Leggere un romanzo di Umberto Eco è sempre un’avventura della mente, un’esperienza multiforme e poliedrica, che consente di addentrarsi in labirinti sempre nuovi, talvolta col rischio di smarrirsi nell’esuberanza della cultura dell’Autore.
I riferimenti letterari sono anche in questo libro, come nei precedenti, numerosissimi, la sfida intellettuale è notevole, tanto che se si dovesse accettarla in pieno si finirebbe col perdere il piacere della lettura e lo svolgersi della trama.
Inoltre Eco inserisce continue citazioni dalla cultura di massa del periodo fascista e del Dopoguerra, in una pittoresca alternanza che finisce quasi per stordire il lettore.
Meglio abbandonarsi al racconto ed ascoltare le vicende di Yambo, un libraio antiquario sessantenne che, a causa di un incidente, perde la memoria autobiografica, cioè quella riguardante sé stesso e la sua vita, mentre ricorda alla perfezione i libri letti, le vicende storiche, sa citare opere letterarie e canzonette, in pratica la cosiddetta «memoria semantica» è rimasta intatta.
Il vero nome del narratore è Giambattista Bodoni, un nome illustre, è milanese, colto, sposato da molti anni con Paola, psicologa, ha due figlie e tre nipotini.
Risvegliatosi dopo l’incidente, Yambo parla spesso atttraverso citazioni in un autentico vortice di cultura, che dà luogo a episodi anche assai gustosi, come questo dialogo col dottor Gratarolo, lo specialista che cura Yambo e gli chiede il suo nome:
“«Mi chiamo Arthur Gordon Pym.»
« Lei non si chiama così.»
Certamente Gordon Pym era un altro. Lui non è più tornato.
Ho cercato di venire a patti col dottore.
«Chiamatemi…Ismaele?»
«No, lei non si chiama Ismaele. Faccia uno sforzo.» (p.10)
L’inizio del romanzo è decisamente scorrevole, divertente, talvolta ironico e costellato di episodi gustosi (come quello in cui Yambo si scotta col tè bollente, perché ha dimenticato l’esperienza del bruciarsi) e con una vivace contaminazione di elementi colti e popolari.
Yambo considera: ”Ricordo solo parole”(p.29) ed infatti, una volta tornato a casa, si sente a suo agio nella libreria, lì ricorda, lì sa e la nebbia – che è elemento ricorrente dall’inizio alla fine – pare diradarsi un poco. Nebbia mentale e nebbia atmosferica costituiscono un autentico leit-motiv: Yambo, prima dell’incidente, raccoglieva citazioni sulla nebbia e in quest’elemento si svolge una delle scene-chiave del romanzo, un terribile ricordo d’infanzia del protagonista.
Proprio per aiutarlo a recuperare sé stesso e il suo passato , senza il quale non c’è possibilità di proiettarsi verso il futuro, Paola, la moglie di Yambo osserva: “Non riesci a tendere verso il futuro perché hai perso il tuo passato.” (p.32).
Paola suggerisce a Yambo di recarsi nella sua vecchia casa di Solara, un paesino tra Langhe e Monferrato. A Solara sono conservati tutti i ricordi dell’infanzia e della giovinezza del protagonista: quaderni e testi scolastici, dischi, giornalini, libri, vecchi vocabolari, testi edificanti, la radio, il vecchio grammofono, i mobili del nonno e dei genitori.
Nei vasti solai polverosi e nelle stanze rimaste chiuse da anni s’aggira Yambo che, poco per volta, ricorda, recupera frammenti come in una sua personale recherche.
Tema ricorrente di tutta la prima parte del libro è dunque la memoria, la necessità assoluta di ricordare per poter proseguire e unica difesa, per ora, contro l’amnesia, sono le citazioni letterarie o meno, veri punti fermi in quella che altrimenti sarebbe una confusione totale. Yambo possiede “una memoria di carta” (p.90).
Tra i ricordi, talvolta qualche oggetto e qualche illustrazione provocano nel protagonista “una misteriosa fiamma”, la percezione di qualcosa d’importante, di già noto capace di suscitare, per associazione di parole e pensieri, ricordi e rievocazioni.
Le visite di Yambo nel solaio costituiscono un’autentica carrellata sulla cultura di massa del periodo fascista e post-fascista (e qui sicuramente c’è lo spirito di Eco studioso di questo tipo di fenomeni e acuto conoscitore degli stessi): canzonette, giornalini, libri per ragazzi e non, sui quali Yambo ha fantasticato a lungo, vecchi calendarietti da barbiere, il presepio, francobolli, risultato della frenesia collezionista di Yambo bambino, scatole di latta, dischi.
Di oggetto in oggetto il protagonista ricerca l’ordine temporale degli eventi, la cronologia dei ricordi per ricostruire il suo pensiero d’allora, le sue idee di bambino e poi di adolescente, cresciuto in pieno fascismo, bombardato dalla retorica roboante del regime e, nello stesso tempo, capace di sviluppare opinioni sue, grazie anche all’esempio di un nonno antifascista, un personaggio originale e simpatico.
Il testo diviene sempre più un romanzo di formazione (l’apice si raggiungerà nella terza parte) e mostra come la coscienza civile di Yambo si sia sviluppata anche attraverso fumetti e testi della cultura di massa, addirittura tramite le notizie stampa manipolate dal regime, che basta leggere ed interpretare tra le righe. Una vera storia dell’epoca emerge attraverso le citazioni, una storia piena di contraddizioni, dove alle vicende della guerra fanno da contraltare amene canzoncine, adatte a distrarre il popolo da ben più gravi eventi in una sorta di schizofrenia informativa.
