mondo e lo scopo del progetto era la promozione turistica di Sfax. In due mesi si sono presentate molte occasioni per visitare buona parte della Tunisia e, verso la fine della permanenza, a metà agosto, avendo a disposizione qualche giorno libero, ho deciso di organizzare un ultimo giro: la meta era l’entroterra, dove la civiltà confina con l’inizio del Sahara. Il programma era di partire da Sfax nel pomeriggio, raggiungere la città di Gafsa, dove avremmo passato la notte. Il secondo giorno saremmo ripartiti in tarda mattinata da Gafsa alla volta di Tozeur, una delle più grandi oasi della Tunisia. Saremmo rimasti a Tozeur fino al pomeriggio seguente per andare a Kibili o Douz, altri due paesi-oasi a sud di Tozeur. Infine da Kibili o Douz saremmo ritornati verso la costa, a Gabes, da dove saremmo poi rientrati a Sfax. Più di settecento chilometri in tre giorni, da percorrere in minibus affollati, su strade non sempre in buone condizioni, attraverso zone desertiche e semi-disabitate, nel periodo più caldo dell’anno, con nessuna idea sul dove dormire o trascorrere la notte, avendo come uniche fonti di informazioni le foto delle pagine della guida turistica Lonely Planet sulla Tunisia e l’inaffidabile connessione internet del mio telefono. Un programma ambizioso e di certo non molto attraente per tutti, le sgradite sorprese potevano essere innumerevoli e non rimasi sorpreso nel vedere che il numero delle persone interessate non era molto alto. Due si fecero avanti: la prima era Nastia, una ragazza russa con qualche difficoltà a parlare inglese e a cui spiegai più volte l’itinerario per essere sicuro che avesse ben capito. La seconda era Zoe, una ragazza greca con una voce potente, la parlantina sciolta e la passione per i viaggi. Quel piano apparentemente folle e frettoloso si era trasformato in una bella avventura on the road, ma oltre al valore personale dell’esperienza, si è trattata anche di un’occasione irripetibile per vedere un aspetto poco conosciuto della Tunisia e ancora poco influenzato dal turismo di massa, che imperversa sulle zone costiere.
Gafsa, sabato 16 agosto 2014 ore 23:38
Fino all’ultimo non si sapeva se saremmo partiti oggi o domani, non era ben chiaro nemmeno chi volesse venire con me. Ieri sera abbiamo fatto tutti tardi, c’era la festa di addio alla ragazza italiana che torna a casa oggi. Mi sono svegliato con la duplice sensazione di aver mangiato e bevuto troppo ed è tutto il giorno che ho lo stomaco sottosopra. L’idea era di partire oggi nel pomeriggio, arrivare a Gafsa prima di notte, visitarla il mattino dopo e arrivare a Tozeur il giorno successivo. Fino all’ultimo non si era capito chi volesse venire con me: la maggior parte delle persone volevano andare con un altro ragazzo italiano, il quale aveva pianificato un bel giro a nord, lungo la costa, dove la temperatura è meno torrida e dove ci sono belle spiagge. L’unica che da subito dice di voler venire con me è Zoe, una ragazza greca. Insieme a lei alla fine si aggiunge pure Nastia, una ragazza russa. Verso le quattro finalmente prendiamo i nostri zaini, usciamo e prendiamo un taxi fino alla stazione dei louage.
Come i taxi sono i principali mezzi di trasporto urbano in Tunisia, i louage sono i più comuni mezzi di trasporto interurbano. Esiste una rete ferroviaria, ma collega solo le città principali ed è notoriamente lenta ed antiquata. Un louage è un pulmino da nove posti, che porta le persone da una città all’altra. La stazione dei louage è il punto di arrivo e di partenza dei pulmini: quando si arriva basta andare alla biglietteria, comprare un biglietto per la destinazione desiderata e poi dirigersi verso la banchina dove si trova il pulmino. Davanti alla biglietteria in genere ci sono i guidatori, che a gran voce urlano i nomi delle loro destinazioni ed è curioso notare come tutti, ad intervalli più o meno regolari, urlino il nome della città tre volte e con intonazione crescente: “Tunis, Tunis, TUNIS”, “Sfax, Sfax, SFAX”, “Gafsa, Gafsa, GAFSA”. Questo è il coro che si può sentire in ogni stazione dei louage, grande o piccola che sia. I louage sono decisamente economici, basti pensare che per andare da Tunisi a Sfax (duecentosettanta chilometri), il prezzo è di circa sedici dinari tunisini, ossia otto euro. Un’altra particolarità dei louage è che non partono fino a che non sono completamente pieni, per i guidatori infatti viaggiare con dei posti vuoti è una perdita. Di conseguenza può capitare di essere fortunati e di dover aspettare solo qualche minuto, ma può benissimo succedere di aspettare anche mezz’ora o un’ora prima che arrivino persone a sufficienza per riempire il pulmino.