Un’intera generazione cresce in questo contesto e fa poi le sue scelte.
Riandando a ritroso con la memoria, Yambo giunge ad alcuni snodi fondamentali: scopre di aver cambiato alcune idee nel passaggio dalle scuole elementari alle medie. Qualcosa dev’essere accaduto: eventi drammatici.
Yambo continua nella sua ricerca fino a fermarsi al punto che gli interessa.
Scopre, in un luogo segreto, fumetti differenti: Mandrake, Flash Gordon, L’Uomo Mascherato. Sono eroi borghesi alternativi.
“Alcuni misteri della mia schizofrenia infantile iniziavano a chiarirsi. Leggevo i libri scolastici e i fumetti, ed era sui fumetti che probabilmente mi costruivo faticosamente una coscienza civile”. (p.240)
Una vera carrellata di eroi americani e di personaggi autarchici di regime si snoda nelle pagine di Eco a questo punto: è un’interessante rivisitazione ed una scoperta per chi non ha vissuto direttamente quegli anni. E tra le varie storie emerge anche quella, un po’ insipida, della misteriosa fiamma della regina Loana.
“Tu leggi da piccolo una storia qualsiasi, poi la fai crescere nella memoria, la trasformi, la sublimi, e puoi eleggere a mito una vicenda priva d’ogni sugo. In effetti ciò che aveva evidentemente fecondato la mia memoria sopita non era stata la storia in sé, ma il titolo. Un’espressione come la misteriosa fiamma mi aveva ammaliato, […]
E anni dopo, a memoria sconvolta, avevo riattivato il nome di una fiamma per definire il riverbero di delizie dimenticate.”(p.151)
Dai fumetti si passa ai francobolli e alle poesie giovanili, agli amori, in particolare a quello tutto platonico per una ragazza del liceo. Yambo rievoca e il romanzo approda alla terza parte, quella delle rivelazioni finali e delle memorie più crudeli, risalenti al periodo della Resistenza. Il tono cambia, la nebbia impera.
Dal racconto di Yambo si capisce che è sopraggiunto un secondo incidente, il protagonista è in coma ed ora ricorda perfettamente il passato e la sua formazione.
Il bildungsroman si manifesta a tutto tondo e il romanzo ha pagine avvincenti sulla Resistenza, sulla nascita della coscienza civile, sulla scelta.
Fondamentale per Yambo ragazzino è l’insegnamento dell’anarchico Gramola:
“I nostri compagni in montagna stanno combattendo per la libertà, ma è la libertà contro altri uomini che volevano trasformarci in tante macchinette. La libertà è una cosa bella tra uomo e uomo, tu non hai diritto di farmi fare e pensare quello che vuoi tu. E poi i nostri compagni erano liberi di decidere se andare in montagna o imboscarsi da qualche parte.” (p.347-348)
Yambo partecipa, con le sue capacità di giovinetto, a una vera azione partigiana “… era per la Patria, quella giusta e non quella sbagliata. E senza andare in giro a pavoneggiarmi con bandoliere e Sten, senz’armi, a mani nude come Dick Fulmine.”(p.362)
Ideali di solidarietà, unione per combattere i nazifascisti: questi gli ideali che giungono al giovane Yambo e ne determinano la scelta.
Infine, arriva il Dopoguerra. Osserva il protagonista: “Ho dunque vissuto la mia tragedia dalla parte giusta…” (p.377), ma deve fare i conti con incubi e rimorsi.
La sua formazione continua: emergono ora il rapporto con la religione, spesso inculcata con forme di terrorismo spirituale, e l’amore. Ritornano la letteratura e la poesia (Cyrano, Huysmans, Papini) accanto ai testi popolari e alle canzonette.
“Non sono mai uscito dai libri.”(p.395) constata il bibliofilo Yambo, coi libri è cresciuto, ha sognato e l’amore per questi prodotti dell’umano ingegno è rimasto. Alla fine Yambo recupera in pieno il suo passato.
Una sorta di catarsi conclusiva con vortici d’immagini in cui Eco spazia dall’Apocalisse di san Giovanni ai fumetti più vari, alle canzonette, ai testi letterari riassume tutto il romanzo, che si chiude in un finale aperto, non senza esser passato attraverso interrogativi filosofici sul tempo e sul concetto stesso di realtà.
Articolo apparso su lankelot.eu nel novembre 2006
Edizione esaminata e brevi note
Umberto Eco (Alessandria, 1932), ordinario di Semiotica e Presidente della Scuola Superiore di Scienze Umanistiche presso l’Università di Bologna, esordisce come romanziere nel 1980, con Il nome della Rosa, seguito nel 1988 da Il pendolo di Foucault e nel 1994 da L’isola del giorno prima. La sua quarta opera narrativa, Baudolino, appare nel 2000.
Tra i suoi saggi: Opera aperta (1962), La struttura assente (1968), Trattato di semiotica generale (1975), Lector in fabula (1979), La ricerca della lingua perfetta (1993), nei Sei passeggiate boschi narrativi (1994), Sulla letteratura (2002).
Tra le sue raccolte: Diario Minimo (1963) e Il secondo diario minimo (1990), La bustina di Minerva (2000).
Umberto Eco, “La misteriosa fiamma della regina Loana”, Bompiani, Milano 2004. Romanzo illustrato. Il romanzo contiene effettivamente numerose illustrazioni ed è diviso in tre parti, a loro volta costituite da vari capitoli: L’incidente (cap.1-4), Una memoria di carta (cap.5-14), I ritorni (cap.15-18), il titolo è scritto in greco, senza traduzione, forse per conferire una valenza solenne, quasi mitica al contenuto e alla catarsi finale.
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