Visto che appunto ai guidatori non piace spendere più soldi del necessario, nessuno di loro si disturba ad accendere l’aria condizionata, anche perché spesso nemmeno funziona, di conseguenza, se non si vuole morire di caldo, bisogna viaggiare con i finestrini aperti. Un viaggio di tre ore in louage ad una media di cento chilometri orari con i finestrini aperti ha lo stesso effetto sull’udito di un concerto rock e quando si scende ci si sente alquanto storditi, ma alla lunga ci si abitua, ed è sicuramente meglio dell’insopportabile caldo che si patirebbe chiudendo i finestrini. Quando il taxi ci lascia di fronte all’entrata della stazione dei louage, come al solito veniamo assaliti da guidatori ansiosi di sapere qual è la nostra destinazione. Quando diciamo che è Gafsa ci guardano di traverso come per dirci: “cosa andate a fare a Gafsa che non c’è nulla da vedere?” In effetti da quello che sappiamo a Gafsa c’è solo un’attrazione turistica e cioè alcune vecchie piscine di epoca romana. Se non fosse che si trova sulla strada per Tozeur probabilmente non ci sarebbe mai venuto in mente di andarci, ma dal momento che si tratta di una tappa obbligata abbiamo deciso di sfruttare al meglio l’occasione. Ci viene indicato qual è il guidatore che ci porterà a Gafsa, il quale ci scorta fino alla biglietteria quasi per essere sicuro che non stiamo scherzando, ma che vogliamo veramente andare là. Prendiamo i nostri biglietti e andiamo alla banchina. Oltre a noi tre c’è solo un altro ragazzo nel pulmino, questo vuol dire che dovremo aspettare. Nonostante sia pomeriggio inoltrato fa ancora molto caldo, troppo per stare nel louage, così ci sediamo sul marciapiede e pazientemente attendiamo. Le mie compagne di viaggio sembrano contente ed eccitate per quello che ci aspetta. Nastia non è una ragazza di molte parole ma controbilancia la chiacchera di Zoe, che è una di quelle persone che deve sempre dire qualcosa ma che raramente dice cose banali o stupide. Una vecchia signora ci sorride dal louage vicino al nostro e in un francese a stento comprensibile ci chiede come mai andiamo a Gafsa. Io sono l’unico dei tre che parla francese e quindi le rispondo. Lei annuisce e sorride di nuovo. Dopo una buona mezz’ora il louage è finalmente pieno. I posti sono otto escluso il guidatore: uno di fianco al guidatore e gli altri dietro, due file con due posti ciascuna e una (quella posteriore) con tre posti. Si sale da un portellone laterale e questa conformazione fa in modo che ci sia un piccolo corridoio sul lato destro che permette alle persone di salire e scendere. Ben sapendo che la mia statura è poco conforme alle misure strette di un louage, mi sono posizionato sul posto della fila posteriore che dà sul piccolo corridoio, in modo da avere spazio per le gambe. Al tramonto il nostro louage parte e prende la strada statale in direzione sud-ovest verso Gafsa.
Dapprima attraversiamo il tipico paesaggio tunisino della zona costiera: un terreno di colore rosso costellato da piantagioni di olivi a perdita d’occhio. L’erba presente ha un aspetto secco, che rammenta la vicinanza del deserto. La strada è in buone condizioni e, una volta usciti da Sfax, il traffico diminuisce e il louage corre veloce. Ci vogliono più di tre ore per arrivare a Gafsa, a metà percorso circa il guidatore decide di fare una pausa. Ci fermiamo a quello che potremmo definire un autogrill locale. La varietà di prodotti in vendita non è molta: acqua, sigarette, qualche caramella e dei dolci tradizionali tunisini a base di miele. Ne prendiamo un po’ da mangiare durante il resto del viaggio. Il paesaggio circostante è già leggermente differente da quello che vedevamo quando siamo partiti. La vegetazione si sta facendo più rada, il terreno stesso sta lentamente diventando più sabbioso, in lontananza vediamo una piccola montagna rocciosa completamente spoglia. Di fianco alla strada corre la ferrovia che collega Sfax e Gafsa. Avevamo considerato la possibilità di prendere il treno, ma per quanto in Tunisia possa essere un’esperienza da raccontare, abbiamo preferito il louage che è più veloce e sicuro. Ormai il sole sta quasi tramontando definitivamente: qui in Tunisia, quando il sole è ormai prossimo a scomparire dietro l’orizzonte, sembra accelerare il suo moto.
Se ne trova conferma quando si cerca la posizione giusta per fare una bella foto del tramonto. Dopo dieci minuti di sosta ripartiamo. Dal momento che si viaggia con i finestrini aperti, su un louage in movimento è sempre difficile avere una vera e propria conversazione, quindi inganniamo il tempo mangiando i dolcetti che abbiamo comprato e facendo foto con la macchina fotografica professionale di Nastia. Quando ormai fuori è buio e la nostra meta è vicina Zoe si assopisce contro il finestrino. Io sono tranquillamente immerso nei miei pensieri quando all’improvviso Nastia si gira, mi guarda e mi dice “Sono contenta di essere qui”, e appoggia la testa sulla mia spalla. Non sapendo bene come interpretare questo gesto annuisco e sorrido in risposta. La stazione dei louage di Gafsa altro non è che una spianata polverosa vicino alla strada. Ormai sono circa le otto di sera ed è praticamente deserta, c’è solo un piccolo gruppo di guidatori che ci guardano incuriositi. Chiediamo indicazioni per il centro città, la nostra idea è di cercare un hotel economico in cui passare la notte. Usciamo dalla stazione e giriamo a sinistra seguendo la strada principale. Troviamo un primo hotel dopo circa un chilometro, ma costa troppo e quindi usciamo. Continuando a camminare arriviamo nel centro: Gafsa è una città abbastanza moderna e fondamentalmente basata sull’industria, come Sfax. Gli edifici sembrano abbastanza recenti e, come al solito, non mancano tavole calde e case da tè che si affacciano lungo la strada. Un passante vedendoci si avvicina e ci chiede da dove veniamo. Dopo avergli risposto ci dice che è raro vedere stranieri, ma che siamo più che benvenuti. Contrariamente alle zone turistiche dove gli abitanti cercano in continuazione di imbrogliare i turisti alzando i prezzi, nelle zone rurali la popolazione è solitamente cortese e ospitale. Dopo una buona mezz’ora passata a girovagare per il centro città troviamo finalmente un hotel che sembra fare al caso nostro. Per venti dinari ci danno due camere con doccia e la colazione domani mattina. Forse potremmo anche trovarne uno più economico, ma siamo tutti e tre stanchi e affamati. Sistemiamo gli zaini nelle nostre camere e usciamo alla ricerca di una cena. Ci troviamo a dieci minuti di cammino dalla Medina, il centro storico della città che funge anche da mercato, ne rimandiamo la visita a domani mattina e riusciamo a trovare una piccola tavola calda dall’aspetto affidabile e ragionevolmente pulito dove consumiamo tranquillamente la nostra cena. Spesso sentiamo arrivare dalla strada il suono di numerosi clacson che segnalano i festeggiamenti per un matrimonio. Il Ramadan è finito da poco e questo è il periodo più richiesto per i matrimoni. Anche a Sfax ultimamente non è passata una sera senza che sentissimo passare almeno due o tre cortei nuziali. Finita la cena si spostiamo in un salon de thè per un tè e un narghilè, perfetta conclusione della giornata. I bar in Tunisia possono essere divisi in due categorie, i cafè, dove ci vanno solo gli uomini, e i salon de thè, dove possono andare anche le donne. Rilassati e sazi ci gustiamo il tè e il nostro narghilè, facendo programmi per il giorno dopo e osservando la vita notturna di Gafsa. Notiamo con curiosità un venditore ambulante di zuppa con tanto di bancarella su ruote che se ne sta a bordo strada e serve la sua minestra in ciotole di terracotta. I rumorosi cortei matrimoniali continuano a passare, ma accade così spesso che iniziamo a pensare si tratti sempre dello stesso. Sono ormai le ventitre e domani ci aspetta un’altra lunga giornata di viaggio. Torniamo in hotel e cerchiamo di addormentarci: i condizionatori nelle camere ovviamente non funzionano e sono là solo per bellezza, il caldo ci costringe a tenere le finestre aperte e questo ci permette di ascoltare della tradizionale musica tunisina proveniente da una casa vicina in cui si sta evidentemente celebrando un matrimonio.
Per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Gafsa
http://www.ilturista.info/guide.php?cat1=6&cat2=16&cat3=16&lan=ita#.VIMP…
Francesco Ricapito, Dicembre 2014
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